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Cosa sta facendo la Chiesa per evitare scandali sessuali nei seminari?

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 04/07/18
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Il problema delle fragilità e delle persone omosessuali che vogliono farsi prete è reale. Un nuovo documento lo sta affrontando. Ecco cosa dice e perché dovrebbero recepirlo fino in fondo (sopratutto i vescovi)

Sul mensile de Il Fatto Quotidiano, Millennium (giugno 2018), un dossier del sociologo dell’Università di Bergamo Marco Marzano riaccende i riflettori su una delicata questione: seminario, sesso, omosessualità.

L’articolo di Marzano parla di un architetto omosessuale di Milano che da giovanissimo era entrato in seminario:

Stanza di un seminario del Nord Italia, pomeriggio d’autunno, subito dopo la ripresa della scuola. Il quattordicenne Carlo e il suo padre spirituale sono sdraiati vicini sul letto, quando il don si alza di scatto e si precipita verso il bagno, in fondo al lungo corridoio del suo appartamento. Dopo qualche istante, Carlo decide di seguirlo, teme che non si senta bene, che possa aver bisogno di aiuto. Quando arriva dinanzi alla porta spalancata del bagno però, lo spettacolo che gli si para davanti non è quello di un adulto che sta male, ma di un uomo in preda a una furiosa eccitazione.

La storia diventa sempre più pruriginosa e innesta tutti quegli elementi secondo cui la normalità nei seminari sarebbe formata da quantità industriale di omosessuali, relazioni tra preti e seminaristi, clima orgiastico, lo psicologo che vuole rimuovere la tendenza, ecc. L’autore per rafforzare questi tesi snocciola dati sul calo delle vocazioni (senza citare le fonti) e cita libri di studiosi anticlericali che dipingono la vita seminariale con scenari da brivido.


Rev. Gregory Greiten
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La sessualità nel seminario

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12:30 pm- Br Bernardino peeking out from the row of seminarians he sits with.

Marzano ingigantisce un problema reale, cioè l’approccio di persone con tendenze omosessuali all’ambito clericale, per corroborare la  tesi secondo cui se cade il vincolo del celibato, si migliora la sessualità dei seminaristi.

Il nostro obiettivo non è quello di rovesciare le tesi del sociologo, né ci interessa controbattere ad un dibattito viziato evidentemente da pregiudizi, ma spiegare, in modo utile e costruttivo, cosa la Chiesa sta facendo per migliorare la qualità della formazione nei seminari.

Cioè fare in modo che la sessualità di chi entra nel seminario non diventi un argomento tabù, né porti ad episodi degeneranti come quello narrato da Marzano, che tuttavia, possono accadere.



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Come individuare la vocazione

Nella recente Ratio fundametalis, “Il dono della vocazione presbiteriale”, la Congregazione per il Clero, datata 8 dicembre 2016, quindi in pieno pontificato di Francesco, si danno delle direttive alle Conferenze Episcopali, Istituti di Vita Consacrata, Società di Vita Apostolica, Prelature, Ordinariati militari.

In sostanza, come si individua l’esistenza di una vocazione in quella persona che vuole entrare nel Seminario? Le porte sono aperte a tutti? E una volta dentro il seminario, cosa accade? La formazione che regole deve seguire per evitare che si ripetano episodi spiacevoli legati anche ad abusi nei confronti dei seminaristi?

La maturazione degli adolescenti

«La pastorale vocazionale – dice la Ratio – mira a riconoscere e accompagnare la risposta alla chiamata interiore del Signore. Questo processo deve favorire la crescita delle qualità umane e spirituali della persona e verificarne l’autenticità delle motivazioni. Lo scopo del Seminario Minore è aiutare la maturazione umana e cristiana degli adolescenti che mostrano di avere in sé i germi della vocazione al sacerdozio ministeriale».

Durante il cammino vocazionale nel Seminario Minore «dovrà essere presa in considerazione la dinamica della crescita della persone, in modo adeguato all’età e con particolare riferimento ad alcuni aspetti: la sincerità e lealtà di fronte a sé e agli altri, il progressivo sviluppo affettivo (…)». 

Fragilità da sanare

La Chiesa riconosce in questi ragazzi la presenza di «limiti e fragilità», ma anche di «doti e ricchezze». «Il compito formativo consiste nel cercare di aiutare la persona ad integrare questi aspetti, sotto l’influsso dello Spirito Santo».

Per la formazione del candidato «bisogna riflettere circa l’identità del presbitero. Una prima considerazione deve essere di natura teologica, in quanto la vocazione al presbiterato è radicata e trova la sua ragion d’essere in Dio, nel suo disegno d’amore».



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Ad immagine di Cristo

«L’ordinazione presbiteriale richiede, in chi la riceve, una donazione totale di sé per il servizio al Popolo di Dio, a immagine di Cristo Sposo. Il presbitero è chiamato ad assumere in sé i sentimenti e gli atteggiamenti di Cristo nei riguardi della Chiesa».

“Serenità affettiva”

In una vita donata a Cristo, c’è spazio per una relazione affettiva con un’altra persona? La risposta è negativa. Il seminarista «è anzitutto chiamato a quella serenità di fondo, umana e spirituale, che superata ogni forma di protagonismo o dipendenza affettiva, gli consente di essere l’uomo della comunione, della missione e del dialogo».

