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Basterebbe lasciarsi amare da Dio per non sentirsi sotto assedio

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Evgeny Atamanenko | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 19/11/20

Gesù piange su Gerusalemme, lo fa soffrire l'anima che vive della sua autosufficienza, vede tutti come nemici e rifiuta il suo amore.
In quel tempo Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.
Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;
abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata». (Lc 19,41-44)
Il brano del vangelo di Luca di oggi mi crea sempre molto imbarazzo. Forse nasce dalla mia difficoltà ad accettare il pianto come uno degli alfabeti più importanti della vita, e soprattutto della vita spirituale. Sento sempre molto imbarazzo a piangere anche quando sono solo, e per questo mi sento a disagio a contemplare il pianto di Gesù nei versetti del vangelo: “Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi”.
“Avvicinarsi”, “vedere” e “piangere” sono tre verbi che ricordano la resurrezione del figlio della vedova di Naim. Quella volta Gesù aveva asciugato le lacrime di quella madre, e questa volta è Egli stesso a piangere. Ma il potere delle lacrime di Cristo consiste proprio nella sua capacità di saper asciugare le lacrime altrui. È Lui infatti che si carica il peso del male e del dolore, e proprio per questo mette un argine alla sofferenza di ognuno. Ma la causa del pianto di Gesù è la chiusura di Gerusalemme.
L’unica cosa che fa soffrire davvero l’Amore è quando qualcuno non accetta di essere amato. Gesù è l’Amore non amato. Consolare Gesù significa accettare di essere amati da Lui. Gerusalemme rappresenta la chiusura più totale, l’io che vuole fare fuori tutto ciò che gli impedisce di essere al centro. Ma chi vive così è condannato alla triste profezia che Gesù pronuncia: “Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”.
Chi non si lascia amare si sente sempre accerchiato, stretto, in pericolo. Chi vive con l’autosufficienza del proprio io considera tutto e tutti nemici. E proprio questo stato di costante difensiva alla fine ci distrugge d’ansia e angoscia. Eppure basterebbe lasciarsi amare, e tutto ritornerebbe a splendere.

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