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Paola: “Ho unito i puntini della mia vita, ci ho visto il disegno bellissimo di Dio”

PAOLA NALDI
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Annalisa Teggi - pubblicato il 15/02/19
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La neurofibromatosi tipo 2 (stessa malattia di Benedetta Bianchi Porro) la aggredisce senza pietà dall’adolescenza. Lei ci racconta il trauma, gli interventi rischiosi e il corpo sempre più ferito. Ma si è inventata un lavoro, crea composizioni floreali: perché Dio si premura di far sbocciare ogni vita.

Una vita perfetta e spensierata fino all’adolescenza, poi Paola Naldi scopre di essere affetta da Neurofibromatosi tipo 2, una patologia oggi ancora tutta da studiare. Perde progressivamente l’udito mentre frequenta ancora il liceo; il suo corpo è aggreddito sempre più gravemente e subisce innumerevoli interventi rischiosi. Ma studia anche e s’innamora; si sposa con un uomo che tuttora la ama all’infinito. I tumori aggrediscono testa e midollo, anche la vista e i muscoli cedono. Una compagnia di amici cristiani la tallona stretto, perché la disperazione non abbia la meglio. Una di loro è la mia amica Lucia Baroncini, che mi ha suggerito di conoscere Paola. E in un tempo di comunicazioni veloci e reazioni in tempo reale, noi ci siamo prese tutto il tempo di scriverci lentamente, lei peraltro riuscendo a digitare le parole quasi solo con un pollice. Ma la bellezza della sua anima ferita e felice sboccia – letteralmente – nel lavoro che si è inventata: crea composizioni floreali per matrimoni.

PAOLA NALDI

Paola Naldi

Chi è Paola? Di solito in situazioni come la tua si identifica una persona con la malattia, invece vorrei partire da te: carattere, cose che ti appassionano, cose che detesti o ami di te stessa, come sei cresciuta ….

Bisognerebbe chiederlo a chi mi conosce. Io sono molto passionale e ci metto l’anima nelle cose che faccio. Sia lavoro o altro. Ho imparato a godermi anche le più piccole cose o soddisfazioni perché per me nulla é scontato. Tipo: ho passato tutto novembre e fino a Natale sdraiata, non riuscivo a star in altre posizioni. Dopo l’intervento ho avuto dolori atroci costanti finché non hanno fatto effetto gli oppiacei; quindi ora anche far la spesa o spazzare é bellissimo. Adoro gli animali, negli ultimi anni allevo una cucciolata ogni anno e mi occupo di loro per i primi 2 mesi di vita, poi li do a chi li tratta bene con tanto amore. Di me odio i difetti che non riesco mai a combattere, tipo interrompere spesso chi parla. Odio tutti i problemi fisici che aumentano, ma non mi arrendo. Ora non ho più muscoli, con pazienza devo mettermi in forma per riuscire a esser un po’ più stabile. L’equilibrio non va proprio, un braccio non mi si alza più e la mano destra non riesce più a scrivere però posso migliorare e con pazienza devo farcela. Comunque è un buon momento rispetto ai tanti atroci che vivo da più di 20 anni. Da ragazzina andavo a cavallo e facevo le gare, però non ero grata e completamente felice di ciò che avevo: ero figlia unica e sentivo molto la solitudine perché vivevo lontana da tutti. Purtroppo mio padre ha sempre avuto un carattere orrendo e mi picchiava e faceva guerra psicologica. Ero il suo capro espiatorio. Ero molto legata a mia madre.


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Paola Naldi

Ti sei scoperta malata giovanissima. Arrivare alla diagnosi è stato un calvario lungo. In pochi conoscono la tua malattia, cosa ricordi di quel primo impatto, durissimo?

La malattia é stata molto traumatica. All’inizio mi vergognavo di ammettere che mi mancava l’udito, perché era una roba da vecchietti. Poi hanno sbagliato diagnosi e un otorino mi ha operato due volte in ospedale a Venezia; continuava a dire che non avrei perso l’udito e ignorava mia madre che aveva da subito intuito che c’era un tumore in testa. Un altro medico super bravo a livello mondiale e molto umano mi ha preso in cura e per anni mi ha trattato come una sua figlia. La scuola intanto era un calvario perché sentivo sempre meno, però adoravo le letterature e mi appassionava molto. Quando ho finito il liceo ad agosto sono diventata sorda del tutto. Volevo iscrivermi a Biotecnologie per studiare la mia malattia, ma poi nel giro di pochi mesi ci son stati altri 4 ricoveri. L’autunno dopo stavo meglio e mia mamma mi ha convinto a iscrivermi a Conservazione dei Beni Culturali. E in effetti adoravo studiare quelle materie, anche se poi trovar lavoro é quasi impossibile anche per uno sano.

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Ci sono stati o ci sono dei momenti di disperazione cupa? Ti sei arrabbiata con Dio? Come ti senti di confortare chi ha perso del tutto la speranza?

