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La crescita del bambino nei primi 30 giorni di vita

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Ospedale Bambino Gesù - pubblicato il 27/10/17
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Cosa accade dopo la nascita? Al ritorno a casa di cosa c’è bisogno? I pediatri dell’ospedale Bambin Gesù rispondono

Tra 0 e 30 giorni

Si definisce neonato il bambino dalla nascita fino a 30 giorni di vita. In base all’età gestazionale si considera “a termine” se nasce tra le 37 e le 42 settimane di gestazione calcolate a partire dal primo giorno dell’ultima mestruazione, “pretermine” se nasce prima di aver raggiunto le 37 settimane e “post-termine” se la gravidanza si prolunga oltre la 42a settimana.

Dopo la nascita

Appena nato il bambino viene visitato dal pediatra e gli viene attribuito un punteggio chiamato indice di Apgar”. A seguire si effettua la cosiddetta “profilassi alla Credé”, obbligatoria per legge, che prevede la somministrazione oculare di un collirio o di una pomata antibiotica (per prevenire una possibile infezione batterica) e si somministra la vitamina K (per la prevenzione della “malattia emorragica del neonato”). Importante è anche l’applicazione, intorno al polso o al piedino del bambino, di un braccialetto di identificazione sul quale viene riportato nome, cognome e numero di cartella clinica. Il neonato viene quindi posto a contatto pelle a pelle con la mamma per almeno un’ora al fine di avvicinarlo al seno e, se possibile, effettuare la prima poppata. Dopo aver fatto il bagnetto, medicato il moncone ombelicale, vestito con indumenti preferibilmente di cotone, il bambino viene portato nella stanza
insieme alla mamma. Più tardi, a 2-3 giorni di vita, verrà effettuato lo “screening neonatale”.

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Il cordone ombelicale

Il funicolo o cordone ombelicale, nel neonato a termine, è lungo circa 55 cm e rappresenta il collegamento tra la
circolazione sanguigna fetale e quella materna. Si inserisce al centro della placenta ed è composto da una vena, due arterie e da una sostanza molle, semifluida e gelatinosa che circonda questi vasi, chiamata gelatina di Wharton. La vena ombelicale porta sangue arterioso dalla placenta al feto e le due arterie ombelicali (originano dalle iliache interne) drenano il sangue venoso dalla circolazione fetale. Dopo il parto il cordone viene clampato e reciso a circa 8-10 cm dall’addome del neonato, chiuso con un una molletta di plastica ed avvolto con garza sterile. Il moncone ombelicale che residua nei giorni seguenti si disidrata (si mummifica), assume un colorito scuro e si distacca nell’arco di due settimane. Durante questo periodo, al fine di favorirne la mummificazione ed evitare la comparsa di infezioni, può essere disinfettato con una garza imbevuta di alcool a 70° (cambiata più volte al giorno), con lo zucchero a velo o con la clorexidina. A seguito della caduta permane una piccola ferita, che si cicatrizza entro i seguenti 7 giorni, che prende il nome di ombelico. L’arrossamento o edema alla base del moncone, la secrezione sierosa-ematica o purulenta o il cattivo odore possono indicare la presenza di una infezione e vanno segnalate al pediatra curante. Vanno inoltre riferite eventuali perdite di sangue, soprattutto se persistenti, in quanto possibile segno di una malattia emorragica del neonato. La ritardata caduta del moncone ombelicale (oltre un mese) potrebbe invece indicare la presenza di un deficit immunitario. Talvolta può persistere un tessuto di granulazione esuberante chiamato “granuloma”, di colore rosso scuro o roseo, morbido, di aspetto vellutato, con dimensioni tra i 3 e i 10 mm. A questo può aggiungersi una secrezione siero ematica, che facilmente può sanguinare in seguito a traumi. La gestione del granuloma si basa sull’utilizzo di toccature locali con nitrato d’argento. Il mancato trattamento conduce ad una più lenta guarigione e alla formazione di un cheloide, tessuto sovrabbondante al centro dell’ombelico. In alcuni casi l‘ombelico può non trovarsi allo stesso livello del piano cutaneo addominale e si mostra come una sporgenza della pelle all’attaccatura del cordone. Questa evenienza, chiamata “ombelico cutaneo”, tende nel tempo a migliorare e non ha nessuna implicazione chirurgica, ma soltanto di tipo estetico. Per “ernia ombelicale” si intende una sporgenza sulla cute al di sopra dell’ombelico, in genere delle dimensioni di 1-2 cm (ma può raggiungere anche i 5 cm), che nella gran parte dei casi tende a ridursi fino a scomparire nelle settimane seguenti. Solo raramente, nel caso dovesse persistere nel tempo (4-5 anni di età), potrebbe rendersi necessario un trattamento chirurgico.



