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Sei tra le braccia di tuo Padre, non hai bisogno di altro

FATHER, PLAY, DAUGHTER

Yuganov Konstantin | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 15/07/20

La rivelazione di Dio assomiglia a un padre che prende in braccio suo figlio, da quella prospettiva lo sguardo accoglie e guarda tutto ciò che accade.

In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.
Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare». (Mt 11,25-27)

“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.”. La logica dei piccoli è la logica di quell’infanzia spirituale che molti santi ci hanno indicato come una via certa per arrivare al Signore. Farsi piccoli significa mettersi in una posizione di accoglienza e non di possesso. Un piccolo non vuole manovrare, ma accetta di essere preso in braccio.

E la rivelazione di Dio assomiglia proprio al gesto di essere presi in braccio, e da quella prospettiva guardare tutto il resto del mondo e dell’esistenza. I piccoli non antepongono i loro ragionamenti all’ascolto, ma fanno sempre precedere l’ascolto ai loro ragionamenti. I piccoli si lasciano mettere in discussione nell’immaginario che si sono creati e accettano che qualcuno doni loro un immaginario migliore e meno psicologico. I piccoli godono delle cose, mentre i grandi vivono costantemente nell’ansia di perderle. “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”. Gesù precisa un dettaglio che troppo spesso ci sfugge: la fede è un dono, non il risultato di uno sforzo o di una tecnica. Per questo l’unica grande cosa che interiormente ci prepara ad accogliere questo dono è il desiderio struggente di Dio, la voglia infinita di volerLo incontrare. Finché questo desiderio non ci fa anelare a Lui, vivremo costantemente nella frustrazione di volerlo costringere a venire nella nostra vita propiziandocelo con sforzi e parole. La preghiera è un cuore che ha imparato a desiderare con umiltà e attesa. E questa è anche la definizione di piccolo. Infatti un piccolo, secondo la logica del Vangelo, è uno che si aspetta tutto da Dio e ha smesso di pensare che da solo è capace di qualcosa di così grande. La piccolezza è solo un altro modo di dire l’umiltà.

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