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Ovodonazione e fecondazione eterologa: quanta dolo(ro)sa ignoranza!

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 13/07/18

I rischi, le falsità e gli interessi economici che ruotano intorno alle pratiche di procreazione assistita

In un recente articolo apparso su Repubblica, una ventinovenne siciliana trapiantata a Roma dove svolge la professione di avvocato civilista rende pubblica la sua scelta per l’ovodonazione e le ragioni che l’hanno determinata.

“Ho deciso quando ho visto la sofferenza di una mia cara amica, Chiara, che non riusciva ad avere figli. L’ho vista tentare ogni tipo di terapia, tre fecondazioni assistite, tre fallimenti, tre tragedie. Ho condiviso il suo dolore. Per lei, hanno detto i medici, non c’era scelta che l’eterologa, ossia una gravidanza grazie all’ovocita di un’altra donna. Ma in Italia è quasi impossibile, le donazioni sono inesistenti. Così ho deciso di donare i miei di ovociti. Tre giorni fa mi hanno fatto il prelievo, ho prodotto 14 uova sanissime, sono felice e già tornata al lavoro” (Ibidem).

Il fascino superficialmente seducente di testimonianze a favore della fecondazione eterologa

Questa testimonianza, con la sua premessa dal tasso altamente emotivo e il tono trionfante del finale, potrebbe suonare come uno spot accattivante a favore della ovodonazione e della fecondazione eterologa, la quale trova la sua indispensabile premessa nella disponibilità di gameti esterni alla coppia. Pur non nutrendo dubbi sulla buona fede della donatrice intervistata dal quotidiano romano, e sullo spirito altruistico che l’ha animata, ci corre l’obbligo di affrontare a tutto tondo questa complessa tematica sotto il profilo scientifico, psicologico, etico-giuridico ed economico, non foss’altro che per fare seriamente gli “avvocati del diavolo”.

Il business della procreazione assistita

Come riportato da Mario Adinolfi nel libro: “O capiamo o moriamo”, sono circa sette milioni i bambini nati dopo Luise Brown, la prima neonata venuta alla luce nel Luglio del 1978, grazie alla fecondazione in vitro. Complessivamente ogni anno nel mondo nascono più di 400.000 bambini con procedure di procreazione medicalmente assistita (pma), generando un volume di affari calcolato in circa 3,5 miliardi di dollari. Nel 2015 in Italia settantaquattromila coppie si sono sottoposte a queste procedure che hanno portato alla nascita di circa 13.000 bambini.




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Il “diritto” al figlio e i suoi costi economici per la collettività

Con una decisione che ha sollevato non poche critiche, le pma sono state inserite nei livelli essenziali di assistenza (lea), prestazioni sanitarie garantite gratuitamente a tutti i cittadini dal SSN, e ovviamente poste a carico della collettività nazionale. Il costo medio per ciascun ciclo (mediamente ne vengono effettuati almeno due o tre) oscilla fra i 2 ed i 3 mila euro in caso di fecondazione omologa (con entrambi i gameti appartenenti alla coppia), sale a circa 5 mila euro per la fecondazione eterologa (con il gamete maschile o femminile da donatore), che comporta anche gli oneri connessi alle procedure relative alla donazione di ovuli o di sperma, perincrementarsi ulteriormente con la fecondazione eterologa doppia (con entrambi i gameti forniti da donatori) (Mario Adinolfi, O Capiamo o moriamo).

L’adozione viene svantaggiata a favore della procreazione assistita

La prima osservazione riguarda la evidente sperequazione tra quanto previsto per la fecondazione assistita rispetto alla adozione poiché, relativamente ai costi connessi, per la seconda non viene assunto alcun onere economico da parte dello Stato. Inoltre mentre per l’adozione giuristi e psicologi hanno man mano posto vincoli sempre più stretti, per la fecondazione assistita ed eterologa non vi sono norme altrettanto rigide in quanto vengono a prevalere gli aspetti commerciali su quelli strettamente medici.

