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La storia incredibile della ricerca delle ossa di San Pietro

November 24, 2013 : Pope Francis kisses the relics of the Apostle Peter on the altar during a mass at St. Peter’s Square at the Vatican

Alessia Giuliani | CPP

Papa Francesco bacia le reliquie dell'Apostolo Pietro sull'altare durante una Messa in Piazza San Pietro in Vaticano

Stephen Beale - pubblicato il 02/11/18

Addentrandosi nella storia della necropoli sotto il Vaticano, gli operai “viaggiavano indietro nel tempo”

Nel 1941, mentre le bombe cadevano su Londra, i carri armati tedeschi entravano in Russia e la maggior parte dell’Europa continentale era sotto il dominio dei nazisti o dei loro alleati, aveva luogo una delle più epiche ricerche archeologiche della storia.

Sotto la basilica di San Pietro, gli operai avevano avviato la ricerca delle ossa del primo Papa, che secondo la tradizione della Chiesa era stato martirizzato e sepolto proprio lì.

È iniziato tutto con un incidente.

Nel 1939, gli operai stavano scavando sotto il pavimento delle grotte accanto all’altare di San Pietro per fare spazio a una cappella in cui Papa Pio XI, defunto da poco, aveva chiesto di essere seppellito. All’improvviso il pavimento crollò, rivelando un’antica camera mortuaria romana con affreschi faunistici e la tomba di una giovane donna crisiana – il tutto nascosto alla vista per oltre un millennio.

Quando venne informato della scoperta, Papa Pio XII si trovò di fronte a una scelta: la tradizione della Chiesa sostiene che il primo Papa venne martirizzato e sepolto a Roma. Portare avanti gli scavi avrebbe potuto verificare quella tradizione, ma dall’altro lato il mancato ritrovamento dei resti sarebbe stato “profondamente inquietante” considerando lo status di Roma come sede del papato, come spiega John O’Neill nel suo libro recente The Fisherman’s Tomb, che racconta la storia della ricerca della tomba di San Pietro. Pio XII decise di osare per via della sua “fiducia incrollabile nel fatto che Pietro si trovasse lì” (il resoconto presentato in questa sede è basato sul libro di O’Neill).

Gli scavi iniziarono avvalendosi di un importante indizio sulla collocazione dei resti di San Pietro. Uno dei tesori della Biblioteca vaticana, il Libro dei Papi, di 1.500 anni fa, descriveva dettagliatamente il luogo in cui riposavano le ossa di Pietro – in un sarcofago bronzeo chiuso nel marmo e circondato da altri tesori. Un monumento noto come Trofeo di Gaio avrebbe dovuto indicare la sua esatta ubicazione.

Gli scavi hanno richiesto un grande lavoro e la costruzione di pilastri speciali per sostenere la basilica e gli altri edifici vaticani – quella che O’Neill descrive come “una delle strutture più grandi e pesanti della Terra”. Per ordine del Papa, i lavori dovevano essere condotti nella massima segretezza, e quindi era proibito l’uso di utensili elettrici. Il tutto è stato possibile grazie al sostegno finanziario di un petroliere texano, un devoto cattolico di nome George Strake, che ha contribuito a condizione di mantenere l’anonimato.

Man mano che gli operai si addentravano nella storia della necropoli sottostante il Vaticano, come ha affermato O’Neill “viaggiavano indietro nel tempo”. Eliminando i detriti è venuto alla luce il mondo dell’antica Roma. Sono state scoperte tombe di famiglia pagane, insieme a numerose statue e ad affreschi dell’eroe Ercole e del dio Plutone.

Fino a quel momento, gli operai si erano imbattuti in un unico riferimento a Pietro – un dipinto che raffigurava questi con Cristo insieme a un’iscrizione che invocava le preghiere dell’apostolo.

Poi il team, guidato dal sacerdote vaticanista e archeologo Antonio Ferrua, si trovò davanti alla svolta: un’altra tomba sotterranea, con immagini cristiane del Cristo risorto, del Buon Pastore e di Giona e la balena.

Incoraggiato dalla scoperta, il team proseguì, trovando un altare di epoca rinascimentale e altri due risalenti al periodo delle Crociate. Si ritrovò poi di fronte a due muri – il Muro Rosso, dell’epoca di Marco Aurelio (160), e un altro, noto come Muro dei Graffiti, risalente al 250. Il secondo si sarebbe in seguito dimostrato fondamentale per la ricerca, ma per il momento gli scavi andarono avanti.

Nel 1942 gli operai trovarono quello che ritenevano il Trofeo di Gaio. Anche se non c’era un sarcofago o una struttura che lo racchiudesse, scoprirono delle ossa in una piccola apertura del Muro Rosso. Il medico personale del Papa esaminò i resti e dichiarò che appartenavano a un uomo di circa 65 anni. Il mondo non avrebbe saputo dell’apparente scoperta fino a sette anni dopo, quando un giornalista italiano rivelò tutta la questione.

In un certo senso, tuttavia, la ricerca delle ossa di San Pietro era solo all’inizio.

In primo luogo, il Vaticano dovette assicurare che Roma venisse risparmiata dalla devastazione che flagellò altre città europee. Gli americani evitarono bombardamenti e altri attacchi a Roma grazie agli sforzi diplomatici di tre sacerdoti – monsignor Giovanni Battista Montini, Walter Carroll e Joseph McGeough (il primo sarebbe poi diventato Papa con il nome di Paolo VI, gli altri due erano di origine statunitense). Il Vaticano riuscì anche a far sì che i tedeschi in ritarata si astenessero dal devastare Roma.

La città sopravvisse alla II Guerra Mondiale e lo stesso fecero le presunte ossa di Pietro. Nel 1950, un anno dopo che la scoperta era diventata pubblica, la nota archeologa italiana Margherita Guarducci venne invitata a esaminare la necropoli scavata sotto il Vaticano, e scoprì che il team non aveva rispettato le “procedure archeologiche di base”, secondo O’Neill. L’esperta informò Papa Pio XII, che la incaricò del progetto.

Tra i primi compiti della Guarducci c’era il fatto di dover decifrare le iscrizioni sul Muro dei Graffiti, in precedenza ignorate. Trale lettere c’erano elementi cristiani profondamente simbolici come la P per Pietro, la R per Resurrezione e la T a indicare la croce. La Guarducci trovò poi un indizio fondamentale: un’iscrizione che recitava “Vicino Pietro”. Accanto a questa ce n’era un’altra che aveva notato in precedenza: “Pietro è qui”.

Un antropologo medico esaminò successivamente le ossa che si era inizialmente pensato fossero di San Pietro e stabilì che il ritrovamento era falso; in seguito verificò l’autenticità del secondo ritrovamento. Nel 1965, il Vaticano pubblicò un rapporto della Guarducci sulla nuova scoperta.

Ferrua, il predecessore della Guarducci, lanciò però una campagna di disinformazione sfidando l’autenticità del lavoro dell’archeologa. Dopo la morte di Papa Paolo VI nel 1978, la Guarducci perse uno dei suoi alleati fondamentali in Vaticano. Dalla sua posizione di Rettore del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Ferrua riuscì a mettere da parte la Guarducci e fece rimuovere le ossa dal Muro dei Graffici. Il risultato fu che la verità sulle ossa di San Pietro rimase oggetto di controversie per decenni.

Papa Benedetto XVI ha poi ordinato una revisione della questione, conclusa sotto Papa Francesco. L’indagine ha ribadito le conclusioni della Guarducci, e il 5 dicembre 2013 Francesco ha fatto ricollocare le ossa nel luogo in cui riposavano in precedenza.

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