La battaglia dell’Occidente sull’aborto si fa sempre più ideologica, ed è sconsolante. Perché la vita e la morte non possono ridursi a cartelli e slogan, devono conservare la vertigine dell’essere, dell’esserci. Soprattutto questo dibattito sul diritto alla vita o sui diritti del corpo della donna, trattato a suon di pura violenza verbale, alimenta solo rabbia e incomprensioni, sembra schiacciare la vera libertà umana.
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Una testimonianza ha il valore di una testimonianza, è come un albero piantato a lato di un sentiero, visibile. Ci si può fermare alla sua ombra oppure andare oltre; ma gli occhi lo hanno visto. Ecco, la libertà dell’essere umano (la cosa più grande voluta da Dio, disse Dante) ha bisogno della compagnia di altri simili, non di giudizi confezionati nella camera sterile dell’ideologia. Una storia tragica eppure non disperata è stata raccolta dalla giornalista di Fox News Hollie McKay all’inizio di luglio: una madre congolese di due figli ha subito uno stupro di gruppo da cui è rimasta incinta.
Una notte di terrore, poi lo stigma
Nancy è una donna vittima di altre violenze dopo essere stata violentata, nel momento più brutto della vita è stata abbandonata. Viveva in Congo, paese che che è stato definito dalle Nazioni Unite “capitale mondiale dello stupro”. Madre di due figli, a 39 anni anche lei ha vissuto questa violenza brutale; è accaduto il 15 marzo del 2017, poco dopo che a sua sorella era capitata la stessa sorte, rimanendo addirittura uccisa. Quando sentì arrivare nella notte tre assalitori mascherati, sa qual è il suo destino; la cosa più turpe è che i figli di 3 e 14 anni furono costretti ad assistere alla violenza. Il più grande traumatizzato fuggì e diventò introvabile.
E poi fui incolpata e bandita dalla mia famiglia e dalla famiglia di quello che era stato mio marito. – ricordando questo, gli occhi Nancy si riempiono di lacrime – Non avevo nessuno. Per settimane tutto ciò che potei fare fu cercare mio figlio. (da Fox News)
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Nessun tempo per piangere, il terrore di aver perso un figlio riempie l’orizzonte e nessun aiuto in vista. Il lungo pellegrinaggio/calvario di Nancy per ritrovare il ragazzo e per trovare una nuova dimora la porta a fare un viaggio lunghissimo tra Tanzania e Kenya, per approdare infine (dopo 450 miglia) al campo rifugiati di Kakuma, in Kenya. Durante queste sei settimane di spostamenti, Nancy accusa i tipici disagi di inizio gravidanza e scopre di aspettare un figlio, come conseguenza dello stupro.
Ero devastata. Mi sentivo confusa, imbarazzata. … Credo nel diritto alla vita, il bambino è dentro di me. Mio figlio ha diritto di vivere.