di Álvaro Díaz
Immagino che molti conoscano il film ispirato alla vita di Patch Adams, il medico statunitense diventato famoso perché praticava una medicina diversa, in cui le risate erano uno degli ingredienti principali. Oggi vorrei condividere un pezzo di questo film, che personalmente adoro e mi ispira molto.
Consiste nel toccante discorso di Adams quando studiava all’università, in cui difendeva il desiderio di laurearsi e di poter esercitare la Medicina, anche se molti dei suoi professori si opponevano perché non si adattava ai paradigmi e agli standard convenzionali.
In definitiva, era in gioco il suo titolo professionale, solo perché era un medico al di fuori degli schemi. Il suo approccio non era affatto contrario all’etica medica o alla morale, piuttosto prendeva molto sul serio quello che è alla base della Medicina ed è da sempre la sua ragion d’essere: l’attenzione alla persona umana, non solo come corpo malato, ma come essere bio-psico-spirituale.
Promuovere la dignità e i diritti dei pazienti
Ci si potrebbe chiedere perché questo medico dovrebbe dare ragioni per esercitare la sua professione quando non sta facendo niente di scorretto. È quello che ci chiediamo quando ci sono professionisti sanitari che devono affrontare opposizioni quando nella loro pratica medica promuovono la dignità e i diritti relativi alla vita dei loro pazienti.
Quando si astengono dal praticare aborto o eutanasia, quando obiettano perché non è nell’essenza della Medicina. Un’altra cosa molto diversa è che oggi questo sembri normale o naturale, perché purtroppo interessi politici o ideologici pretendono di cambiare i valori e i principi che hanno sempre sostenuto questa bella professione. E purtroppo oggi ci sono professionisti sanitari che credono che questa sia la cosa più ragionevole.
Bisognerà inventare una Medicina diversa per cercare il bene?
L’atteggiamento nei confronti di un medico come Adams è contraddittorio anche quando nelle isituzioni sanitarie si promuovono spesso iniziative che cercano l’umanizzazione della Medicina, cosa che in base all’opinione generale ritengo sia assai necessaria.
Ci sono speranze che la Medicina sia più olistica, che non si concentri solo sulla sicenza, che a volte più che aiutare sembra distanziare. Che sia più personalizzata, più centrata sul malato, compreso come un essere umano integrale. Una cosa richiama l’attenzione: perché se è una professione che di per sé è pensata per il benessere delle persone ed è sempre stata una vocazione di servizio si dovrebbe umanizzare?
La Medicina ha forse perso un po’ della sua natura? Ci si dovrà inventare una Medicina diversa per cercare un bene maggiore per i malati? Cos’è accaduto alla pratica medica se oggi richiede più compassione, più rispetto della dignità?
Ci sono sicuramente molti fenomeni storici, culturali e filosofici che hanno avuto un impatto sull’azione medica, e vari aspetti hanno portato un gran bene alla salute e a chi soffre, come le scoperte scientifiche, la professionalizzazione e le specializzazioni.
È anche chiaro che molte di queste trasformazioni hanno contribuito ad alcuni atteggiamenti che oggi vengono rifiutati: la depersonalizzazione, la frammentazione e la riduzione dell’essere umano, la divinizzazione della scienza, il pragmatismo e il sottolineare l’efficienza a scapito della dignità della persona malata, l’indifferenza e la mancanza di comprensione nei confronti di chi soffre.