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Donazione organi, legge del 1999: dopo 20 anni la firma del Ministro sul decreto attuativo

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Paola Belletti - pubblicato il 21/08/19

Nel giorno delle dimissioni del Premier Conte, la firma di Giulia Grillo, Ministro della Salute. Tutti donatori fino a prova contraria o meglio se non dichiariamo apertamente il nostro dissenso, previa chiara e completa informazione. Proprio il passaggio che è rimasto incompiuto fino ad ora. Ciò nonostante l'Italia è uno dei Paesi dove si dona di più.

La legge è stata approvata 20 anni fa fino a ieri ma mancava un decreto attuativo

L’informazione, scarna, ci giunge dal comunicato stampa di ieri, a disposizione sul sito del Ministero della salute:

Comunicato n. 110 Data del comunicato 20 agosto 2019 Donazione organi, firmato il regolamento sul Sistema informativo trapianti (Sit). Giulia Grillo: “Dopo 20 anni passaggio fondamentale per l’applicazione della legge sul silenzio-assenso” Il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha firmato il decreto ministeriale che contiene le norme del regolamento sul Sistema Informativo Trapianti (Sit), previsto dalla legge n. 91 del 1° aprile 1999, che regola il principio del silenzio-assenso sulla donazione di organi. “Abbiamo finalmente sbloccato dopo vent’anni un passaggio fondamentale per l’applicazione del silenzio-assenso previsto dalla legge sulla donazione degli organi approvata nel 1999, ma rimasto lettera morta. Due decenni sono troppi per attuare una legge di civiltà di cui il Paese ha bisogno. Potranno così essere salvate molte più vite, ma per farlo i cittadini  devono essere adeguatamente informati e consapevoli e per questo lanceremo una nuova campagna informativa” dichiara il ministro Grillo. Il Sit regolamenta la tracciabilità e la trasparenza dell’intero processo di donazione-prelievo-trapianto di organi. Il decreto ministeriale contiene anche disposizioni relative al Registro nazionale dei donatori di cellule per la procreazione medicalmente assistita eterologa, prevista dalla legge 190 del 2014. Nei prossimi mesi inoltre saranno attuate le altre prescrizione della legge 91/1999, cioè l’adeguamento dell’Anagrafe nazionale degli assistiti (Ana) in tutte le aziende sanitarie.

Cosa dice innanzitutto il testo della L.91/1999?

Il testo consta di 26 articoli e porta in calce la firma dell’allora presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro e del Presidente del Consiglio in carica, Massimo d’Alema.

Nelle finalità, all’art. 1, si dichiara (grassetti nostri):

  1. La presente legge disciplina il prelievo di organi e di tessuti da soggetto di cui sia stata accertata la morte ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 578, e regolamenta le attività di prelievo e di trapianto di tessuti e di espianto e di trapianto di organi (, anche da soggetto vivente, per quanto compatibili). 2. Le attività di  trapianto di organi  e  di  tessuti  ed  il coordinamento  delle  stesse  costituiscono  obiettivi  del  Servizio sanitario nazionale. Il procedimento per l’esecuzione dei trapianti è secondo modalità tali da assicurare il rispetto dei criteri di trasparenza  e  di  pari  opportunità  tra  i  cittadini, prevedendo criteri di accesso alle liste  di  attesa  determinati  da parametri clinici ed immunologici.

L’accertamento del decesso è regolato, secondo la norma richiamata, da protocolli di osservazione dei parametri vitali (cardio-respiratori ed encefalici), della durata di almeno sei ore, e dalla presenza di un’équipe medica.

Una dicitura che appare rigorosa lascia spazio però a dubbi e possibili, anzi probabili ridefinizioni. Quando uno stato si può dire assolutamente e con totale certezza irreversibile?

Siamo al comma 2 del secondo articolo (Legge 578/93)

La morte nei soggetti affetti da lesioni encefaliche e sottoposti a misure rianimatorie si intende avvenuta quando si verifica la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo ed è accertata con le modalità clinico-strumentali definite con decreto emanato dal Ministro della sanità.

L’accertamento della irreversibilità è effettuato secondo strumenti e valutazioni attualmente adeguati? Esiste davvero il rischio di “abuso” del termine di “morte cerebrale” a scopo espianto?

Questo di sicuro è un tema che merita approfondimento e altrettanto certamente un rigore non solo tecnico professionale ma anche morale da parte dei medici, da esercitare su sé stessi e su tutti i soggetti coinvolti.

