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Venezuela: padre Chamberlain, sacerdote pieno di fango e di servizio

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Ramón Antonio Pérez - pubblicato il 16/10/20

Il lavoro svolto dalla Caritas e dalla Chiesa durante l'ultima catastrofe naturale avvenuta in Venezuela indica che “la solidarietà si esprime concretamente nel servizio” e “può assumere forme molto diverse”, come indica Papa Francesco nell'enciclica “Fratelli tutti”

Luis Alberto Chamberlain Pérez è stato ordinato sacerdote il 21 ottobre 2000. Aveva 31 anni, e voleva consacrare la sua vita al servizio più bisognosi, ovvero praticare la legge dell’amore portata da Gesù.

Otto anni dopo, la parrocchia Nuestra Señora de la Esperanza, nello Stato di Aragua (Venezuela), è diventata la sua destinazione. Lì ha vissuto inserito in una dinamica di solidarietà che ha trovato la sua massima espressione il 9 settembre, quando ha sentito che il tranquillo fiume El Limón iniziava a scendere impetuoso dal parco nazionale Henry Pittier, coinvolgendo torrenti e ruscelli e trascinando tutto al suo passaggio. Era inevitabile: la comunità sarebbe stata colpita come era accaduto nel 1987. Come membro della comunità doveva attivarsi.

Era come se iniziasse a vivere e a spiegare in anticipo la recente enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, interiorizzando il fatto che la solidarietà avrebbe dovuto esprimersi in modo reale tra le persone colpite: “La solidarietà si esprime concretamente nel servizio, che può assumere forme molto diverse nel modo di farsi carico degli altri” (n. 115).


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La sua testimonianza, inviata in esclusiva ad Aleteia, sottolinea il livello di fede riposta in Dio, come anche l’unità e la solidarietà della Chiesa di fronte all’evento naturale.

“Fin dal primo momento in cui ci siamo resi conto della gravità dell’accaduto nel settore La Candelaria, assistito dalla nostra parrocchia, la nostra Caritas parrocchiale ‘Santa Laura Montoya’, con il sostegno della Caritas diocesana, ha iniziato a organizzare il centro di assistenza parrocchiale per ricevere le donazioni con cui poi sarebbero state aiutate le persone colpite”, ha scritto padre Chamberlain descrivendo l’inizio dell’aiuto umanitario della Chiesa.

Nella misura in cui le piogge lo permettevano si sono uniti a lui dei volontari, fedeli della comunità “El Paseo” e altre persone che portavano colazioni, pranzi, acqua, vestiti, scarpe e medicine, ha riferito @padrechambers.

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Sacerdoti pieni di fango e in servizio

“Per 17 giorni abbiamo lavorato a tempo pieno visitando le case, e grazie alla collaborazione di alcuni imprenditori e commercianti e nonostante la scarsità di combustibile e di gas domestico abbiamo potuto consegnare più di 1.800 razioni di cibo, 340 litri di acqua potabile e oltre 500 pacchi con cibo, abiti, biancheria, scarpe e articoli per l’igiene personale e domestica”, ha detto il sacerdote, nato a Caracas il 22 febbraio 1969.

Anche se quando abbiamo parlato con lui ha detto che la maggior parte delle strade e delle case era stata ripulita dal fango e dagli altri sedimenti portati dal fiume El Limón, e quindi si potrebbe dire che l’emergenza sia finita, “non significa che smetteremo di accompagnare i nostri fratelli”, ha affermato padre Chamberlain. “Da questo momento le necessità saranno altre, e come Chiesa ci prepariamo ad assisterli e accompagnarli”.

Le immagini ricevute sono una testimonianza concreta del lavoro che le istanze della Caritas diocesana e parrocchiale hanno svolto con grande impegno. In particolare, nella parrocchia Nuestra Señora de la Esperanza è stata un’“esperienza dolorosa e arricchente”.

“Palpare da vicino il dolore e portare una parola di incoraggiamento, mettendo letteralmente i piedi nel fango, per arrivare al fratello che ha perso tutto”, ha detto il sacerdote. “Condividere con persone di altre parrocchie, di altri credo, con famiglia, fondazioni, imprese, commercianti, leader di comunità che lavoravano per aiutare a pulire e a far fronte alle necessità fondamentali delle persone colpite ci ha aiutati a guardare al nostro Paese con occhi di speranza”.

La solidarietà dei Venezuelani è sempre viva

“Il Venezuelano è sempre lì, nascosto sotto il velo di una crisi economica che affossa il suo potere d’acquisto”, il che si traduce in più sostegno e vicinanza che mai “quando vede il fratello che soffre”.

“La solidarietà implica il fatto di dimenticarci di noi stessi e di tirar fuori il coraggio (come il Buon Samaritano), per rialzare chi è caduto e curare le ferite di chi è sul ciglio della strada”, ha affermato.

“È stato edificante sentire il sostegno del nostro vescovo (monsignor Parravano) e di altri sacerdoti, dei gruppi di apostolato; vedere i giovani della Pastorale Giovanile Diocesana o un sacerdote che ripulisce il fango da una casa di una persona che forse neanche conosceva”.

“Vedere i sacerdoti con i gruppi della parrocchia che portano cibo; ricevere le donazioni e organizzare tutto ci fa essere più responsabili, scoprire leader nuovi, aprire cammini, collegare cuori e far sì che camminino insieme verso uno stesso ideale”, ha concluso.

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