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Cos’è l’Indice di Apgar ?

Subito dopo la nascita il personale sanitario, basandosi sull’osservazione, valuta il neonato monitorizzando 5 parametri: la frequenza cardiaca, il tono muscolare, l’attività respiratoria, i riflessi ed il colorito della pelle. Il punteggio di Apgar racchiude tutte queste voci ed attribuisce a ciascuna di esse un punteggio da 0 a 2. L’indice totale si ottiene attraverso la loro somma e può quindi variare da 0 a 10. L’Apgar si valuta al 1°, al 5° minuto dalla nascita e ogni 5 minuti se ritenuto necessario. In base al punteggio è possibile suddividere i neonati in 3 gruppi. Il punteggio da 7 a 10 individua un neonato normale, vitale e sano.

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Cos’è lo screening neonatale?

Si tratta di un esame che viene effettuato, per legge, tra le 48 e le 72 ore di vita (in genere prima della dimissione dal punto nascita), con una puntura eseguita sul tallone del neonato. Attraverso di esso è possibile diagnosticare precocemente alcune malattie ereditarie che interessano il metabolismo, causate ad esempio dalla mancanza di uno specifico enzima senza il quale la via metabolica si ferma e, di conseguenza, aumenta la quantità nel sangue di sostanze (i cosiddetti metaboliti) potenzialmente tossici. Alcune di queste malattie incidono sulla qualità della vita, mentre altre possono condurre addirittura a morte. Se invece vengono diagnosticate precocemente, possono essere curate attraverso la dieta e/o l’uso di farmaci. Classicamente sono stati ricercati l’ipotiroidismo congenito, la fibrosi cistica e la fenilchetonuria, ma attualmente la diagnosi si è allargata ad ulteriori 40 malattie attraverso lo “screening metabolico allargato”, reso possibile da una metodica chiamata Spettroscopia di Massa Tandem. Solo se lo screening è positivo la famiglia viene richiamata ed avviata a centri di riferimento che si occupano in maniera specifica della malattia per cui lo screening é risultato positivo.

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Come si muove

Il neonato muove le gambe, la testa, a volte fa qualche movimento a scatto, fa smorfie, allarga le braccia o presenta qualche breve tremore. Tali movimenti sono da ritenersi del tutto normali. Inoltre, presenta i riflessi cosiddetti arcaici che rappresentano delle risposte riflesse automatiche. I più significativi sono il riflesso di prensione (il neonato tende ad afferrare un oggetto che viene a contatto con la sua mano), il riflesso di suzione, il riflesso dello schermidore (in posizione supina, se il bambino volge il capo verso un lato, allunga il braccio verso questo lato e flette il controlaterale), il riflesso di Moro (lasciato libero per un attimo, estende le braccia verso l’esterno, apre le dita delle mani, le chiude successivamente a pugno e piange), il riflesso della marcia automatica (sostenuto sotto le ascelle, mentre tocca un piano con i piedi, muove le gambe come se cercasse di camminare).

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Nel corso dei primi mesi, a poco a poco, con la progressiva maturazione del sistema nervoso, i riflessi arcaici vengono persi.

