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Il cardinale Sarah: «Ogni Papa è “giusto” per il suo tempo, la Provvidenza ci vede benissimo»

10 febbraio 2015, Robert card. Sarah © M.MIGLIORATO/CPP/CIRIC

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 08/10/19
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Il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino allontana le ombre che lo vogliono come grande oppositore a Francesco. “Chi è contro il Papa, è contro la Chiesa”. E chiarisce la sua posizione sui cambiamenti della dottrina e l’istituzione dei sacerdoti sposati

I rapporti con Papa Francesco, i viri probati, la dottrina da cambiare. Il cardinale Robert Sarah, 74 anni, africano della Guinea, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, si smarca ancora una volta dall’etichetta di “anti” Francesco, e in una intervista al Correre della Sera (7 ottobre), offre una riflessione su una serie di temi delicati.

Il cardinale, che ha appena pubblicato in Italia il libro “Si fa sera e il giorno ormai volge al declino“, chiarisce subito il suo pensiero sull’attuale pontefice.    

“Il Diavolo divide”

«La verità è che coloro che mi oppongono al Santo Padre non possono presentare una sola mia parola, una sola mia frase o una sola mia attitudine a sostegno delle loro affermazioni assurde, direi diaboliche. Il Diavolo divide, oppone la gente, l’una contro le altre. La verità è che la Chiesa è rappresentata sulla terra dal Vicario di Cristo, cioè il Papa. E chi è contro il Papa è ipso facto fuori dalla Chiesa. Capisco che la società umana – e il mondo intellettuale in particolare – abbia bisogno di contrapposizioni per definire le posizioni in campo, quasi che non avesse altri termini di comprensione se non l’alternativa tra un “noi” e un “loro”. Cosa che mi pare un errore grossolano, per non dire diabolico».

Ma, la storia della Chiesa, prosegue Sarah, «con buona pace del demonio che vuole dividerla, è una storia lunga, di difficoltà certo, di divisioni anche, ma sempre tesa alla ricerca dell’unità in Cristo, pur nel rispetto delle differenze: è una storia che si basa sulla fede in un Dio che si è fatto uomo per condividere con ciascuno il cammino della vita e il peso delle sofferenze. Le altre sono speculazioni assurde».

CARDINAL ROBERT SARAH

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“Ogni Papa è “giusto” per il suo tempo”

Poi aggiunge: «Ogni Papa è “giusto” per il suo tempo, la provvidenza ci vede benissimo, sa? La domanda è: quello che lei e io abbiamo ricevuto dai nostri padri è ancora valido per i nostri figli? E se sì, come fare perché essi se ne riapproprino nella loro esperienza? È la verità di queste evidenze che siamo chiamati a riscoprire, sia con le impareggiabili analisi di pensiero di Benedetto sia con la grande e solare operosità di Francesco. Nella ovvia differenza delle sensibilità, c’è una grande sintonia e una grande continuità tra loro, come tutti hanno potuto vedere in questi anni. Bisogna sempre interpretare le parole di Papa Francesco con l’ermeneutica della continuità. Così come vi era tra Giovanni Paolo II e Paolo VI. La storia della Chiesa è bellissima e ridurla al macchiettismo politico tipico dei talk show televisivi è una operazione di marketing, non una via di ricerca della verità».



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“Apostasia silenziosa”

La riflessione del cardinale continua sulla crisi della Chiesa. E precisa: «Viviamo una crisi spirituale fortissima. Siamo di fronte a una apostasia silenziosa. Essa riguarda il mondo intero, ma ha la sua origine principalmente in Europa. E nasce dal rifiuto di Dio, rifiuto che è ormai incistato nella coscienza occidentale. Perché oggi è l’uomo che si è sostituito a Dio. Si rifiuta il Padre e si rifiuta Dio, perché non si ammette di poter dipendere da qualcuno. Ognuno vuole auto-determinarsi, nella vita, nella morte, nella sessualità, fino a modificare la natura sulla base delle proprie idee. È qualcosa di mai accaduto e di perverso».

Questa, sottolinea Sarah, «non è il desiderio dell’uomo di fare sempre nuove scoperte, di progredire, di utilizzare in profondità e per il bene tutte le facoltà cognitive e intellettive che egli ha ricevuto in dono. Qui siamo molto oltre anche il superomismo di Nietzsche».

CARDINAL-SARAH

Notre-Dame de Chrétienté
Il cardinale Robert Sarah, il 21 maggio 2018 a Chartres.

