“Tutto tua madre” racconta la difficoltà di diventare genitori, il dolore dell’infertilità, il trauma di un aborto spontaneo e la gioia di essere padre. Ma J-Ax avrà capito che non siamo padroni della vita?Caro J-Ax,
ho ascoltato due giorni fa “Tutto tua madre”. Starai pensando “buongiorno zia, arrivi in ritardo. Il brano suona in radio da un po’, lo sai?”. Sì, è vero, ma sono mamma di una bambina di sette mesi e quindi ho la giustificazione, che dici?
“Aspetta, non piangere, fammi sentire!” ripeto vanamente a mia figlia per ascoltare una notizia al tg o una nuova canzone, e poi guardo mio marito: “Tu amore sei riuscito a sentire?” gli chiedo, prima di scoppiare a ridere perché lei magari a quel punto tace davvero, incuriosita dal nostro parlare.
“Per fortuna assomigli a tua madre, per fortuna sei tutto tua madre”
“Per fortuna assomigli a tua madre, per fortuna sei tutto tua madre” canti nel ritornello. C’è dichiarazione d’amore più grande per una donna? “La cosa più importante che un padre può fare per i suoi figli è amare la loro madre” cita una frase famosa, ed è proprio così. Ascoltando queste parole l’emozione mi ha colto inaspettata, come solitamente non mi accade con la tua musica. Nel brano parli della sofferenza di non riuscire ad avere un figlio e anche del dolore profondo che si prova quando si perde un bambino.
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Io paralizzato come un brutto sogno
Mentre lei piangeva e cadeva in ginocchio
E in quel momento mi si è rotto qualche cosa dentro
per la prima volta mi sono sentito vecchio
Il dolore di quando un figlio non arriva l’ho provato anche io per 4 anni: pieni di visite, esami, test negativi, attese, paure, pianti, sogni, speranze. Un dolore grande, viscerale che hai raccontato con parole semplici, struggenti dipingendo anche la rabbia e il disagio di fronte alla fatidica domanda “e voi? quando lo fate un bambino?”. Tutto questo mi ha fatto immediatamente pensare ad una cosa: siamo distanti anni luce su quasi tutto io e te Ax, ma condividiamo una ferita, io, te e il resto del mondo, in fondo siamo tutti uguali, piccoli, feriti.
Quand’è che ci fate un figlio?
tutti la stessa domanda
Io trattenevo la rabbia
Perché avrei voluto spaccargli la faccia
Avevo perso da mò la speranza
Non sopportavo più tutto quel dramma
Ad avere coraggio ci pensava mamma
Nel tempo del dolore dell’infertilità hai mai pregato, J-Ax?
Il mio dramma, la mia ferita, l’ho affidata al Signore, all’intercessione di Maria, pregando prima di darmi un figlio a tutti i costi, “perché io me lo merito!” e poi chiedendo solo di aiutarmi a fare la Sua volontà. E visto che nel Vangelo è scritto “Chiedete e vi sarà dato” e che il nostro è un Dio generoso anche noi miracolosamente – dopo che i dottori avevano detto che naturalmente non sarebbe stato possibile – abbiamo ricevuto la splendida notizia di aspettare un figlio. E tu? Nel tempo del dolore dell’infertilità hai mai pregato, J-Ax? La tua sofferenza a chi l’hai offerta? Non lo so, ma a Dio ci hai pensato perché lo hai scritto anche nella tua canzone:
Messo alle corde anch’io
Pensavo alla religione
Se un figlio è un dono di Dio
Forse questa era la mia punizione
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“I vostri figli non sono i vostri figli”
L’attesa è un tempo utile per comprendere che un figlio non è un diritto, né un possesso, nemmeno una volta che è venuto al mondo, che un figlio non è un premio per le buone azioni compiute e quindi neppure una punizione per le cattive. Ma ci vuole tempo per comprenderlo, all’inizio il dolore acceca tutto, io ero come una trottola impazzita alla ricerca di una soluzione, di un motivo, di una ragione. E invece poi ho capito che diventare madre non era un diritto ma una grazia da chiedere e un figlio un dono da accogliere e custodire, come ci ha ricordato Papa Francesco pochi giorni fa. Perché non siamo padroni della vita, né noi genitori, né i medici che con la tecnica vorrebbero sostituirsi al mistero, al Signore della Vita di cui siamo tutti figli.
Gibran ne Il Profeta scrive:
“I vostri figli non sono i vostri figli. Essi sono i figli e le figlie del desiderio che la Vita ha di se stessa. Essi vengono tramite voi ma non da voi, e sebbene essi stiano con voi, essi non vi appartengono”.
Abbiamo tutti iscritto dentro, nel corpo e nel cuore, il desiderio di dare la vita: questa è la notizia stupefacente! Anche tu che pensi di essere un ribelle e che dell’anticonformismo hai fatto la tua bandiera. Ma cosa c’è oggi di più anticonformista che essere padre? Di lasciarsi consumare da un figlio, prendersi cura di lui, guardarlo crescere, accompagnarlo, buttare il telefono per godere del tempo insieme senza distrazioni? E poi mostrare a tutti – da novello papà orgoglioso, pacioccone e rimbambito – la sua fotografia per dire: è tutto sua madre.
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Da mamma hai preso il nasino
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quando non dormi mai fino al mattino
quando fai casino rido perché
la testa dura e la voglia di urlare quelle le hai prese da me
Le hai prese da me
E ti porterò lontano con la forza di un missile
e ti prenderò per mano
ti porterò a giocare su un prato
E il telefono l’ho buttato
e ho buttato tutte le pare
per fortuna assomigli a tua madre
per fortuna sei tutto tua madre
Auguri Ax!