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Come si presenta e come cresce

Alla nascita viene definito normale un peso compreso tra i 2500 e i 4500 grammi. In media il peso nascita è di circa 3300 grammi, con qualche differenza tra maschi e femmine (i maschi pesano circa 150 grammi in più), mentre non ci sono particolari differenze per quanto riguarda la lunghezza, pari mediamente a 50 centimetri. Lunghezza e peso possono essere diversi non solo in base al sesso, ma anche a fattori ereditari o ambientali. Ad esempio, se la mamma fuma in gravidanza, c’è un rischio aumentato di avere un neonato di basso peso (inferiore a 2500 grammi). Nei giorni seguenti il peso si riduce a causa del cosiddetto calo fisiologico, pari in genere al 5-8% del peso nascita. Quest’ultimo viene poi nuovamente raggiunto entro la seconda settimana di vita. Il calo è dovuto soprattutto alla emissione di meconio (così vengono chiamate le feci emesse dal neonato nei primi giorni di vita), alla perdita di liquidi ed all’assunzione di una ancora limitata quantità di latte.

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Settimana dopo settimana il bambino crescerà circa 20-30 grammi al giorno, che corrispondono a 140-210 grammi alla settimana. Nel primo mese di vita anche la crescita in lunghezza sarà molto veloce, con un aumento di circa 5 centimetri alla fine del primo mese. La circonferenza cranica alla nascita misura circa 35 centimetri ed aumenta di circa 5 centimetri nel corso dei primi tre mesi di vita. I neonati presentano proporzioni corporee diverse da quelle del bambino più grande. In particolare il capo è voluminoso, l’addome è globoso e gli arti, particolarmente quelli inferiori, sono corti rispetto al tronco. Alla nascita, sulla pelle e particolarmente a livello delle pieghe ascellari, inguinali e tra i glutei, è presente una sostanza bianca chiamata vernice caseosa, che ha la funzione di proteggere la pelle del feto dall’effetto macerante del liquido amniotico e dal freddo. Viene prodotta a partire dalla 24a – 25a settimana di gravidanza. Sul capo sono presenti le “fontanelle”, aree più molli comprese tra le ossa del cranio non ancora ossificato. Il corpo del neonato è inoltre ricoperto da una fine peluria detta lanuggine che è presente sul tronco alla nascita, ma in seguito scompare del tutto.

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Cosa mangia

Fin da subito dopo il parto, se il neonato si trova nella stessa stanza della mamma 24 ore su 24 (rooming-in), può attaccarsi al seno materno ogni volta che lo desidera. Allattare al seno a richiesta, in maniera esclusiva, è infatti tutto ciò di cui necessita un bambino nei primi 6 mesi di vita. Tale modalità assicura una produzione lattea adeguata ai suoi bisogni, in quanto più la mamma allatta più produce latte. Il numero delle poppate è molto vario, in genere tra otto e dodici al giorno e, almeno all’inizio, è consigliabile allattare ad ogni pasto con entrambi i seni. Il latte materno contiene, in maniera completa e bilanciata, tutti i nutrienti necessari per ottenere una buona crescita ed un normale sviluppo del bambino. Le sostanze di cui è composto, alcune delle quali ben studiate e altre con funzioni non ancora ben note, contribuiscono a renderlo unico ed inimitabile. I numerosi benefici associati all’allattamento materno sono rappresentati dalla riduzione delle infezioni respiratorie, dell’apparato gastro-intestinale, delle vie urinarie e di quelle dell’orecchio. Inoltre negli allattati al seno sono meno frequenti i casi di meningite, di allergie e di sindrome della morte improvvisa in culla.

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Tra i benefici, rispetto agli allattati con il latte artificiale, vanno annoverati anche un quoziente intellettivo più alto e un rischio più basso di diventare obesi. Solo in pochi casi allattare al seno è sconsigliato. È il caso di alcune malattie congenite del metabolismo come la galattosemia, la malattia delle urine a sciroppo d’acero o la fenilchetonuria. Oppure se la mamma ha una infezione da HIV, una tubercolosi non trattata o un herpes del capezzolo (in questo caso allatterà all’altra mammella). Inoltre l’allattamento al seno è sconsigliato se la mamma assume farmaci antitumorali, sedativi o antiepilettici o se le vengono somministrate sostanze radioattive per effettuare esami radiodiagnostici. In tutti questi casi, se la mamma non desidera allattare, o comunque se l’allattamento naturale non si è avviato per qualsiasi motivo, si ricorre ai latti artificiali, chiamati latti di formula. Tali latti vengono prodotti dall’industria a partire dal latte di mucca, modificato e reso il più possibile simile a quello materno. Nell’età neonatale verrà offerto un latte di partenza (un latte “1”), da continuare fino ai 6 mesi di vita.



