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Ascoltare e mettere in pratica: le due cose che ci rendono “parenti” di Gesù!

GIRL, KISS, CROSS

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 24/09/19

Non si può dire che l’amore è vero se la parola di chi ci ama non è una parola che prendiamo sul serio, che accogliamo, che lasciamo ci metta in discussione, o ci incoraggi.

In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.
Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti».
Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». (Luca 8,19-21)

Come ci si posiziona nella relazione con Gesù? Cosa ci dà la precedenza o ci fa retrocedere? Il vangelo di oggi sembra rispondere proprio a questa domanda: “Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fu annunziato: «Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti». Ma egli rispose: «Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica»”. L’ascolto e il mettere in pratica sono le due cose che ci rendono familiari nel nostro rapporto con Cristo. Infatti non si può dire che l’amore è vero se la parola di chi ci ama non è una parola che prendiamo sul serio, che accogliamo, che vagliamo, che lasciamo ci metta in discussione, o ci incoraggi. L’amore è sempre la declinazione di un ascolto. Chi non ascolta non ama. E in secondo luogo poi l’ascolto deve diventare anche una decisione, un tentativo, un modo per mettere in pratica ciò che hai riconosciuto essere vero per te. Senza queste due componenti non esiste davvero intimità in una relazione. Mi capita spesso di sentire persone che si dicono l’un l’altro “ti voglio bene” o meglio ancora “ti amo”. Ma la verità di un bene o di un amore non è misurabile dal semplice sentimento, ma da quanto la parola di questa persona è importante nella tua vita. Essere depressi, ad esempio, e dire a qualcuno “sei però l’unica persona a cui comunque io voglio bene”, implica dire che c’è qualcosa di più decisivo della tua depressione che è quella persona. Ciò significa che la parola di quella persona conta di più della parola che ti suggerisce la tua depressione. Assecondare la propria tristezza significa mostrare più amore per essa che per quella persona. E anche se messo davanti a una simile evidenza una persona dice “non è così”, sono i fatti a dire il contrario. Ora, calare questo nella nostra vita di fede, significa dire che se diciamo di amare Cristo allora ciò che Egli dice deve avere più valore di qualunque altra parola. È davvero così per noi?
Luca 8,19-21
#dalvangelodioggi

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA DON LUIGI MARIA EPICOCO

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