Scorrendo gli articoli del testo di legge ormai ventenne arriviamo al numero 23, dedicato alle disposizioni transitorie. Un transito che è un mezzo esodo dall’Egitto, insomma. Mancava, fino a ieri, la firma al decreto attuativo che permettesse di avviare le notifiche e l’iscrizione dei donatori adeguatamente informati nel Sit, il Sistema informativo Trapianti.

Fino ad oggi la legge del 1999, arrivata sulla scrivania del Presidente della Repubblica il 31 marzo e da lui firmata il giorno dopo, mancava della firma del Ministro della Sanità (allora era la Signora Rosy Bindi e il Ministero si chiamava così). Fino ad ora, cioè, nonostante l’entrata in vigore della legge il 15 aprile del 1999 con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, per essere donatori, occorreva esprimere positivamente il proprio assenso. A breve dovremo in caso rendere noto il nostro dissenso.

Nonostante questo stallo l’Italia resta uno dei paesi europei in cui si dona di più, meglio solo Francia e Spagna dove è già in vigore il principio del silenzio-assenso. Vediamo in dettaglio cosa ci chiede la legge 191 all’articolo 4 dichiara:

I cittadini sono tenuti a dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti del proprio corpo successivamente alla morte, e sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla donazione. (Ibidem)

Su cosa ci si è arenati, quindi? Sulle modalità di notifica ai cittadini maggiorenni di questo diritto-dovere e sulla conseguente possibilità di esprimere la propria volontà in merito.

Nel SIT anche le cellule riproduttive?

C’è un passaggio, nel comunicato del Ministero della Salute, che tocca un’altra questione, eticamente ancora più sensibile: la donazione di cellule riproduttive. Eppure la stessa legge n.91, rimasta in panchina per 20 anni, nei primi articoli specifica alcuni importanti divieti in ordine a espianto e donazione: non si possono donare gonadi ed encefalomanipolare embrioni a scopo espianto di organi. L’articolo 3 ai commi 3 e 4 recita infatti:

3.E’ vietato il prelievo delle gonadi e dell’encefalo 4.La manipolazione genetica degli embrioni è vietata anche ai fini del trapianto di organo.

Ora, in seguito alla firma dell’attuale Ministro Grillo, le procedure di informazione ai cittadini, per permetterci di esprimere, in caso di contrarietà alla donazione, il nostro diniego, dovranno essere realizzate in tempi brevi. E sia.

Cosa significa però che “Il decreto ministeriale contiene anche disposizioni relative al Registro nazionale dei donatori di cellule per la procreazione medicalmente assistita eterologa, prevista dalla legge 190 del 2014”?

Andiamo a riprendere il testo che regolamenta legittimamente ma ingiustamente questa grave materia. Siamo nella cosiddetta Legge di stabilità, al punto 298, ovvero la parte di interessa sanitario, come titola il sito trovanorme:

Articoli di interesse sanitario: Art.1, comma 298 : Istituzione di un Registro nazionale dei donatori di cellule riproduttive a scopi di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo:
298. Al fine di garantire, in relazione alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, la tracciabilita’ del percorso delle cellule riproduttive dal donatore al nato e viceversa, nonché il conteggio dei nati generati dalle cellule riproduttive di un medesimo donatore, e’ istituito, presso l’Istituto superiore di sanità, Centro nazionale trapianti e nell’ambito del Sistema Informativo Trapianti (SIT) di cui alla legge 10 aprile 1999, n. 91, il Registro nazionale dei donatori di cellule riproduttive a scopi di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, ove sono registrati tutti i soggetti ammessi alla donazione, mediante l’attribuzione ad ogni donatore di un codice. A tal fine, le strutture sanitarie autorizzate al prelievo e al trattamento delle cellule riproduttive comunicano al Registro i dati anagrafici dei donatori, con modalità informatiche specificamente predefinite, idonee ad assicurare l’anonimato dei donatori medesimi. Fino alla completa operatività del Registro, i predetti dati sono comunicati al Centro nazionale trapianti in modalità cartacea, salvaguardando comunque l’anonimato dei donatori. Agli oneri derivanti dal presente comma, quantificati in euro 700.810 per l’anno 2015 e in euro 150.060 a decorrere dall’anno 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa recata dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2004, n. 138.

