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Katy Perry e l’indigestione di “body positivity”

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Simon Burchell / Featureflash/Shutterstock

Martha, Mary and Me - pubblicato il 22/04/21

Ci piaceva quando cantava Tiger e ancora di più ora che grazie alla maternità sta sperimentando come tutte noi che desideri e priorità prima irrinunciabili vengono dopo il benessere del nostro bambino. Ma questo non deve significare per forza sbandierare sciatteria.

Katy, grazie, ma la prossima volta, anche un pelo meno! E quando dico “pelo”, intendo proprio pelo.

Diventare mamma: scoperte e cadute di stile

La cantante diventata mamma quasi un anno fa ha mostrato i polpacci irsuti che le si erano “accapponati” dopo una esibizione ad American Idol. Ha detto candidamente che non si rade da quando ha partorito perché:


“Da quando sono diventata mamma l’ultima cosa a cui penso è depilarmi le gambe“.

Non posso certo guardare la pagliuzza (o meglio, stare a fare il pelo!) alla Perry, io che ho “una trave nel mio occhio” e spesso mi trovo nella sua identica situazione che definiremo genericamente “livello Yeti”.

Il post parto è una lunga risalita

Ci siamo passate tutte, soprattutto dopo il parto: peli incolti da Silkepil modello “decespugliatore fossi”, doppie punte, ciambelline sui fianchi così dolci che mancano solo la glassa e gli zuccherini, ricrescita che per fortuna ormai è diventata shatush quindi almeno lì siamo a posto.

Volersi bene e mostrare tutto a tutti i costi non sono sinonimi

Tutta questa cultura del “mostrare” a tutti i costi per dire che stiamo bene, che non ci interessa, che siamo superiori ed è tutta bodypositivity che scorre, in realtà per me ha molto poco a che fare con lo stare bene davvero, con l’accettarsi, che è spesso qualcosa di molto più complesso, faticoso e delicato del dire semplicemente “guarda, i peli ce li ha anche la Perry!”.

Difetti in e difetti out

Certo, per un attimo mi fa sentire VIP e arrivata, ma poi si scende dal palco e si torna alla vita reale dove ci sarà sempre qualcosa di noi che la gente coi K su Instagram non avrà ancora sdoganato: un nuovo difetto, una nuova imperfezione che non riusciamo ad accettare, un neo che non ci piace e un alluce tremendo almeno fin quando la Katy di turno non lo avrà mostrato in mondovisione per dirci che va bene, è cool. 

Pudore e libertà

Avere pudore (non solo quando si tratta di tette, scollature e stacchi di coscia) è sempre la più bella forma di rispetto per noi stesse e il nostro corpo, per dire davvero:


“Sto bene non perché mi piaccia coi peli, le occhiaie o le smagliature, non perché ho tutto sotto controllo, sono forte e non mi interessa cosa pensano di me, ma perché questi segni, questo corpo che fatico a riconoscere con le sue imperfezioni può fare cose perfette e bellissime”. 

A volte ci si può mettere in secondo piano, per amore, per pensare a cose più importanti certo, dice Katy (e sottoscrivo da un lavello pieno di piatti e un pavimento davanti a cui non chiudo gli occhi solo per non uccidermi un piede con le Lego disseminate qua e là), ma a volte c’è da accontentarsi dei pantaloni fin quando non si ha tempo per radersi, dico io.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA MARTHA MARY AND ME

Tags:
maternità
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