La dottrina che cambia

La risposta a questa crisi, secondo il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, non è cambiare la dottrina, né che la comprensione del Vangelo possa evolvere nel tempo. «Se per comprensione intendiamo una interpretazione che cambia continuamente per adeguarsi ai tempi le rispondo: no. Il Vangelo è quello, e così la parola di Dio. Essi valgono sempre e per sempre, perché trascendono la storia e la vita terrena degli uomini.



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“Gesù nella sua Parola”

«La dottrina – chiarisce – non è un insieme di precetti moralistici, ma l’insieme degli insegnamenti che ci vengono dalle Scritture, dalla Parola di Dio e dalla Tradizione. Chi non lo capisce, forse, deve riscoprire cosa significhi essere cristiani e appartenere alla Chiesa, oggi. Il punto è che l’uomo non tollera di sentirsi dire cosa è giusto e cosa non lo è, perché come dicevo prima vuole determinarlo da se stesso, annichilendo la sua storia e la portata della sua identità. Ma la dottrina cattolica, in definitiva, è una persona! È Gesù nella sua Parola».

Pertanto, si domanda il cardinale: «Come possiamo pensare che il Vangelo sia espressione di qualcosa distaccato dalla realtà? O la nostra fede è fondata sull’incontro con una Persona, che è Dio fattosi uomo, attraverso suo Figlio Gesù, e quindi su una testimonianza che deve rinnovarsi ogni giorno per la morte e resurrezione quotidiana di Cristo, oppure la nostra fede è fallace ed è basata sugli idoli della modernità. Ma un padre o una madre che non indica al figlio la strada giusta, che padre è? E che madre è? Così si ritiene che l’apertura della Chiesa, a cui costantemente e giustamente ci richiama Papa Francesco, significhi la diluizione di ciò che noi crediamo nel pensiero della società contemporanea, che è secolarizzata e decadente. Ma Cristo non è venuto per assecondare la società, è venuto per salvare l’umanità dalla sua caduta, per portare la Verità e cambiare ciascuno di noi personalmente, nel profondo. La Verità e i dogmi di fede ci costringono ad alzare l’asticella, a puntare in alto, a vivere ogni giorno per diventare santi».



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La frase di San Paolo VI

Sarah ritiene, infine, che la crisi delle vocazioni non si argina con l’istituzioni di sacerdoti sposati. «La proposta è teologicamente assurda – sentenzia – ed implica una concessione funzionalista del sacerdozio, in quanto pretende separare i tria munera (Santificandi, docendi e regendi) in totale contraddizione con gli insegnamenti del Concilio Vaticano (Lumen Gentium n° 20-22, Christus dominus n° 2, Presbyterorum Ordinis n° 4-6) e di tutta la Tradizione della Chiesa latina che ne stabilisce la loro unità sostanziale».

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© Antoine Mekary | ALETEIA

E poi l’ordinazione presbiterale di uomini sposati «significherebbe nella pratica mettere in discussione l’obbligatorietà del celibato in quanto tale. A questo proposito, forse va ricordata la frase di San Paolo VI, che Papa Francesco ha fatto sua nel discorso ad un gruppo di giornalisti, il 27 gennaio 2019: “Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del Celibato”. Ripeto: non c’è nessuno spavento. Il Sinodo studierà, poi il Santo Padre trarrà le conclusioni. La questione è un’altra: ovvero comprendere il senso della vocazione sacerdotale. Chiedersi perché non ci siano più persone disposte a dare tutte se stesse per Dio, per il sacerdozio e per la verginità».


ROBERT SARAH
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“Senza valore cristico”

Piuttosto, conclude il Prefetto, «sono convinto che la crisi del sacerdozio sia un elemento centrale della crisi della Chiesa: il nemico del sacerdozio oggi è l’efficientismo, la produttività, come se fossimo dipendenti di un’azienda. I sacerdoti sono stati evirati della loro identità. Sono stati portati a credere che dovevano essere uomini efficaci. Un sacerdote è fondamentalmente una continuazione tra noi della presenza di Cristo. Non deve essere definito da ciò che fa, ma da ciò che è: ipse Christus, Cristo stesso».

«Durante la Santa Messa il Sacerdote si trova faccia a faccia con Gesù Cristo ed in quel preciso istante, è identificato si è immedesimato in Cristo, divenendo non soltanto un Alter Christus, un altro Cristo, ma è addirittura Ipse Christus, lo stesso Cristo. Se veramente il Sacerdote è Cristo stesso – è la chiosa finale – come immaginare di fabbricare, o ordinare sacerdoti “anziani sposati”? Questo sacerdozio non sarà un sacerdozio di Gesù Cristo, ma una fabbricazione umana, senza valore cristico».



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