Sì, la legge 40 del 2004 , imperfetta frontiera al selvaggio West delle tecniche procreative possibili fino a che sono immaginabili, è già stata resa impotente dalla Sentenza 151/2009 della Corte Costituzionale che dichiarava illegittimi perché incostituzionali i limiti e i divieti imposti dalla medesima legge. Via il limite dei tre embrioni, via soprattutto il limite all’accesso alle tecniche di PMA solo con gameti interni alla coppia. Ovvero l’eterologa s’ha da fare.


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Cosa dice il Magistero della Chiesa su questi temi?

Conviene a questo punto e proprio da queste pagine riprendere quelle che per noi cristiani sono le sole linee guida in grado di impegnare radicalmente la nostra coscienza, le solo norme vincolanti. Come si è espresso il Magistero sul tema donazione organi e tessuti? Cosa dice, invece, delle tecniche manipolatorie per ottenere gravidanze laddove le cause di sterilità in una coppia non siano attualmente rimovibili?

Per quanto riguarda l’assoluta inviolabilità della vita umana possiamo riferirci all’enciclica del 1995 nella quale l’allora Santo Padre, San Giovanni Paolo II, ribadì con forza il suo valore sacro e mise in guardia fedeli cristiani e uomini di buona volontà da tutti i gravi attentati che la minacciano.

Pertanto, con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale. Tale dottrina, fondata in quella legge non scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore (cf. Rm 2, 14-15), è riaffermata dalla Sacra Scrittura, trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal Magistero ordinario e universale.51

La Congregazione per la Dottrina della Fede ne parla diffusamente anche nell’Istruzione Donum Vitae, ribadendo il valore indiscutibile della vita umana dal concepimento alla morte naturale e offrendo strumenti per giudicare le sempre nuove e complesse condizioni nelle quali vediamo manipolata e minacciata la persona, declassata addirittura a oggetto.

In questo testo fondamentale per chi voglia orientarsi con certezza nel mare sempre più livido e burrascoso del mondo contemporaneo la Chiesa, madre e maestra, ci educa di nuovo sulla preziosità incommensurabile di ogni vita umana, di ogni singola persona, la cui storia inizia indubitabilmente con il concepimento. Per questo l’aborto, la sperimentazione sugli embrioni, l’eutanasia, ma anche la fecondazione assistita, soprattutto quella eterologa, sono atti moralmente sbagliati e mai giustificabili, nonostante l’intensità del desiderio umano che li vedrebbe come antidoto a specifiche frustrazioni (grassetti nostri, Ndr)

Il ricorso ai gameti di una terza persona, per avere a disposizione lo sperma o l’ovulo, costituisce una violazione dell’impegno reciproco degli sposi e una mancanza grave nei confronti di quella proprietà essenziale del matrimonio, che è la sua unità. La fecondazione artificiale eterologa lede i diritti del figlio, lo priva della relazione filiale con le sue origini parentali e può ostacolare la maturazione della sua identità personale. Essa costituisce inoltre una offesa alla vocazione comune degli sposi che sono chiamati alla paternità e maternità: priva oggettivamente la fecondità coniugale della sua unità e della sua integrità; opera e manifesta una rottura fra parentalità genetica, parentalità gestazionale e responsabilità educativa. Tale alterazione delle relazioni personali all’interno della famiglia si ripercuote nella società civile. Queste ragioni portano a un giudizio morale negativo sulla fecondazione artificiale eterologa: pertanto è moralmente illecita la fecondazione di una donna con lo sperma di un donatore diverso da suo marito e la fecondazione con lo sperma del marito di un ovulo che non proviene dalla sua sposa. Inoltre la fecondazione artificiale di una donna non sposata, nubile o vedova, chiunque sia il donatore, non può essere moralmente giustificata. Il desiderio di avere un figlio, l’amore tra gli sposi che aspirano a ovviare a una sterilità non altrimenti superabile, costituiscono motivazioni comprensibili; ma le intenzioni soggettivamente buone non rendono la fecondazione artificiale eterologa né conforme alle proprietà oggettive e inalienabili del matrimonio né rispettosa dei diritti del figlio e degli sposi. (Donum Vitae, 37)

La stessa inammissibilità morale vale per la fecondazione omologa poiché disgrega irrimediabilmente l’unità fisica e spirituale che deve sussistere nell’atto di donazione reciproca degli sposi e aggredisce inoltre la originaria pari dignità ontologica che esiste tra genitori e figlio poiché affida la sua formazione e nascita all’intervento di esperti e alle possibilità di biotecnologiche.

