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Ero tutto paralizzato, ma non disperato grazie all’amore di Dio e dei miei cari

INTENSIVE, CARE, PATIENT

goodbishop | Shutterstock

Silvia Lucchetti - pubblicato il 04/01/21

Giovane cardiologo e padre di 3 figli, si ammala improvvisamente di una grave malattia neurologica. Nel giro di pochi giorni si ritrova in rianimazione completamente paralizzato.

Sul blog del Corriere della Sera: Malattia come opportunitàè stata postata il 27/12 scorso la testimonianza di un medico, che riflette profondamente sulla sua esperienza come malato di una grave patologia neurologica: la sindrome di Guillain-Barrè.

La fede e l’amore della famiglia

V. è un cardiologo ospedaliero di 36 anni, sposato e padre di tre bimbi, due femmine e un maschio. La sua vita prima dell’esordio della malattia viene descritta come…

(…) piena di doni che la illuminano, primi tra tutti la fede e l’amore familiare. Negli anni la Chiesa mi ha (pazientemente) insegnato a credere in cose irrazionali come l’amore incondizionato, la resurrezione e il fatto che dal male può scaturire il bene. (Corriere)

Dopo il viaggio in Australia i primi sintomi

Circa un anno fa, al ritorno dall’Australia dove si era recato con tutta la famiglia per l’ordinazione a sacerdote di un fratello di comunità, si manifestano i primi sintomi: debolezza, orticaria, tosse, dolori articolari e muscolari, formicolii alla bocca e agli arti.

La diagnosi: sindrome di Guillain-Barrè

Dopo due-tre giorni V. non è più in grado di camminare senza appoggi: subito dopo l’accesso al Pronto Soccorso giunge la diagnosi e il ricovero in neurologia.

Il giovane medico è consapevole della natura della malattia che comporta paralisi progressiva dei muscoli fino a colpire quelli toracici e causare una insufficienza respiratoria, oltre complicanze potenzialmente letali, senza però intaccare lo stato di coscienza.

La vita di V. e della sua famiglia viene stravolta in un attimo: cosa lo attende e cosa devono aspettarsi i suoi cari? Lo illustriamo con le sue parole:

… un progressivo peggioramento caratterizzato da perdita di sensibilità e paralisi a partire dai piedi e salendo verso l’alto, quanto è impossibile prevederlo, ma si può arrivare all’incapacità a deglutire e respirare autonomamente, fino alla stabilizzazione nella fase cosiddetta di ‘plateau’ e poi la lenta ripresa, con ritorno completo alla normalità nella maggior parte dei casi. (Ibidem)

Inizialmente il paziente è ottimista tanto da illudersi di poter partecipare due settimane dopo alla festa per il compleanno di suo figlio.


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Rianimazione

Le cose vanno ben diversamente: il giorno dopo il ricovero viene trasferito cautelativamente in rianimazione dove poco dopo, insieme al peggioramento della debolezza muscolare, iniziano le difficoltà a deglutire e respirare per cui viene intubato.

Tutto ciò avviene solo dopo tre giorni dal ricovero e sei dai primi formicolii, nonostante sia stato già effettuato il primo ciclo di immunoglobuline in vena. Il peggioramento continua fino a lasciare al malato l’unica possibilità di muovere il collo e gli occhi.

Salvo grazie all’amore della famiglia e di Dio

L’impotenza di V. è totale, ma – come lui stesso racconta – paradossalmente la sua stanza d’ospedale diventa un luogo di preghiera, nel suo letto di sofferenze V. sperimenta tramite chi gli resta accanto l’abbraccio di Gesù.

sostenuto dalla presenza e dall’affetto di mia moglie, dei miei genitori e mia sorella e di tutto il resto della famiglia che si mobilita anche da altre città per venirmi a trovare (…) quella stanza in cui si entra in pochi alla volta diventa un luogo di profonda condivisione, di preghiera, di vero amore. (Corriere)

Nonostante il trascorrere del tempo i segnali di ripresa non si vedono per cui viene effettuato un secondo ciclo di immunoglobuline. Dopo tre settimane i due figli maggiori vengono portati a trovarlo, dopo essere stati preparati a incontrare un padre che non è in grado nemmeno di parlare con loro, tanto che sua sorella è arrivata al punto di predisporre una tavoletta con lettere e simboli per permettergli un minimo di comunicazione.

46 giorni di mutismo

Dopo 46 giorni di sofferto mutismo il primo segno del miglioramento:

Il 22 ottobre 2019, sento di riuscire a distendere un angolo della bocca, come per accennare un sorriso. All’inizio sembra accorgersene solo mia moglie, ma è proprio con quel sorriso e da quel giorno che la ripresa, finalmente, inizia. Nelle settimane successive torno a parlare, deglutire e respirare da solo, finché i medici annunciano il passaggio in neuroriabilitazione. (Ibidem)

La lenta ripresa dalla sindrome di Guillain-Barrè

A questo punto V. deve re-imparare a eseguire quello che la malattia gli ha impedito di fare così a lungo: praticamente tutto, dallo star seduto dritto, a mangiare da solo e occuparsi della sua igiene personale, fino ad alzarsi in piedi e camminare.

Il percorso si rivela lungo e duro, ma sempre in costante progressione. Uno dei momenti più emozionanti viene vissuto quando finalmente riesce ad alzarsi in piedi, anche se sostenuto, e poco dopo sollevare la figlia più piccola per farla sedere sulle sue gambe.

Non quando c’è la salute, ma quando c’è l’amore c’è tutto

La testimonianza si conclude con questa riflessione finale:

Guardo a quest’esperienza, che mi ha insegnato come non sia vero che “quando c’è la salute c’è tutto”, perché anche da paralizzato e intubato sentivo di avere tutto ciò di cui avevo bisogno: quando c’è l’Amore, è lì che c’è tutto. (Corriere)

Cosa gli ha “donato” la sindrome di Guillan-Barrè?

E pensare che V. al momento della diagnosi aveva detto fra sé e sé:

quale maggiore grazia può ricevere una persona ed in particolare un medico se non quella di sperimentare sulla propria pelle come ci si sente a essere gravemente malati, e poi guarire completamente per tornare alla vita quotidiana arricchito da una simile esperienza? (ibidem)

V. oltre ad essersi arricchito una maggiore sensibilità professionale per la sofferenza dei suoi pazienti, ha sperimentato una grazia ancora più grande: quella di scoprire che solo l’amore di Dio e dei cari ti salva dal baratro della solitudine e della disperazione costituendo anche una grande risorsa per la guarigione.


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