Disperazione c’è stata in certi momenti e per anni. Ma non credo di essermi mai arrabbiata con Dio. Mia mamma è stata una leonessa e con me cercava di farmi essere ottimista, anche se dentro di sé non lo era. La compagnia cristiana dei ragazzi di San Giacomo (parrocchia di Imola – NdR) è stata fondamentale e lo è anche ora. Secondo il mio super medico svizzero, chi ha questa malattia o soccombe o tira fuori una grinta da leoni. Perché non c’è un solo tumore da togliere, e via. Il mio caso, in particolare, è molto aggressivo, perché a causa di una mutazione si è pieni di tumori in testa e lungo la colonna vertebrale, oltre che al sistema nervoso periferico. Quindi tu vivi fino ai 15 anni da spericolata, poi ti trovi catapultata in un’ altra vita in cui pian piano perdi udito, equilibrio, vista, manualità. Fai due risonanze all’anno e scopri cosa è diventato pericoloso e da togliere. Si tratta di interventi dove rischi di morire o rimanere paralizzata; per fortuna ancora non é successo, anche perché dopo che il mio medico svizzero è andato in pensione ho trovato il primario del Bellaria che si è preso molto a cuore la mia situazione e credo mi stimi. L’amico che mi fa le risonanze è bravissimo, perché è davvero una brutta situazione da studiare.

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Gli amici e la famiglia, non è solo un modo di dire il fatto che la compagnia cambia volto anche al dolore?

Con la compagnia e con mio marito non mi sento mai sola ad affrontare il tutto. Purtroppo non so a cosa servo, però tanti mi ringraziano e do loro un esempio di vita. Vita strana, la mia; tipo vorrei un lavoro. Creo bouquet di fiori per matrimoni, ma pochi sanno di me oppure hanno paura della malattia. Però gli incarichi presi li ho sempre portati a termine alla grande. Grazie anche a mamma, marito e amici perché non posso più guidare. In inverno vorrei un lavoro da casa, ma non l’ho ancora trovato. Il mio segreto, detto ironicamente, è trovare sempre gli aspetti positivi. Dopo gli interventi inutili alla staffa ero molto arrabbiata anche perché l’udito era peggiorato e a scuola non sentivo quasi niente. Il neurochirurgo svizzero iniziò a ironizzare in modo positivo: ad esempio disse che avrei potuto studiare anche in ambienti rumorosi. Quell’anno feci 4 interventi. Gli appuntamenti a Lugano con lui erano sempre all’insegna del buon umore: lasciavo le lastre e le guardava; non si é fatto mai pagare, neanche per gli interventi di 20. La clinica svizzera purtroppo sì, i miei han fatto salti mortali per pagare. Poi nel 2010 mi son salvata per caso: alcuni amici hanno comprato un apparecchio per le risonanze, che mi ha permesso di riscontrare che c’era stata la forte ricrescita di un tumore dell’acustico; intanto che aspettavo di esser chiamata in ospedale ho preparato con amiche il matrimonio di Lucia, una mia carissima amica. Non avevo ancora fatto corsi specifici sui fiori, però è stato un successo. E in seguito i fiori mi hanno aiutato prima e dopo gli interventi: programmavo un matrimonio dal letto di ospedale o appena operata, poi riacquistavo forze mentre lavoravo ai bouquet. E’ fondamentale l’aiuto di chi mi vuol bene. Due anni fa era cresciuto un altro tumore e ho chiesto al neurochirurgo di Bologna, che mi conosceva appena, se potevo procrastinare l’operazione perché avevo un matrimonio da preparare dopo un mese e lui ha risposto che mi avrebbe sistemata in tempo. Negli anni ho unito i puntini e visto che c’è un disegno bellissimo anche per me. Avrei potuto essere sanissima ma infelice. Ora ho una vita strana e non posso far milioni di cose tra cui aver bimbi e un lavoro stabile, ma ho tante cose lo stesso. Cose che altri giudicano scontate per me sono una vittoria e non posso non apprezzarle enormemente. Dovrei forse piangermi addosso? O esser incattivita come stanno diventando in tanti?


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L’incontro con tuo marito, il tuo matrimonio. Mi pare la storia di un amore che dice sì alla vita, un sogno pieno di realtà vissuta?

Mio marito è del Mozambico venuto qua a studiare. Un amico lo vedeva sempre in stazione e l’ha portato nel nostro gruppo di San Giacomo. Un’ state mi avevano tolto dei tumori nelle mani, avevo difficoltà a muoverle, e in biblioteca lui mi aiutò con i libri. Iniziammo a parlare, lo conoscevo solo di nome; sembra una favola ma é ancora qui. E non so ancora come fa. Riesce ad andare oltre l’aspetto esteriore; io peggioro di continuo: la paresi facciale a sinistra l’ho dal ’98 e peggiora. Nel 2014 ho dovuto fare raggi gamma e per un po’ la paresi l’ho avuta anche a destra. Lui riesce da sempre a farmi sentire normale e anzi mi fa migliorare tante volte, quando faccio cavolate.
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Paola Naldi

Come vivi la fede e il tuo rapporto con Dio?