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Come dorme

Durante il primo mese di vita il bambino dorme la maggior parte del tempo, dalle 16 alle 18 ore al giorno. In pratica dorme e si risveglia ogni 2-4 ore per mangiare. Tali intervalli possono comunque variare da pochi minuti a diverse ore. Il neonato non fa quindi ancora distinzione tra il giorno e la notte e questo vuol dire tanto sonno per il bambino e poco per i genitori. Nei casi in cui si voglia favorire il suo aaddormentamento, può rivelarsi utile fargli ascoltare musiche a ritmo lento o il suono di un carillon. Ci sono invece neonati che si addormentano grazie a suoni apparentemente fastidiosi, come il rumore del phon, dell’aspirapolvere o della cappa della cucina (il cosiddetto rumore bianco). L’esperienza di molti genitori alla prese con piccoli che hanno difficoltà a dormire dice che tale strategia spesso funziona.

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Attenzione però a quei bambini sui quali qualunque musica svolge un effetto eccitante, contrario quindi a quello sperato. Non ci sono dunque regole e consigli universalmente validi, perché ogni bambino può reagire in una maniera differente. L’ideale è procedere per tentativi, sempre scegliendo suoni che, almeno in linea teorica, possano risultare rilassanti. Se un certo suono non dovesse funzionare, si può provare con un altro fino a individuare quello giusto per il proprio bambino. La ninna nanna cantata con tono dolce e basso dalla mamma o dal papà può avere lo stesso effetto tranquillizzante di un brano lento di musica classica. Particolarmente importante è la posizione durante il sonno, che deve essere a pancia in su. Inoltre la temperatura della stanza non dovrebbe superare i 20-22°C, il bambino non deve essere coperto fino al volto e non è necessario usare il cuscino.

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Al ritorno a casa: di cosa c’è bisogno?

• Seggiolino per la macchina: deve essere sempre utilizzato durante qualsiasi trasporto in auto e, naturalmente, al primo trasporto per arrivare a casa. Il bambino va posizionato in un seggiolino che abbia le caratteristiche corrette per età e peso. In età neonatale si tratta della navicella (Gruppo 0) o dell’ovetto (Gruppo 0 +). I seggiolini devono essere conformi alla normativa europea e vengono identificati da un’etichetta che riporta gli estremi dell’omologazione.

• Ciuccio: negli allattati esclusivamente al seno va evitato durante il primo mese per evitare che il bambino faccia confusione con la suzione al seno.

• Biberon: non serve se la mamma allatta al seno. Il latte materno contiene infatti anche i liquidi di cui il bambino ha bisogno. Sarà un acquisto da fare solo se si ricorre al latte artificiale (in tal caso servirà anche uno scaldabiberon e uno sterilizzatore).

• Cuscino da allattamento: è comodo per sostenere meglio la schiena, ma si potrebbe anche utilizzare un normale cuscino. Basta provare.

• Magliette o body di cotone: a manica corta o lunga a seconda della stagione. Per l’inverno sono utili le magliette di cotone dentro e lana fuori, oppure di solo cotone. Rispetto alle magliette i body sono più comodi perché non si sollevano e non lasciano scoperta la schiena (ma ognuno ha le sue preferenze). Meglio evitare ricami, bottoni e lacci, per non provocare irritazioni della pelle.

• Calzini: in cotone per tutte le stagioni o di lana anallergica

• Bavaglini: sono utili. Per quando si è fuori casa sono comodi quelli di carta usa e getta.

• Pannolini: in genere vengono utilizzati pannolini “usa e getta” della misura appropriata al peso del bambino. Esistono anche pannolini di stoffa, che si lavano in lavatrice, oppure pannolini usa e getta “ecologici” di materiale biodegradabile.



