Maria e Giuseppe hanno dovuto ricorrere a una soluzione improvvisata quella notte santa, ma è stato meglio di niente
Non è difficile immaginare che la notte di Natale anche San Giuseppe si sia sentito poco preparato.
Non era ovviamente colpa sua. Un censimento aveva stravolto i progetti della coppia, ma deve aver sicuramente sentito che era arrivato il grande giorno e lui non era pronto – che aveva una missione da compiere come marito e padre e che nonostante i suoi sforzi non stava riuscendo a realizzarla.
Ha ricacciato indietro lacrime di disperazione quando ha riferito a Maria che non c’era posto nell’albergo? E Maria, l’Immacolata, cos’ha fatto per attenuare la sua frustrazione, non potendo anche lei fare molto?
La coppia ha dovuto sicuramente ricorrere a una soluzione improvvisata, ma è stato meglio di niente. E Giuseppe ha fatto senz’altro tutto ciò che poteva per creare uno spazio che fosse il più confortevole possibile. Non era sicuramente quello che sognava qualche settimana prima, all’inizio del suo primo Avvento.
E tuttavia in quella scena è apparso il Verbo fatto Carne.
La nostra mancanza di prontezza
Quanto a noi, non abbiamo le responsabilità pratiche che Giuseppe ha dovuto affrontare quella notte. Il nostro senso di inadeguatezza per il Natale non avrà una conseguenza diretta sulla Nascita.
Anche se la nostra realtà è diversa, però, forse molti di noi condividono gli stessi sentimenti che provava Giuseppe. Cosa fare, ora che l’Avvento è fondamentalmente finito e il Natale è imminente, pronti o meno? Cosa fare con la nostra debolezza?
La stalla suggerisce che dovremmo permettere a Dio di volgere la situazione al bene.
Uno degli aspetti che suscitano stupore riguardo al potere della misericordia di Dio è quanto è in grado di affermare la vittoria sul peccato. La sofferenza e la morte sono entrate nel mondo attraverso il peccato, e quindi è proprio attraverso la sofferenza e la morte che Dio porta la salvezza.
Potremmo dire che Dio strappi a Satana le sue armi e gliele rivolti contro per sconfiggere il loro possessore, avvolgendole nella luce. In altri termini, peccato, debolezza e morte – le conseguenze del lavoro del diavolo – possono diventare gli strumenti della grazia di Dio.
È per questo che San Paolo può dire “Sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio” (Romani 8, 28) e che il Catechismo spiega che “l’ineffabile grazia di Cristo ci ha dato beni migliori di quelli di cui l’invidia del demonio ci aveva privati… Nulla si oppone al fatto che la natura umana sia stata destinata ad un fine più alto dopo il peccato. Dio permette, infatti, che ci siano i mali per trarre da essi un bene più grande” (CCC 412).
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