I rischi della ovodonazione

Passando agli aspetti etico-scientifici si deve rilevare come le ovodonatrici siano spesso destinatarie di una scarsa informazione sui rischi della procedura che comporta una massiccia ed artificiale stimolazione ormonale per raccogliere in laparoscopia i numerosi ovociti necessari per portare a termine le successive fasi della fecondazione eterologa: infezioni peritoneali, emorragie, sindrome da iperstimolazione ovarica con sviluppo di cisti ed eventuale quadro di addome acuto.

L’embrioriduzione ovvero la soppressione di vite nascenti

Anche la coppia che si appresta ad effettuare una fecondazione assistita non vede sempre chiaramente esplicitati i rischi connessi.

L’embrioriduzione, ossia l’intervento chirurgico per l’eliminazione di uno o più degli embrioni (Sic!!!) impiantati in una gravidanza che si rivela multipla con l’obiettivo di ridurre le nascite premature e migliorare la prognosi degli embrioni residui, comporta un rischio di aborto del 10% (fecondazioneeterologaitalia.it).

I rischi per i nati da procreazione assistita

Uno studio danese ha evidenziato come i bambini nati da un trattamento di fecondazione assistita hanno un rischio maggiore del 33% di sviluppare un tumore pediatrico (Aleteia), specialmente a carico del sangue e del sistema nervoso centrale. Negli Stati Uniti l’aumento esponenziale di nati attraverso la fecondazione eterologa sta causando un concreto rischio di “incesti inconsapevoli” tra fratellastri e sorellastre figli del medesimo soggetto donante, fattore che aumenta notevolmente la probabilità di malattie genetiche anche molto rare nella loro prole (fecondazioneeterologaitalia.it). Varie ricerche scientifiche, fra cui una del 2014 pubblicata sulla autorevole rivista British Medical Journal, affermano che il rischio di complicazioni nel parto è il doppio di quello del concepimento normale: gravidanze gemellari con evenienze sfavorevoli per i nascituri e la madre, parti prematuri, basso peso alla nascita, feto morto o morte neonatale (Aleteia). La ricerca inglese rileva inoltre che “i bambini sani concepiti grazie alla fecondazione artificiale hanno più probabilità rispetto a quelli concepiti naturalmente di soffrire di pressione alta, obesità, livelli di glucosio anormali e disfunzioni vascolari” (Ibidem).

Tra i rischi che la coppia deve conoscere vi è il possibile scambio di embrioni da impiantare nell’utero materno (evento già verificatosi anche nel nostro Paese) e la manipolazione degli ovociti – procedura già di per sé innaturalmente intrusiva – in condizioni chimiche non appropriate con danno al materiale genetico e la conseguente possibilità di sviluppo di malformazioni e neoplasie nel nascituro (Aleteia).




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I problemi psicologici dei nati da fecondazione eterologa

Per fare solo un breve accenno ai problemi psicosociali correlati alla fecondazione eterologa è quasi superfluo sottolineare come ogni essere umano ha insito in sé il bisogno di sapere quale è la sua origine, e che i dati statistici fanno rilevare come molte persone, dopo aver scoperto di essere figli di un diverso genitore biologico, hanno sviluppato rilevanti problematiche psicologiche a causa del vissuto di assenza che si viene ad insinuare in loro. A questo si aggiunga, nell’ormai frequente caso di donatori seriali, il desiderio di conoscere i propri fratellastri e sorellastre sparsi chissà dove.

Gli aspetti etico-giuridici

Passando agli aspetti etico-giuridici è necessario riflettere attentamente sui possibili sviluppi normativi che possono originare dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 162/2014 che ha affermato che la fecondazione eterologa non ha alcuna relazione con la pratica dell’utero in affitto (Mauro Ronco, Il Foglio). Se è vero che i presupposti della fecondazione eterologa sono per un aspetto il “diritto” al figlio, e per l’altro la sterilità o l’infertilità di coppia, non si vede come in un prossimo domani non si dovrebbe ritenere giuridicamente ammissibile in una donna non in grado di portare avanti la gravidanza, o la cui salute potrebbe essere pregiudicata dalla stessa, impiantare l’embrione nell’utero di un’altra in surroga “volontaria” di quella stabilmente o temporaneamente impossibilitata.