Ma ci si chiede se nell’impossibilità di rimediare in altro modo alla sterilità, che è causa di sofferenza, la fecondazione omologa in vitro non possa costituire un aiuto, se non addirittura una terapia, per cui ne potrebbe essere ammessa la liceità morale. Il desiderio di un figlio – o quanto meno la disponibilità a trasmettere la vita – è un requisito necessario dal punto di vista morale per una procreazione umana responsabile. Ma questa intenzione buona non è sufficiente per dare una valutazione morale positiva della fecondazione in vitro tra gli sposi. Il procedimento della FIVET deve essere giudicato in se stesso, e non può mutuare la sua qualificazione morale definitiva né dall’insieme della vita coniugale nella quale esso si iscrive né dagli atti coniugali che possono precederlo o seguirlo(48). È già stato ricordato come, nelle circostanze in cui è abitualmente praticata, la FIVET implichi la distruzione di esseri umani, fatto questo che è contro la dottrina già richiamata sulla illiceità dell’aborto(49). Ma anche nel caso in cui si mettesse in atto ogni cautela per evitare la morte degli embrioni umani, la FIVET omologa, attua la dissociazione dei gesti che sono destinati alla fecondazione umana dall’atto coniugale. La natura propria della FIVET omologa, pertanto, dovrà anche essere considerata astraendo dal legame con l’aborto procurato. La FIVET omologa è attuata al di fuori del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e attività tecnica determinano il successo dell’intervento; essa affida la vita e l’identità dell’embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull’origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e all’uguaglianza che dev’essere comune a genitori e figli. (Ibidem, 47)

Come è possibile che una legge generalmente buona che intende regolamentare la pratica della donazione degli organi e dei tessuti, equipari così grossolanamente la disciplina del trapianto di reni, fegato, midollo osseo o cornee con l’esilio forzato di cellule capaci di unirsi ad altre cellule per dare inizio ad una nuova persona? Non si tratta di un grave vulnus del diritto stesso?

Torniamo a quello che la Chiesa dice a noi e al mondo, se vuole ascoltare.

La Chiesa, circa la donazione di tessuti e organi è bendisposta e incoraggiante, considerandola un atto di vera fraternità e solidarietà umana. Lo fa mettendo continuamente in guardia dai possibili rischi di degenerazione di queste pratiche quando vengano trasformate in fonti di guadagno per uomini privi di scrupoli a capo di traffici gravemente illeciti e inaccettabilmente immorali, come la tratta umana a scopo di espianto.

L’uomo, il fratello più povero e incapace di difendersi, non è più visto come tale, non è un nostro pari ma una riserva di pezzi di ricambio. Anche il sangue di questi fratelli grida a Dio dal suolo.

Lo ha detto lo stesso Papa “che, nel mese di giugno 2016, durante il Summit dei Giudici contro la tratta di esseri umani e la criminalità organizzata, ha dichiarato che il traffico di organi e la tratta di persone ai fini dell’espianto di organi sono dei “veri e propri crimini contro l’umanità che devono essere riconosciuti come tali da tutti i leader religiosi, politici e sociali e sanciti dalle leggi nazionali e internazionali” (Pontificia Accademia per la Vita)

L’essere umano, quando prevalgono le passioni cattive, quando non lotta contro il peccato accovacciato alla sua porta, o peggio si ingegna per compiere il male in modo sempre più vasto e sistematico, è capace dei crimini più terribili.

Ma la donazione di organi resta un atto di grande generosità, intrinsecamente altruistico. Proprio nell’enciclica Evangelium vitae Giovanni Paolo II affermava che, tra i gesti che concorrono ad alimentare un’autentica cultura della vita

merita un particolare apprezzamento la donazione di organi compiuta in forme eticamente accettabili, per offrire una possibilità di salute e perfino di vita a malati talvolta privi di speranza” (E.V.. 86).

E con la solita sapienza prudente della Chiesa metteva in guardia dai rischi. I limiti invalicabili che devono impedire il trapianto non sono mai quelli tecnici, ma morali e il valore supremo da tutele è e resta l’inviolabilità della persona umana, fino alla fine e dal principio. Nel Discorsoche tenne il Pontefice quasi 19 anni fa esatti, (era il 29 agosto del 2000 e parlava al 18° Congresso Internazionale della Società dei Trapianti) ricordava:

Il criterio fondamentale di valutazione risiede nella difesa e promozione del bene integrale della persona umana, secondo la sua peculiare dignità. A tal proposito, vale la pena di ricordare che ogni intervento medico sulla persona umana è sottoposto a dei limiti che non si riducono all’eventuale impossibilità tecnica di realizzazione, ma sono legati al rispetto della stessa natura umana intesa nel suo significato integrale: “Ciò che è tecnicamente possibile, non è per ciò stesso moralmente ammissibile” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum vitae, 4).

