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Conoscete la storia di san Bonaventura, salvato da un miracolo?

SAINT BONAVENTURE

San Bonaventura da Bagnoregio.

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 15/07/20
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Il 15 luglio si festeggia il santo e teologo francescano, che da piccolo sarebbe stato guarito da una grave malattia da san Francesco d’Assisi, che lo segnò sulla fronte con la croce, esclamando: “O bona ventura!”

Giovanni Fidanza nacque a Bagnoregio (Viterbo) nel 1218. La tradizione racconta che il suo nome religioso derivi dall’incontro con San Francesco d’Assisi avvenuto nel 1226. Questi, quando aveva otto anni, lo avrebbe guarito miracolosamente da una seria malattia segnandolo sulla fronte con la croce ed esclamando: “O bona ventura!”.

Il racconto del futuro santo

Lo stesso Fidanza più tardi racconterà così questo episodio:

«Ancora fanciullo ero gravemente infermo; bastò che mia madre facesse un voto per me al nostro beato Padre Francesco e fui strappato alle fauci della morte e restituito, sano e salvo, alla vita».

Non tutte le fonti concordano questo episodio. Secondo alcuni sarebbe avvenuto in una data postuma alla morte di Francesco (3 ottobre 1226). Che sia una leggenda o realtà, il giovane Fidenza è abbagliato sin da giovanissimo dal carisma francescano.

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La levitazione di San Bonaventura.

L’amore per la vita francescana

A 18 anni il futuro San Bonaventura si reca a Parigi per studiare e consegue il diploma di Maestro d’Arti, paragonabile al titolo rilasciato da un prestigioso liceo di oggi. Sente forte la chiamata del Signore ed entra nell’Ordine dei Frati Minori.

«Confesso davanti a Dio – scrive in una lettera a un confratello – che la ragione che mi ha fatto amare di più la vita del beato Francesco è che essa assomiglia agli inizi e alla crescita della Chiesa. La Chiesa cominciò con semplici pescatori, e si arricchì in seguito di dottori molto illustri e sapienti; la religione del beato Francesco non è stata stabilita dalla prudenza degli uomini, ma da Cristo».

Conclusa la sua formazione nel 1253, diventa “magister” e ottiene la licenza di insegnare teologia (In Terris, 15 luglio).

La “Legenda maior”

Nel 1257 venne eletto generale dell’Ordine francescano, carica che mantenne per diciassette anni con impegno al punto da essere definito secondo fondatore dell’Ordine. Scrisse numerose opere di carattere teologico e mistico ed importante fu la «Legenda maior», biografia ufficiale di San Francesco, a cui si ispirò Giotto per il ciclo delle “Storie di San Francesco”.

Fu nominato vescovo di Albano e cardinale. Partecipò al II Concilio di Lione che, grazie anche al suo contributo, segnò un riavvicinamento fra Chiesa latina e Chiesa greca. Proprio durante il Concilio, morì a Lione, il 15 luglio 1274 (www.santiebeati.it).

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Bonaventura è considerato tra i teologi più influenti del francescanesimo.

Cranio incorrotto

Il futuro papa Innocenzo V celebrò le esequie del Cardinale Bonaventura, e venne inumato nella chiesa francescana di Lione. Nel 1434 la salma venne traslata in una nuova chiesa, dedicata a San Francesco d’Assisi; la tomba venne aperta e la sua testa venne trovata in perfetto stato di conservazione: questo fatto ne facilitò la canonizzazione, che avvenne ad opera del papa francescano Sisto IV, il 14 aprile 1482; mentre il 14 maggio 1588 venne insignito del titolo di dottore della Chiesa, da papa Sisto V.

La reliquia del braccio

Il 14 marzo 1490, a seguito della ricognizione del corpo del santo a Lione, venne estratto il braccio destro, per donarlo alla sua città d’origine Bagnoregio, e nel 1491, fu collocata nella concattedrale di San Nicola. Oggi, pertanto, il santo braccio di san Bonaventura è l’unica reliquia al mondo, dopo la profanazione del suo sepolcro e la dispersione dei suoi resti eseguita dagli Ugonotti nel 1562.

“Ogni odio nasce dall’amore”

San Bonaventura sostiene che Cristo è la via per tutte le scienze: solo la Verità rivelata può potenziarle e unirle verso l’obiettivo di conoscere il Signore. «È insito nell’anima – osserva – l’odio della falsità; ma ogni odio nasce dall’amore, perciò è molto più radicato nell’anima l’amore della verità e specialmente di quella verità per la quale l’anima è stata fatta».

Chi spera nelle promesse dell’Onnipotente – sostiene il Santo – «deve alzare il capo, rivolgendo verso l’alto i suoi pensieri, verso l’altezza della nostra esistenza, cioè verso Dio».


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