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Il figlio ricercato non come dono ma “oggetto”

Riprendendo passaggi di una nostra intervista al Dottor Coviello, dobbiamo onestamente prendere atto della divaricazione che si è determinata fra i ritmi naturali della biologia e il contesto socio-antropologico che si è venuto a delineare nella società occidentale. In essa “il valore non è più l’uomo come essere umano e membro di una comunità ma l’uomo come individuo che si sente arbitro verso altri individui (…) Il desiderio di maternità e paternità diventa così impropriamente desiderio di un oggetto, non più di un atto d’amore. Quindi tale si seleziona con le caratteristiche desiderate: si supera così il concetto di amore gratuito della maternità e paternità, per il quale si accoglie come un dono la nuova vita che non è di proprietà ma ci viene solo affidata e la si accompagna fino alla vita adulta” (Aleteia).

L’industria della procreazione assistita

Su tutto viene a primeggiare il valore del dio denaro, dell’agiatezza economica che comporta in questo campo enormi ricadute. Un’altra ricerca del British Medical Journal arriva ad affermare: “La fecondazione si è sviluppata in molte parti del mondo come un’industria che genera profitto (…), che non si preoccupa di fare analisi a lungo termine sulla salute delle madri e dei bambini. Questo è vero non solo per le cliniche private ma anche per le istituzioni accademiche, che hanno ottenuto ingenti guadagni economici” (Aleteia). La fecondazione in vitro infatti viene oggi proposta già dopo un anno di infertilità, anche se sappiamo bene che molte infecondità spesso non sono vere sterilità, ma solo condizioni temporanee dovute ad errati stili di vita ed allo stress conseguente.




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La vera terapia dell’infertilità è la prevenzione non la pma

Essa inoltre viene spacciata come una terapia ma questa è una gigantesca falsificazione perché non cura nulla ma bypassa unicamente il problema della infertilità senza risolverlo. La vera soluzione è la prevenzione che deve rispettare la fisiologia della donna il cui massimo livello di fecondità è tra i 15 ed i 25 anni, mentre oggi il momento della disponibilità alla maternità viene rimandato addirittura dopo i 35 anni. Come afferma il dott. Coviello:

“(…) il vero problema è di ordine sociale e non medico e consiste nel fatto che le persone oggi hanno cambiato il loro modo di vivere spostando sempre più avanti il loro desiderio di maternità e paternità per dare precedenza al lavoro o a stili di vita che privilegiano l’individuo – con rapporti meno stabili – piuttosto che la coppia e la famiglia e ciò va contro la natura di cui la fisiologia della donna fa parte. La prevenzione è, come in questo caso fanno le istituzioni dei paesi scandinavi, aiutare i giovani a creare delle famiglie nell’epoca giusta. In Svezia e Finlandia ci sono sovvenzioni per i giovani che si sposano e vogliono avere una famiglia, ci sono sistemi di asili nelle università o sul lavoro” (Aleteia).

Tornando alle affermazioni di Martina intervistata da Repubblica, comprese quelle circa la sua disponibilità ad offrirsi come madre surrogata o la prospettiva di diventare mamma anche in assenza di un rapporto di coppia, quello che è emerge è la convinzione ormai ampiamente diffusa nella società di un legittimo potere decisionale assoluto da parte dell’uomo circa la procreazione, alterando i meccanismi naturali della fecondazione grazie alle tecniche di manipolazione dei gameti, sui cui rischi la scienza sa effettivamente ancora molto poco. Avere un figlio diventa così non il frutto gratuito dell’amore di un uomo e di una donna, ma la ricerca, anche come individui singoli, di un oggetto se pur speciale, come affermazione narcisistica di se stessi trascurando completamente il diritto del bambino a nascere dal desiderio di un padre e di una madre.




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