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Perché piange

Il neonato comunica attraverso piccoli borbottii, starnuti, singhiozzi e soprattutto attraverso il pianto, suo principale mezzo di comunicazione. E’ compito del papà e della mamma imparare a comprenderlo e decifrarlo. Ogni neonato è unico, ha il suo temperamento e le sue preferenze. I genitori dovrebbero guardare ed ascoltare per conoscerlo meglio, riconoscere le sue abitudini, i suoi ritmi e le sue reazioni ai cambiamenti della routine. Una volta riconosciuti i suoi bisogni, è importante cercare di soddisfarli. Il pianto non equivale sempre alla richiesta di latte. Il piccolo bimbo può piangere anche perché ha il pannolino sporco, l’ambiente che lo circonda è troppo caldo o troppo freddo, i rumori di sottofondo sono tali da provocargli fastidio o disagio o se ha dolore. Anche lo stato d’animo dei familiari può esserne causa, in quanto l’eccessivo nervosismo o ansietà possono trasmettersi facilmente.

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Ascoltando le caratteristiche del pianto, in particolare il suo timbro, la sua intensità e durata, si possono ricavare tante informazioni. Un’altra causa di pianto sono le coliche gassose. Le coliche del neonato sono un disturbo che colpisce circa il 10% dei bambini nei primissimi mesi di vita e che mette in difficoltà i genitori, impotenti di fronte al pianto difficilmente consolabile del proprio figlio. Per parlare di coliche gassose vale la regola del 3: un bambino sano, che piange più di 3 ore al giorno, per più di 3 giorni alla settimana, per più di 3 settimane di seguito, in genere durante le ore serali. Le cause non sono ancora chiare, ma esistono accorgimenti che possono dare sollievo. Non si sbaglia se si favorisce il suo contenimento, abbracciandolo, creando una nido nella sua culla o massaggiandolo sull’addome mentre lo si tiene a pancia in giù. Le coliche cominciano a manifestarsi in genere verso la fine della seconda settimana di vita e scompaiono dopo il 3° mese.

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La depressione post-partum

Il momento della nascita di un bambino rappresenta per ogni genitore un momento di felicità che quasi sempre viene descritto, in particolare dalla madre, come il momento in cui si sperimenta la gioia più intensa della propria vita. Tuttavia quasi l’80 per cento delle neo mamme nei giorni immediatamente successivi al parto presenta uno stato di malinconia e tristezza. Il Pediatra e Psicoanalista inglese Donald Winnicott dalla sua duplice posizione di studioso della Psiche e del Corpo, ha denominato questo stato “Baby Blues”. Sempre Winnicott ha studiato come l’atteggiamento della madre e il suo benessere psicologico sia di fondamentale importanza per lo sviluppo del sé del bambino. Nel dettaglio, il “Baby Blues” è una reazione piuttosto comune i cui sintomi includono sensazione di tristezza, crisi di pianto anche prolungate senza motivi apparenti e di cui la donna non sa spiegare neanche a se stessa il motivo, senso di insicurezza, irritabilità, inquietudine e stato di ansietà. In genere tende a scomparire spontaneamente nel giro di poco tempo, nell’arco di circa quindici giorni al massimo. Non richiede particolari cure se non la vicinanza, la pazienza e l’assistenza di coloro che circondano le donne nel periodo post partum: marito, madre, suocera, sorelle, amiche. Non necessariamente tale stato di tristezza e instabilità emotiva si trasforma in vera e propria depressione.



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Tuttavia se trascurato ed in associazione con altre variabili il “Baby Blues” può consolidarsi e divenire un vero e proprio disturbo che incide sulla vita futura della madre, sulla sua relazione con il bambino e sulla relazione di coppia. In particolari condizioni di rischio e se trascurato, dunque. può trasformarsi in vera e propria depressione
post-partum. Si stima che si instauri nel 10 per cento circa delle neo mamme in condizioni di base particolari. Tali condizioni particolari che aumentano il rischio di sviluppare una vera e propria depressione sinteticamente sono:

Precedente disagio o disturbo psicologico – mentale già diagnosticato.

Condizioni di malattia, malformazione, prematurità del neonato.

