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Vittima di abusi: la telefonata di papa Francesco mi ha restituito “fede e speranza”

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Esteban Pittaro - pubblicato il 17/02/17

Il pontefice chiama Rufino Varela, argentino vittima di abusi

Rufino Varela stava aspettando la figlia all’uscita di scuola quando è suonato il telefono. Era papa Francesco, che aveva saputo da una parente di Rufino della sua situazione di vittima di abusi durante l’infanzia, resa nota nel dicembre scorso.

Varela ha denunciato pubblicato che 40 anni prima, dopo aver rivelato a un sacerdote della sua scuola che a casa veniva abusato da un caposquadra, questi aveva abusato di lui. È accaduto nella scuola Cardinale Newman, all’epoca gestita dai Fratelli Cristiani. Le autorità scolastiche trasferirono il sacerdote, oggi defunto.

Durante il dialogo con il papa, secondo quanto ha scritto Varela su Facebook, il pontefice lo ha ascoltato e gli ha chiesto perdono a nome della Chiesa. Hanno parlato per alcuni minuti di cose che custodirà nel suo cuore, e secondo Varela Francesco gli ha restituito “fede e speranza”.

Varela ha avviato una campagna contro gli abusi e i maltrattamenti. Secondo quanto ha detto convocando quella che chiama Cruzada Francisca (Crociata Francesca), è “convinto che la lotta contro l’abuso e i maltrattamenti debba essere realizzata senza odio né sete di vendetta, ma anche senza sosta, con grande convinzione e soprattutto con pazienza”.

A questo scopo, ha concesso interviste a vari mezzi di comunicazione raccontando la terribile esperienza che ha vissuto nel 1977, cercando di capire se ci siano state altre vittime della stessa persona e di aumentare la consapevolezza della necessità di combattere gli abusi infantili in ogni ambito.

Con molta umiltà ed enorme grandezza, Francesco mi ha chiesto perdono a nome della Chiesa e mi ha esortato a diventare un altro anello di una catena molto forte di vittime di abusi e maltrattamenti e di gente disposta ad aiutare, indipendentemente da credo, ideologia, professione, condizione sociale o età, in cui possiamo rispettarci, ascoltarci, comprenderci, prevenire e soprattutto incoraggiarci a stare meglio”, ha affermato Varela sulla sua pagina Facebook.


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Il suo caso, insieme ad altri recenti noti all’opinione pubblica argentina, come quello delle vittime dell’Istituto Próvolo per bambini ipoudenti di Mendoza, ha messo nuovamente sul tavolo gli episodi di un cinismo nefasto che le vittime, con il sostegno di tutti, vogliono impedire che si ripeta.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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