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Vuoi pregare? consegna a Gesù la tua sofferenza!

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don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 03/12/18

Quante cose ci stanno a cuore? Quante cose viviamo nelle nostre giornate? Dovremmo imparare a raccontare a Gesù tutto.

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».

Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli». (Mt 8,5-11)

“Signore, il mio servo giace in casa paralitico e soffre moltissimo”. La prima grande lezione del vangelo di oggi ci viene da questa iniziale parola pronunciata dal centurione romano. Paradossalmente egli non chiede, ma racconta a Gesù quello che sta vivendo, e consegna a Gesù la sofferenza di questo suo servo, che a quanto pare gli deve stare particolarmente a cuore se si mette a cercare una soluzione. Quante cose ci stanno a cuore? Quante cose viviamo nelle nostre giornate? Dovremmo imparare a raccontare a Gesù tutto. A raccontare a Gesù la nostra sofferenza o la sofferenza che incontriamo sul nostro cammino, specie nel volto dei fratelli che incrociamo. La preghiera è innanzitutto questa consegna delle cose. Prima ancora di essere una richiesta è una sorta di affidamento. Poter dire a qualcuno ciò che sto vivendo è già un immenso miracolo. Gesù non solo ascolta ma previene anche la preghiera implicita nascosta in quel racconto: “Gesù gli disse: «Io verrò e lo guarirò»”. Ma è proprio a questo punto che la scena stupisce ancora di più perché il centurione romano mostra una fede immensa, più grande anche di quello che Gesù sta per fare recandosi a casa sua: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”. Che è un po’ come dire: “Signore io mi fido talmente tanto di te che sono certo che tu farai qualcosa per lui anche senza che io lo veda o che me ne accorga mai. Io mi fido di te al punto che non importa che veda io come farai, ma sono certo che ciò che è giusto per lui lo farai”. Gesù è colpito dalla fede di quest’uomo, che tra l’altro non fa parte proprio di una cerchia di credenti, ma bensì del gruppo degli oppressori di Israele. “Gesù, udito questo, ne restò meravigliato, e disse a quelli che lo seguivano: «Io vi dico in verità che in nessuno, in Israele, ho trovato una fede così grande!»”. Infatti è grande la fede di chi prega senza cercare segni, ma con l’intima certezza che Chi ci ama non può non ascoltarci e fare ciò che è giusto. (Mt 8,5-11)

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