Periodi segnati da forte stress come la perdita del lavoro, trasferimenti e allontanamento dalla famiglia.

Problematiche familiari come conflittualità di coppia o violenza domestica. Studi scientifici recenti e longitudinali hanno evidenziato come la depressione post partum non individuata e non trattata possa influire sulla capacità di prendersi cura del neonato, di stabilire e mantenere una sintonica relazione funzionale con il bambino e in alcuni gravi casi, per fortuna rari, portare anche ad atti nocivi verso se stessi e il bambino. Anche la durata della depressione vera e propria varia da caso a caso non solo per intensità ma anche per durata, da qualche settimana a un anno e la donna affetta può avere delle ricadute nel periodo della prima infanzia del figlio. La maggior parte delle donne non è consapevole del suo stato e non chiede aiuto: è importante avere un atteggiamento di forte attenzione per rilevare precocemente l’insorgenza della depressione. Questa può infatti essere facilmente curata sia con la psicoterapia che con terapia farmacologica. Importante è stabilire una valida alleanza con il medico che può essere il pediatra o anche il ginecologo poiché entrambi incontrano la madre con regolarità nelle prime settimane di vita del bambino. È molto importante anche la formazione di tutti i soggetti coinvolti e in particolar modo delle mamme, prima che il problema si manifesti. Questo significa rendere coscienti le donne di ciò che potrà accadere durante e dopo una gravidanza rendendole pronte alla richiesta di aiuto, senza sensi di colpa né timori.



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Cosa vede e cosa sente

In un neonato il tatto e l’udito sono già sviluppati alla nascita, mentre la vista deve ancora essere affinata. Già nella pancia i piccoli sentono la voce dei genitori, soprattutto quella della mamma che lo accompagna per tutta la gravidanza. Cantargli una canzoncina lo rassicura e, fin dai primi mesi, parlare incoraggia lo sviluppo del linguaggio. Sono in grado di riconoscere i suoni e a differenza di quello che si crede, preferiscono i suoni alti a quelli bassi. Nei neonati è possibile eseguire uno screening uditivo mediante un test di rapida esecuzione ed elevata sensibilità, le otoemissioni acustiche, che consiste nell’inviare all’orecchio del bambino stimoli sonori e nel registrarne la risposta. Dopo la nascita il neonato riesce a vedere a una distanza di circa 20-25 cm (è quella che separa gli occhi del bambino dal seno della mamma). Come durante la gravidanza, il bambino percepisce la differenza tra luce e buio, si accorge quando c’è una fonte luminosa o quando si spegne una lampadina. Anche forme e colori forti suscitano il suo interesse e soprattutto i contrasti, ma non può definirne ancora i dettagli. A lui interessa particolarmente la visione del volto e in particolare degli occhi e focalizza la sua attenzione su quelli della mamma e del papà, seppure solo per alcuni secondi, imparando così a distinguere i volti dell’uno e dell’altro. Rispetto alle età successive il campo visivo risulta molto ristretto (30°circa per lato) ma il bambino impara ad inseguire gli oggetti con gli occhi.

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Quando chiedere consiglio al pediatra. I Campanelli d’allarme

• Febbre: durante l’età neonatale la febbre va sempre valutata con molta attenzione e il pediatra va contattato sempre, senza attendere.

• Difficoltà respiratoria: anche in questo caso il neonato va visitato in breve tempo.

• Crisi di apnea: se il bambino smette di respirare per alcuni secondi (non si parla di ciò che accade comunemente
durante il pianto), occorre chiarirne le cause.

• Vomito: soprattutto se si ripete più volte (differente dal rigurgito, evento piuttosto frequente).

• Diarrea: se le feci sono liquide e differenti da quelle presentate fino a quel momento (da ricordare che le normali feci da latte materno sono molli, semiliquide, di colore giallo-oro).

• Trauma: se il bambino cade e/o batte la testa, i segnali da non sottovalutare sono rappresentati da sonnolenza, vomito, ferite o infossamenti della superficie del capo.

• Perdita di peso/mancata crescita: in questi casi è necessario capirne la causa per trovare il giusto rimedio.