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La resurrezione di Cristo ci dice che l’ultima parola non è la morte ma la vita!

Hands opens the blinds – it

© Kovnir Andrii

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 26/02/19

La resurrezione è possibile solo se ci si affida completamente a un Padre che non ci evita il salto della morte ma che ci assicura che è l’unico che può prenderci al volo.

Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà». Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.
Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?». Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro:
«Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». (Mc 9,30-37)

“«Il Figlio dell’uomo sta per essere dato nelle mani degli uomini ed essi l’uccideranno; ma tre giorni dopo essere stato ucciso, risusciterà». Ma essi non capivano le sue parole e temevano d’interrogarlo”. Arriva un momento in cui Gesù è completamente esplicito con i suoi discepoli. Non nasconde loro che cosa gli accadrà. Gli racconta tutta la sua vicenda. Ma davanti alla possibilità del dolore e della morte non riescono a capire più nulla. La frase per loro si blocca su quest’ultima, e il verbo resuscitare nemmeno scalfisce la confusione e la paura che provano. È un po’ così anche per noi. Ci è facile credere che Gesù sia finito in croce, ma la cosa più interessante è che Dio lo ha risuscitato. È la resurrezione la cosa più interessante della storia, ma sembra che noi siamo solo cristiani del venerdì santo. Lo scombussolamento che certe volte ci riserva la vita con le cose che ci accadono, fa eclissare la cosa più interessante di tutte, e cioè che l’ultima parola non è la morte ma la vita. È forse qui la radice più profonda dei nostri arrivismi, che altro non sono che uno dei tanti modi per esorcizzare l’angoscia della morte. “«Se qualcuno vuol essere il primo, sarà l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E preso un bambino, lo mise in mezzo a loro; poi lo prese in braccio e disse loro: «Chiunque riceve uno di questi bambini nel nome mio, riceve me; e chiunque riceve me, non riceve me, ma colui che mi ha mandato»”. È la modalità “bambino” l’unica modalità che può salvarci dalle nostre paure e dall’angoscia della morte, perché un bambino si lascia prendere in braccio. È quella la sua forza, sentirsi affidato a Qualcuno, sentire di non essere solo, di non doversi poggiare sulle sue gambe per fare ciò che è chiamato a fare. Sono quelle braccia l’anticipo di ogni resurrezione. Anzi, potremmo dire che la resurrezione è possibile solo se ci si affida completamente a un Padre che non ci evita il salto della morte ma che ci assicura che è l’unico che può prenderci al volo. (Mc 9,30-37)

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