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Semplici ma non ingenui, così Gesù ci invita a stare nel mondo

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Photo by Guilherme Stecanella on Unsplash

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 10/07/20

Cosa vuol dire essere pecore in mezzo ai lupi? Che siamo uomini e donne con gli occhi aperti, capaci di discernimento e soprattutto mai abbandonati dalla compagnia della Grazia.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe;
e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire:
non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire.
E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato».
Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra; in verità vi dico: non avrete finito di percorrere le città di Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo. (Mt 10,16-23)

“Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”. Agnelli, lupi, serpenti e colombe. In un unico versetto Gesù raggruppa quattro tipi di animali per farci comprendere la nostra vera dimensione. Per sensibilità personale diremmo immediatamente che i buoni sono gli agnelli e le colombe, mentre invece i cattivi sono i lupi e i serpenti. Ma Gesù ci stupisce perché per farci capire in che rapporto siamo con il mondo ricorre alla stessa posizione che ha un agnello davanti a un lupo, ma per spiegarci qual è il modo migliore di stare nel mondo dice che bisogna tenere insieme dentro di noi il serpente e la colomba, cioè la furbizia/prudenza e la semplicità.

Bastano queste poiché parole a sfatare il mito del buonismo che tante volte accompagna la vulgata cristiana. Gesù non ci dice di essere degli sprovveduti ingenui, ma degli uomini e delle donne che sanno tenere gli occhi aperti, che sanno usare la testa, che sono capaci di discernimento, ma che allo stesso tempo non vivono di complessi, non contorcono le cose, non le complicano inutilmente, ma sanno coglierne l’essenzialità di fondo. Infatti una persona semplice non è una persona ingenua, ma una persona che è capace di saper cogliere subito l’essenzialità delle cose, senza altre sovrastrutture. “E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi”. Gesù aggiunge un altro dettaglio decisivo: non dobbiamo pensare di essere così soli da doverci salvare autonomamente. Il cristianesimo, anzi, è la fede di sapere che si è di Qualcuno, e che proprio a partire da questa appartenenza tutto è affrontabile, tutto è vivibile. Troppo spesso invece viviamo come se fossimo soli, come se dovessimo da soli risolvere tutto quanto ci capita. In realtà c’è una misteriosa Grazia che Gesù chiama apertamente Spirito Santo, che ci accompagna e ci guida in ogni passo e in ogni parola.

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