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Il volto coperto di sangue: le stigmate misteriose della beata Elena Aiello

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 19/04/21
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Il Postulatore spiega che le ferite di Cristo sono affiorate sul corpo della beata calabrese per tutta la sua vita. Un mistero mai chiarito, neppure dai medici

Chi ha vissuto con la beata calabrese Elena Aiello e l’na vista di continuo, è rimasto impressionato dalle stigmate e dal sangue che colava copioso sul volto e in altre parti del corpo. I segni della Passione di Madre Elena, meglio conosciuta come “ a monaca santa”, sono stati spiegati dal Padre Postulatore del Processo di Beatificazione, don Enzo Gabrieli, al portale calabrese Prima Pagina (19 aprile).

Il segno più straordinario della vita della beata Elena Aiello è «certamente la sua vita mistica - dice don Enzo -. “Vuoi partecipare con me al mistero della mia Passione?”. Così inizia la vita mistica di Elena Aiello». 

Fondatrice delle suore Minime di Cosenza, beatificata dieci anni fa, «il suo si, il suo desiderio giovanile e folle, di quella follia tipica dei santi, da l’avvio alla partecipazione al più grande dei misteri cristiani: la passione di Cristo vissuta nella propria carne, così come diceva lo stesso san Paolo “porto nella mia carne le stigmate di Cristo Crocifisso”».

Elena Aiello, ricorda il Postulatore, «era ancora giovinetta quando diede il suo assenso ad un progetto che si manifesterà nella sua casa, nella cittadina di Montalto, attirando l’attenzione su di lei, su questi fenomeni e sulle locuzioni interiori che caratterizzeranno l’intera sua vita». 

ELENA AIELLO

Era nata il 10 aprile del 1895 proprio a Montalto e già alla prima comunione cominciarono a manifestarsi questi segni «che la portarono, nella sua intimità, a vivere soprattutto la quaresima come un grande momento di sofferenza e di partecipazione ai dolori di Cristo».

Nel corso degli anni i fenomeni mistici, che furono ovviamente anche studiati da commissioni nominate dalla Chiesa, prosegue don Enzo, «si ripetevano regolarmente. Lei era come trasportata nelle scene della passione di Cristo, che descriveva con pietà e grande partecipazione. Sulle mani e sui pedi, sul costato, si aprivano le ferite riconducibili al Crocifisso».

il volto della beata Elena Aiello «diventava una maschera di sangue irrorata da diversi punti dai quali sgorgava a fiotti, così come fu per l’uomo che portava la corona di spine. Giornate di sofferenza che culminano il Venerdì Santo con una sorte di tranche, o morte apparente, per debilitazione». 

Tutte le sue figlie poterono assistere e testimoniare gli eventi, «ma dopo qualche giorno, al suono della Pasqua, Elena tornava nella freschezza e nella normalità della sua vita. Fenomeni, questi, che si ritrovano anche in altri santi del nostro tempo, da Pio da Pietrelcina a Natuzza Evolo, che restano avvolti nel mistero ma che sono legati al desiderio di partecipare alla passione di Cristo». 

Le stigmate sono solo un aspetto della santità della beata Elena Aiello e di tanti altri, «nel quale - conclude il Postulatore - hanno mostrato che essere santi significa conformarsi a Cristo, ma tale partecipazione richiede ancor più la donazione completa della vita a lui e alla missione, attraverso le opere che lo Spirito Santo suggerisce».