«Ho compreso che non potevamo andare a messa lasciando sul sagrato la nostra collera o la nostra tristezza. No. Il Signore ci chiede di andare verso di Lui con tutto il nostro essere», riflette Edwige Billot, sposata e madre di tre figli, impegnata da un decennio nel campo delle Risorse Umane e autrice di “Et si les saints nous coachaient sur nos émotions ?”, comparso in gennaio per le edizioni Téqui.
Appassionata dalla dimensione psicologica dell’uomo e dalle testimonianze agiografiche, si è convinta che proprio i santi hanno colto meglio fino a che punto Dio desideri raggiungerci nel fondo delle nostre emozioni. Emozioni e relazione con Dio: due facce della medaglia della vita che possono essere unificate. Non si tratta di ignorare le emozioni (reazioni fisiologiche del nostro corpo a un evento), ma di accoglierle, di comprenderle per rivolgerle verso una buona direzione. Se le emozioni possono farci traballare, esse possono anche – se guardiamo alle vite dei santi – permettere di crescere, di progredire e di prendere buone decisioni.
Per senso di superiorità o per mancanza di interesse riguardo a una persona che ci vive vicino, il disprezzo arriva talvolta a striare di sé la nostra vita quotidiana. Una tendenza che l'Evangelo, comandando l'amore e la carità (specialmente verso i più deboli) invita a combattere.
Papa Francesco propone un rimedio per lottare contro il disprezzo: quando cominciamo ad avvertirne riguardo a qualcuno, «bisogna mettere in atto di tutto per ricadere nella compassione», cioè nella capacità di sentire la sofferenza altrui e di proporsi di alleviarla. Ecco perché, per papa Francesco, la compassione è come “gli occhiali del cuore”.
Ora, se c'è un esperto nel campo della compassione, questi è certamente san Vincenzo de Paoli, anche noto come “apostolo della carità”. Ordinato prete nel 1600, san Vincenzo de Paoli ha passato la vita al servizio dei più poveri. Aveva preso coscienza che visitare gli indigenti era più difficile che dare il proprio denaro per aprire una mensa per i poveri:
La compassione non può essere delegata, per questo Edwige Billot sottolinea:
Fermarsi volontariamente e porre un atto di carità è un modo di esercitarsi alla compassione, e di indossare poco a poco gli occhiali del cuore, fino a dimenticare ogni sentimento di disprezzo riguardo ai più piccoli.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]