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In motocicletta per far nascere bambini, la missione di una suora ostetrica

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Annalisa Teggi - pubblicato il 16/11/20

Indonesia: lontane dagli ospedali attrezzati molte madri la aspettano e suor Elisa affronta viaggi di 5 o 6 ore su due ruote per aiutarle.

Si chiamava Novi Narmasari, si chiama Elisa Petra da quando ha preso i voti come suora agostiniana a 21 anni. Compie la sua missione come ostetrica in Indonesia nelle zone più rurali della diocesi di Ketapang. Si muove su strade dissestate per raggiungere le sue pazienti e per rifornirsi di medicine e materiale sanitario. Il mezzo più adeguato è la motocicletta:

si è unita volontariamente alla Sister Congregation OSA con sede a Ketapang del Kalimantan occidentale, semplicemente perché “La mia coscienza è stata improvvisamente alimentata dalla passione di servire la Chiesa e gli altri mentre i miei occhi sono stati catturati da un’immagine molto toccante di una suora saldamente in piedi con altre suore in una piccola barca di legno”. (da Asianews)

NUN BICYCLE

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Lì, proprio lì

Quando ho letto la testimonianza di Elisa Petra sul sito diAsianews, ho subito pensato ai capillari: minuscoli veicoli di ossigeno, anticorpi, nutrimento che non trascurano nessun millietro di tessuto corporeo. Non diversa, e stupefancente, è la chiamata di Dio dietro ogni vocazione; è l’opposto del generico, è affilata come la punta di uno spillo. Lui ti vuole lì, proprio lì. Siamo chiamati a portare la Sua presenza in un frammento di terra che solo noi raggiungiamo (e a volte “la terra” è anche il volto burbero di un vicino di casa).

Leggendo il nome Ketapang, dove suor Elisa macina chilometri e chilometri su due ruote, mi sono accorta che non sapevo minimamente dove fosse. E l’ho cercato.

KETAPANG, INDONESIA, MAP
Google map

Estremità

È come fare un salto in un altro pianeta, una zona ignota che nella mia testa raccoglievo nel calderone vago e indistinto dell’Indonesia.

Per immedesimarmi meglio, ho fatto qualche ricerca scoprendo che la cattedrale cristiana della diocesi di Ketapang è dedicata a Gemma Galgani. Possibile? Una santa dalla voce così domestica e amica, in un angolo di mondo che fino a stamattina non conoscevo. Così – come spesso capita quando il cristianesimo s’incarna davvero – ho ripensato con occhi nuovi a quelle parole di Gesù:

Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra. (Atti 1,11)

Banalmente credevo significasse “andare lontano” e invece significa “restare dove sei”: visto dall’Indonesia, il mio quartiere romagnolo di paese sembrerà altrettanto alieno. Ogni luogo è un’estremità. Siamo capillari, piccolissimi, di un Sangue che ha salvato tutti ed è lui che deve spandersi ovunque.

Una piccola barca

L’ospedale delle suore agostiniane di Ketapang è il Fatima Hospital (si può contribuire alla loro missione qui). Nel tempo, per offrire un aiuto più adeguato ai bisogni, sono sorte altre cliniche distaccate nelle zone più rurali di quel distretto vastissimo. C’è una grande attenzione ai bambini. Il tasso di mortalità infantile è molto alto anche a causa della difficoltà per le madri incinte di raggiungere dai villaggi più lontani gli ospedali attrezzati.

Notoriamente la storia sulla disponibilità a darsi una mossa è legata a Maometto e alla montagna. Ma il DNA del cristiano è fatto di incontro, che è proprio una spinta a muoversi verso, senza bisogno di sapere se la montagna si sposterà o meno. La vocazione di Suor Elisa è proprio cominciata con l’immagine di una suora in barca ( … e non era in vacanza):

“Quella foto impressionante mi ha toccato il cuore. Mostra suor Agneta Tan Nailoy, OSA [delle suore agostiniane – Ndr], che ora ha 75 anni, figlia del signor Tan A Hak, un missionario laico cattolico della Cina continentale che nel 1911 portò il cristianesimo a Ketapang. La foto mostrava il viaggio di suor Agneta con altre tre suore da Menyumbung verso un’altra clinica sanitaria all’interno della loro area di servizio”. (Ibid)
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Una piccola compagnia, fragile e coraggiosa, che si muove per servire e curare. Posso intuire quale sia il fascino che ha colpito Suor Elisa, perché è una calamita che attrae quelli che hanno ascoltato la voce di Cristo almeno una volta: è l’ipotesi che la nostra presenza non cambi di una virgola – restiamo zoppi e lenti – ma possa passare ad altri il testimone del Bene da cui noi per primi siamo stati curati. È proprio l’essere stati medicati e abbracciati che rende operosi nelle mille forme di bene che l’umano implora.

La barca non diventa uno yacht da crociera, ma chi è a bordo cede il comando al timoniere giusto.

Ironicamente, la provvidenza ha dotato Suor Elisa di un mezzo molto più spavaldo: la motocicletta. Se per noi europei resta il mezzo giovanile per eccellenza, nelle zone rurali dell’Asia la moto è, insieme alla bicicletta, la migliore alleata su strade in gran parte non asfaltate e sentieri di fango.


SUOR MARTA, TRAPPSITA

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Nascite on the road

Originaria di Giava, dove numerose sono le comunità religiose cristiani, oggi suor Elisa Petra presta servizio in una zona molto lontana da dove è nata e più difficile, quanto a organizzazione sociale ed emergenze. Non era nei suoi piani, ma:

“Dopo la mia prima professione nel 2005, la Congregazione delle Suore di Sant’Agostino della Misericordia di Dio (OSA) mi ha subito chiesto di diventare un’ostetrica sulla base della mia qualità ed esperienza personale”.

Il centro del suo servizio è l’ospedale di Ketapang, da cui partono i suoi viaggi su due ruote per aiutare le famiglie che non hanno la possibilità di arrivare negli ospedali per far nascere i loro figli. Sembra un racconto incredibile per le nostre orecchie, pensando che qui da noi il parto in casa è consentito solo se si dista pochi minuti dall’ospedale più vicino. C’è da immaginarsela questa vocazione davvero spericolata on the road, altro che la posa di certi scrittori americani!

E non si parla di spostamenti piccoli, ma di viaggi di 5-6 ore in condizioni proibitive, come mostra questa foto:

La storia del viaggio in cui non è importante la meta, ma basta andare va bene per chi scrive slogan adatti all’aperitivo del momento. Nel mondo vivo delle presenze se ti metti per strada, e non hai uno scopo, torni indietro. E anche se hai uno scopo è molto probabile ti venga la tentazione di mollare. Ma questa è la prova nella migliore accezione del termine, sporcarsi fino al collo per difendere un’ipotesi di vita:

“Ogni volta che [Suor Elisa] viene alla casa madre OSA a Ketapang, appare molto sporca e molto stanca per il suo viaggio con la sua moto. Dopo giorni di riposo e socializzazione con le consorelle, tornerà a Tanjung con molte medicine nelle borse della sua motocicletta”, spiega suor Sesilia. (Ibid)

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