Prosegue

4. Il riconoscimento della dignità singolare della persona umana ha un’ulteriore conseguenza di fondo: gli organi vitali singoli non possono essere prelevati che ex cadavere, cioè dal corpo di un individuo certamente morto.(…) Nasce da qui una delle questioni che più ricorrono nei dibattiti bioetici attuali e, spesso, anche nei dubbi della gente comune. Si tratta del problema dell’accertamento della morte. Quando una persona è da considerare certamente morta?

(…) esiste una sola “morte della persona”, consistente nella totale dis-integrazione di quel complesso unitario ed integrato che la persona in se stessa è, come conseguenza della separazione del principio vitale, o anima, della persona dalla sua corporeità. La morte della persona, intesa in questo senso radicale, è un evento che non può essere direttamente individuato da nessuna tecnica scientifica o metodica empirica.

Affronta anche il tema chiave dell’accertamento dell’avvenuto decesso. Entrano in gioco l’onestà e meticolosità dell’osservazione e la certezza morale condivisa.

Ma l’esperienza umana insegna anche che l’avvenuta morte di un individuo produce inevitabilmente dei segni biologici, che si è imparato a riconoscere in maniera sempre più approfondita e dettagliata. I cosiddetti “criteri di accertamento della morte”, che la medicina oggi utilizza, non sono pertanto da intendere come la percezione tecnico-scientifica del momento puntuale della morte della persona, ma come una modalità sicura, offerta dalla scienza, per rilevare i segni biologici della già avvenuta morte della persona.

5. E’ ben noto che, da qualche tempo, diverse motivazioni scientifiche per l’accertamento della morte hanno spostato l’accento dai tradizionali segni cardio-respiratori al cosiddetto criterio “neurologico”, vale a dire alla rilevazione, secondo parametri ben individuati e condivisi dalla comunità scientifica internazionale, della cessazione totale ed irreversibile di ogni attività encefalica (cervello, cervelletto e tronco encefalico), in quanto segno della perduta capacità di integrazione dell’organismo individuale come tale.

Le persone da tutelare integralmente in ogni momento sono tutte quelle coinvolte: il paziente che ha nel trapianto una seria speranza di guarigione, la persona che può essere il suo donatore e anche le persone dei medici e infermieri. E’per tutela anche della loro integrità e salute che l’altro non può mai essere un oggetto da cui togliere tessuti utili ad un altro processo. E’ considerando sempre la persona come tale che anche la professione medica resta umana e non si ritorce contro noi stessi.

Dice anche poco sopra, al punto 3:

Ogni prassi tendente a commercializzare gli organi umani o a considerarli come unità di scambio o di vendita, risulta moralmente inaccettabile, poiché, attraverso un utilizzo “oggettuale” del corpo, viola la stessa dignità della persona.

Questo primo punto ha un’immediata conseguenza di notevole rilevanza etica: la necessità di un consenso informato. La verità umana di un gesto tanto impegnativo richiede infatti che la persona sia adeguatamente informata sui processi in esso implicati, così da esprimere in modo cosciente e libero il suo consenso o diniego.

Sebbene il principio introdotto con la legge del 1999 parli invece di silenzio-assenso anche in questa legge il criterio dell’informazione integrale e adeguata ai potenziali donatori resta centrale e imprescindibile.

Ma il vero nord che può orientare le nostre rotte in queste e altre pratiche intorno all’uomo e al suo benessere terreno non può che essere la vera carità, antidoto allo sfruttamento, alla riduzione di sè e dell’altro cosa o a aggregato di desideri senza un senso unitario. Per questo la conclusione del Discorso del Pontefice offre il criterio centrale di ogni condotta umana degna di questo nome.

Occorre seminare nei cuori di tutti, ed in particolare dei giovani, motivazioni vere e profonde che spingano a vivere nella carità fraterna, carità che si esprime anche attraverso la scelta di donare i propri organi.

II Signore illumini l’impegno di ciascuno e lo orienti a servire il vero progresso umano. Accompagno questo auspicio con la mia Benedizione.

Non possiamo che augurarci che tra i responsabili di gravi decisioni che riguardano la vita di tutti ci sia almeno qualche uomo che tragga da questi insegnamenti le proprie linee guida.

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