La formazione sacerdotale è «un cammino di trasformazione che rinnova il cuore e la mente della persona, affinché essa possa “discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm, 12,2)».



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Dire la verità al suo Padre Spirituale

Se si comprende la grandezza della missione da presbitero che gli aspetta, il seminarista capirà anche che è fondamentale relazionarsi «in modo sincero e trasparente coni formatori. I colloqui con loro devono essere regolari e frequenti».

Durante le varie tappe del percorso in seminario, «l’insorgere di contraddizioni che ancora potrebbero permanere nella personalità del seminarista  è un problema che si deve necessariamente affrontare. Con un accompagnamento in ambito spirituale e(o psicologico. Sarà utile intensificare il rapporto con il proprio direttore spirituale»

Il celibato

In questo contesto è cruciale la «sfida del celibato», per evitare «una regressione affettiva che induce a dare spazio indebito ai propri bisogni e cercare compensazioni, impedendo l’esercizio della paternità sacerdotale e della carità pastorale».



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“Omosessualità profondamente radicata”

E a questo punto la Ratio spiega in modo chiaro perché escludere dal seminario persone con tendenze omosessuali.

«La Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne. Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’Ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate».



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Tendenze “transitorie”

«Qualora si trattasse di tendenze omosessuali che fossero solo l’espressione di un problema transitorio – evidenzia il documento – come, ad esempio, quello di un’adolescenza non ancora compiuta, esse devono comunque essere chiaramente superate almeno tre anni prima dell’Ordinazione diagonale».

Peraltro eventuali dubbi o difficoltà in questo ambito vanno spiegate ai formatori, nell’ottica del dialogo sincero e di una reciproca fiducia.

In tale contesto, «se un candidato pratica l’omosessualità o presenta tendenze omosessuali profondamente radicate, il suo direttore spirituale, così come il suo confessore, hanno il dovere di dissuaderlo verso l’Ordinazione».



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“Gravemente disonesto”

«Sarebbe gravemente disonesto – conclude la Ratio – che un candidato occultasse la propria omosessualità per accedere, nonostante tutto, all’Ordinazione. Un atteggiamento così inautentico non corrisponde allo spirito di verità, lealtà, disponibilità, che deve caratterizzare la personalità di colui che ritiene di essere chiamato a servire Cristo e la sua Chiesa nel ministero sacerdotale».

Quando serve prudenza

Va sottolineato che la Ratio non interviene solo su casi di persone con tendenze omosessuali, o su presunte fragilità sessuali, ma invita alla prudenza ogni qual volta ci si confronta con persone deboli e in difficoltà.

In conclusione «compete alla Chiesa discernere l’idoneità di colui che desidera entrare nel Seminario» e poi formarlo adeguatamente solo ed esclusivamente se si coglie la vocazione.

Ben vengano test, esami, scrutini, per comprendere l’evoluzione del seminarista, ma se non sussistono le condizioni la Ratio parla chiaro: la persona va rimossa dal Seminario.



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Da Paese a Paese

Questa Ratio deve essere recepita a livello locale, anche alla luce dei contesti in cui si vive, sulla base delle consuetudini o della cultura di quel luogo. Da Paese a Paese, i vescovi e i formatori dei futuri presbiteri dovranno verificare con molta attenzione le motivazioni che spingono ad un eventuale ingresso nella vita clericale. 

Avvertire una presunta vocazione in Italia, è ben diverso se accade ad una persona di una diocesi tedesca, così come negli Stati Uniti l’approccio vocazionale è diverso da quello che avviene nel cuore della Savana in Africa.

Il cattivo esempio

Un ruolo cruciale, nel seguire nel migliore dei modi le direttive impartite dalla Ratio, lo hanno i vescovi, i rettori dei seminari, o coloro che sono alla guida di Istituti di formazione di futuri presbiteri.

Certamente un cattivo esempio da abbattere è quello del Padre Spirituale raccontato nell’articolo di Marzano, omosessuale che si eccita alla vista del giovane adolescente nei confronti del quale dovrebbe avere tutt’altro ruolo paterno (e che ovviamente non è in grado di garantire).



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Il caso di Cottalunga

Così come, un altro pessimo esempio proviene dall’assurda vicenda dell’ormai ex prete di un paese in provincia di Verona, Don Giuliano Cottalunga, che a febbraio ha chiesto di mollare la tonaca per sposarsi con un altro tizio alle Canarie: chi ha consentito la sua ordinazione sacerdotale? Il vescovo di Rieti lo ha ordinato nel 1995, commettendo un evidente errore. Possibile che in seminario nessuno si fosse accorto delle sue tendenze? Peraltro Giuliano frequenta suo marito da circa dieci anni.

Insomma, queste sono situazioni al limite e negative contro cui la Chiesa deve combattere con maggiore rigore. Rispettare la Ratio, adeguandosi ovviamente al contesto culturale, è fondamentale per evitare il ripetersi di episodi spiacevoli e che sfiduciano i fedeli, o chi vuole avvicinarsi la Chiesa.



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Più coraggio dai superiori!

Quando è in ballo una fragilità – più o meno evidente – della persona (che sia di natura sessuale, narcisistica, bipolare, depressiva, ecc…), Padri Spirituali, Rettori, e poi Vescovi o altre guide degli Istituti, non possono più tacere o fare finta di niente. Il loro atteggiamento rischia solo di minare la credibilità dell’Istituzione ecclesiastica.



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