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Paolo Crepet: non illudetevi di amare un “anaffettivo”, lo state solo “accudendo”

MARRIAGE

didesign021|Shutterstock

Giovanna Binci - pubblicato il 22/01/20

Accudire non è amare: se è anaffettivo non puoi "curarlo", parola dello psichiatra Paolo Crepet. Le donne, per il loro innato istinto materno, sono più portate a cadere nell'idea sbagliata che amare sia accudire.

Sarebbe bello se l’amore risolvesse tutti i problemi. Ci piace crederlo, quando al terzo appuntamento i difetti ci fanno sorridere perché ancora troppo incantati e ottimisti (…e con due fette di prosciutto, ehm, cuori, sugli occhi) per arrenderci all’evidenza che lo/la accompagneranno finché morte non ci separi. L’amore non ti fa vedere quella polo arancio fluo abbinata al pantalone cachi che non sai perché, ma ti ricorda qualcuno (è il corriere di Amazon, se te lo stai ancora chiedendo) e in ogni caso in questo momento non ti passa per la mente che tutto il suo guardaroba potrebbe rispecchiare questa scelta infelice (il che non è un problema se non avesse ricadute anche su quello che ti regalerà da qui ai prossimi millanta San Valentino). Insomma, l’alito pesante la mattina è scomparso, il fatto che non sappia manco chi sia Jane Austen, pure, ma va bene così: l’amore non risolve tutti i problemi. E neanche è suo compito farlo, perché, a parte mettere il collutorio ben diluito sul comodino per la faccenda alito e bruciare casualmente il guardaroba da fattorino, il resto è un adattarsi necessario, un crescere insieme e, appunto, il vero fulcro è sempre “esserci”. Entrambi però. Fino al collo. Non solo uno dei due.
Soprattutto noi donne siamo davvero delle irriducibili ottimiste da questo punto di vista. Se l’esperienza non basta a confermare la tendenza da crocerossine, se neanche la biologia e il nostro innato senso materno e di sacrificio che ci porta a “badare” a tutti ci aiutano a guardare in faccia la realtà, bisogna chiamare un esperto. Uno davvero affidabile, il Crepet della situazione che conferma, in una sua intervista su Repubblica, che esistono persone (sia maschi che femmine) realmente “anafettive” e cioè non in grado di amare (e, va da sé, di amarvi):

Sono persone che fanno comunque fatica a provare emozioni perché le emozioni sono una parte molto problematica che la persona inconsciamente intuisce in un meccanismo non razionale come complesse, per cui si difende da quel mondo emotivo ritraendosi in sostanza e creando tra sé e l’oggetto del piacere una barriera e una lontananza che si traduce in freddezza in generale, non solo nel rapporto di coppia.

Donne, siete più portate ad accontentarvi (ma solo per deformazione professionale)

Quindi no, l’amore in questo caso non può aiutarvi, anzi, spesso, quando l’anaffettivo è un “lui”, il sentimento di “lei” si trasforma per una sorta di “deformazione professionale” in un più generico senso di accudimento: eccolo il vero dramma. Alla fine siamo diventate le suocere che tanto odiamo (sì, proprio noi!) perché stiamo davvero facendo le “mamme” dei nostri partner. Poi dicono che il Kharma non esiste.
Continua Crepet:

Per le donne è diverso, le donne devono amare perché devono accudire. Hanno l’istinto di far soppravvivere il cucciolo che hanno messo al mondo, nell’uomo questo istinto è meno pronunciato. Spesso l’errore che le donne fanno è scambiare questo sentimento di accudimento per amore. Tante donne si confondono e pensano di accudire un uomo e diventano madri dei loro amanti.

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Che bello, oltre alla sindrome pre mestruale abbiamo vinto anche il pacchetto “propensione alla fregatura” tutto incluso nel prezzo! L’importante è acquisire la consapevolezza che non possiamo salvare tutti e che purtroppo, certi traumi, non sono una nostra responsabilità e così nemmeno le conseguenze che ne derivano.
Nonostante le scuse, l’infanzia difficile o il trauma che ha portato all’anaffettività, questa non è un semplice blocco, precisa ancora Crepet:

… il blocco è una cosa che s’instaura dal punto di vista psicologico in riferimento a un evento traumatico… L’anaffettività non è un problema specifico, ma un problema che riguarda la vita in generale, la relazione tra questa persona e le emozioni.

L’anaffettivo va salvato, ma prima!

Se voi ci siete cascate, ma volete salvare il mondo dall’anaffettività, un modo forse c’è: lavorare sul “prima”. Non possiamo evitare i traumi di cui la vita è costellata come la morte di un padre o l’assenza di una madre, ma possiamo lavorare sulla loro gestione, sull’immagine che diamo ai nostri figli, per evitare che un bambino interiorizzi quegli eventi in modo sbagliato. Crepet spiega la questione riferendosi proprio alla perdita di un genitore (che comunque non è l’unica causa di anaffettività, ma si presta bene a descrivere la possibile reazione che la innesca):

Tra la perdita di un genitore e una bugia riguardo la morte di un genitore è peggio la bugia. La morte è un trauma, ma si capisce che fa parte della vita, mentre la bugia è l’idea che qualcuno ti abbia nascosto qualcosa su un evento importante. C’è un giudizio implicito di svalutazione: io non ti dico la verità perché tu non sapresti gestire la verità. E una volta che si comincia a dire una bugia se ne dicono mille. Il bambino, in questo caso, introietta non solo la morte ma l’atteggiamento che la gente ha con la morte. Il bambino capisce non tanto la morte, ma il fatto che riguardo la morte gli uomini si comportano in modo strano….

Ma ci sono dei “sintomi” e delle “cure”?

Lo psichiatra non ci dà false speranze:

Purtroppo c’è poco da fare. Le persone realmente anaffettive muoiono anaffettive. L’amore non cura, ci sono donne che hanno tentato tutta la loro vita di amare un uomo anaffettivo e non sono riuscite ad essere amate da questi uomini. La psicologia delle persone è molto semplice, le persone non cambiano. Dopo di che, ci sono eventi che possono cambiare la vita di una persona. La moglie non cambia il marito, la moglie si adatta al marito.

WOMAN, BINOCULARS, RED

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E in ogni caso, magra consolazione, ci dice che la persona anaffettiva risulta di solito molto rigida e sgradevole, intenta a curare in modo maniacale una parte della sua vita, tipo i collezionisti (ma sono certa che la collezione di calzini spaiati di vostro marito non conta) e comunque una scarsa propensione al rapporto con le persone (meglio il cibo o gli animali): insomma, questo è un naturale antibiotico e non rende particolarmente attraente ai nostri occhi l’anaffettivo…sempre che non abbiamo il radar delle crocerossine acceso.

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