Capita senz'altro. Spetta a noi lasciarci trascinare o farne un'occasione in più per guardare con stupore la fecondità, e la felicità, che solo un rapporto fedele porta in dono
C’è un bellissimo dipinto di Andrew Wyeth che è solo apparentemente inanimato: è una finestra aperta le cui tendine leggerissime e quasi trasparenti si sollevano per il vento che entra nella stanza, fuori un panorama luminoso. Non c’è immagine più azzeccata per descrivere l’anima umana, che è questa attesa perennemente spalancata al giorno e che vola quando la brezza di qualcosa di nuovo, fresco, bello la colpisce.

L’Amore è una chiamata
«L’anima vola, le basta solo un po’ d’aria nuova» canta Elisa. Siamo fatti di attesa, perché siamo fatti di speranza. La porta del nostro io è – o dovrebbe essere – sempre aperta, o semi-aperta, al vento che soffia nel mondo, perché quel vento è anche lo Spirito. Tutti i nostri sensi (occhi, orecchie, bocca, mani, naso) sono proiettati all’esterno, ogni nostra fibra è un proiettarsi ad accogliere qualcosa che «manca» al nostro intimo. Saremo sempre fatti di nostalgia, finché non saremo in Paradiso.

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Forse ho esordito in modo troppo poetico, ma mi pareva l’unico sensato per introdurre un tema che rischia di essere guardato o con malizia o con bigottismo. Di recente l’Huffington Post ha proposto un tema si suoi lettori: se e quando sia concesso prendersi una cotta, anche se si ha una relazione stabile o si sia sposati.
È un articolo molto approfondito in cui sono riportati i consigli e pareri di esperti mondiali, e sono largamente condivisibili; come questo dello psicologo di Pasadena Ryan Howes:
Far parte di una coppia non significa smettere improvvisamente d’incontrare o notare persone affascinanti.
Proviamo di andare alla radice di questa constatazione. La coppia di fidanzati o sposata non è una gabbia senza contatti con l’esterno. Fosse così sarebbe l’opposto dell’amore. Per cui quanto alla dinamica dell’attrazione, non ci si limita alle persone affascinanti: ciascuno di noi non smetterà mai, si spera, di subire per intero il fascino del mondo, perché quel «vento» è una chiamata; alla radice, ogni fiato di bellezza è la voce del creatore che ci interpella.
Perciò, innanzitutto, se dovesse capitare – e capita! – di subire il fascino di una persona che non è nostro marito o il nostro fidanzato, il primo modo per non idolatrare l’episodio, e lo si idolatra con un’eccessivo rimuginare sulla paura di «essere peccatori», è dargli il posto che gli spetta: Amore muove il mondo, cantò Dante, il disegno della Creazione è un’attrazione eterna, è nella nostra natura essere predisposti a raccogliere i segni del Bene che ci parla attraverso il bello, lo stupefacente, il giusto. Sì, ok. Ma a cosa mi chiamano questi segni? Ecco il punto.
L’Amore, che è il più «violento» dei sentimenti (s’innesta con un’irruenza radicale e totalizzante), è sempre stato immaginato come una forza esterna alla persona: era Cupido a tirare frecce. L’uomo ragionevole ha sempre percepito che Amore non è sotto il comando umano, ma «accade», ti piomba addosso. Proprio perché è una chiamata con cui la nostra libertà deve cimentarsi.

Paolo e Francesca non erano felici
Tocca sbattere sempre e solo contro questo grande e terribile mistero: la libertà.
Se ci capita o se ci capiterà di notare che lievita in noi l’interesse per una persona diversa dal fidanzato o marito, ci sta che si attraversi la fase dei sensi di colpa: «Perché gli ho messo gli occhi addosso?» – «Sono una traditrice?» – «Quindi non gli voglio più bene?». Risolvere a tu per tu questi dubbi è la cosa peggiore da fare; in questi casi l’io è il peggior consigliere e rischia di travisare comportamenti sciocchi percependoli come esagerati e comportamenti effettivamente esagerati percependoli come sciocchezze.

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Un punto di vista esterno è necessario. Ciascuno conosce se stesso e sa quale persona nel suo raggio di conoscenze sia quelle più adatta per confrontarsi; tutto può essere utile, l’amica, il parroco, lo psicologo.