Non ricordo tutto, ma son sicura che da piccola andavo a messa perché mia nonna mi sgridava. Dopo la cresima ho smesso; a 17anni ho incontrato il gruppo di amici di San Giacomo perché mi ha stimolato la mia logopedista che aveva la figlia che ci andava. Don Giuseppe Tagariello, che guida quel gruppo, era già mio prof da un anno ma non mi aveva molto allettato; in terza stavo perdendo sempre più l’udito, lui non sapeva come aiutarmi e si limitava a non interrogarmi più in storia e filosofia. Anche ora, anche se so che mi vuole un bene pazzesco, non sa come comportarsi con me. Ha sempre detto che sono una testimonianza vivente e 15 anni fa mi ha detto di scrivere un libro. Che ho poi iniziato. Nella compagnia ho trovato amici che mi hanno salvato; se non ci fossero stati loro che venivano da me a studiare, mentre ero obbligata a letto tra un ricovero e l’altro, penso che mi sarei suicidata. Ho col tempo metabolizzato e imparato a convivere con questa strana vita e ho poi visto il disegno buono per me. Ho realizzato davvero che Gesù mi ha preso in braccio e mi ha sempre aiutato ad affrontare le difficoltà. Anche ora quando vado a operarmi (e dal 2010 avviene spesso perché gli amici tumori crescono e spingono sul midollo e in testa) vado tranquilla, accompagnata da tanti messaggi e abbracci. So che mio marito e mamma non son da soli ad affrontare tutte le preoccupazioni che purtroppo do`loro. Sabato son tornata a messa dopo tanto tempo ed è stato molto emozionante vedere tanti amici felicissimi di vedermi.

Benedetta Bianchi Porro, ha attraversato il tuo stesso percorso di malattia. La conosci?

La conosco da un po’, ma non mi posso assolutamente paragonare. Io ho un mare di difetti fragilità mancanze, però come diceva il neurochirurgo svizzero: ci son alcune malattie che ti cambiano ma in meglio. Siamo un po’ come quella pubblicità di un’auto che ho visto poco tempo fa: un piccolo agnello nero che affronta grandi prove fino a sfidare il SUV. Non da solo. Così noi ci pieghiamo ma non ci spezziamo. Letteralmente. Ora non ho muscoli né forza, ma ho ripreso la palestra. So che posso un po’ migliorare fisicamente e ci riprovo. Scrivo al cellulare con i 2 pollici così sembro più normale. La mano destra dal 2010, dopo ennesimo intervento in testa, ha ceduto e a malapena firmo.

Ti sei costruita un lavoro: allestire composizioni floreali per matrimoni. I fiori parlano di una pienezza visibile, di bellezza e compimento. Come hai capito che era il tuo talento? Cosa è nato di bello da quest’impresa personale?

Non avevo idea di saper far qualcosa con i fiori, avevo un po’ di talento e buon gusto. Poi ho fatto corsi e più ci si applica più si migliora. Da quando lavoro ho sempre mantenuto gli impegni presi. Non immaginavo che fosse così bello lavorare con i fiori e creare bei rapporti con gli sposi …. che poi durano nel tempo grazie ai social. Le recensioni mi commuovono sempre. Però sicuramente se non avessi avuto aiuto non ce l’avrei fatta. E proprio grazie a un intervento di 2 anni fa ho conosciuto un ragazzo strepitoso, molto maturo sotto tanti aspetti, ma anche compagno di bevute di mio marito. È un po’ come un figlio, se fossi rimasta incinta al liceo. Mi aiuta con i matrimoni e anche per far due risate. Si può dire che ci siamo conosciuti per puro caso e non ci siamo lasciati più . Cosa non cosi scontata perché ho tantissimi amici che mi vogliono bene di tutte le età però tutti hanno talmente tanti impegni … e poi purtroppo uno dice “chiama se hai bisogno!”. Mi sono fatta una teoria cioè che magari c’è chi si sente stupido a dirmi i suoi problemi, anche se io invece l’ascolterei volentieri e cercherei di dar qualche consiglio. Dalla scorsa primavera la mia super mamma ha bisogno di me perché ora è in una situazione di salute brutta. Una volta mi capitò di essere in pre sala operatoria con dei malati, ciascuno aspettando il suo turno, il medico era in sala con gente che urlava e spaventava gli altri. Io iniziai a parlare coi paziente e a far coraggio, senza sapere che in sala si sentiva tutto. Il dottore fece i complimenti a mia madre, a me non pareva proprio di aver fatto chissà che.