Il tema è al centro dell’agenda di Papa Francesco. I casi dei viri probati, dei cattolici di rito orientale e degli ex protestanti«Crediamo che non sia accettabile chiedere, a ogni uomo che diventa un sacerdote, di rimanere celibe. Pensiamo che a ogni cattolico dovrebbe essere consentito di scegliere se preferisca o meno essere celibe, indipendentemente dal fatto di fare oppure no il sacerdote. Proprio come nella Chiesa protestante o in quella ortodossa. In ogni chiesa, in realtà, tranne che in quella cattolica».
A scrivere sono 11 preti tedeschi, ormai in pensione. Erano stati ordinati sacerdoti nel 1967 a Colonia, considerata sia una roccaforte cattolica, che una delle città più progressiste e gay friendly della Germania. Dopo cinquant’anni al servizio delle loro parrocchie, hanno chiesto di porre fine al celibato con una lettera aperta.
CELIBATO E SOLITUDINE
Fra di loro c’è Franz Decker, un prete che per oltre un decennio ha guidato l’associazione Catholic Relief Service a Colonia. Insieme agli altri sacerdoti, sostiene che il celibato, se anche può rappresentare un corretto stile di vita per i sacerdoti che vivono nei monasteri comuni, per la maggior parte dei preti moderni, che spesso vivono da soli e che hanno poco da guadagnare dal celibato imposto dalla chiesa, è spesso un motivo di solitudine (Vanity Fair, 20 gennaio).
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LA PROPOSTA DEI PRETI BRASILIANI
Non è la prima volta che i sacerdoti si rivolgono al pontefice per affrontare questo tema. Già nel 2008 i preti del Brasile, avevano proposto l’abolizione del celibato, sottoponendo la loro richiesta alla Congregazione per il clero. I preti chiedevano l’istituzione di due tipi di sacerdozio: quello che prevede il celibato obbligatorio per i religiosi che fanno voto di castità nei rispettivi ordini e congregazioni, poi un secondo tipo di sacerdozio, questa volta senza obbligo del celibato (www.andreatornielli.it, 2008).
LA MEDIAZIONE DI KRAUTLER
Il caso del Brasile è stato rilanciato nel 2014 dagli stessi vescovi del Paese sudamericano, che lamentano la diffusa e insostenibile carenza di sacerdoti nelle loro diocesi. Ambasciatore a Roma del messaggio è stato il vescovo di origine austriaca Erwin Kraütler, attualmente responsabile della prelatura di Xingu, la più estesa del Brasile. A margine di un incontro con il Papa, svoltosi nello scorso aprile, Kraütler ha rilasciato un’intervista esclusiva al “Salzburger Nachrichten”, lamentando la difficoltà di recare assistenza spirituale in un territorio sconfinato di 700.000 fedeli e 800 comunità con soli 27 sacerdoti. Con una triste conseguenza. Che le comunità religiose possono celebrare l’Eucaristia solamente due o tre volte l’anno e amministrare i sacramenti fondamentali del cammino cristiano solo in occasione di queste visite (www.terredamerica.com, 11 aprile 2014).
I VIRI PROBATI
Nel ventaglio delle possibili soluzioni il colloquio con il Santo Padre ha toccato anche il tema spinoso dei “viri probati”, uomini di fede e virtù comprovata, autorevoli e rispettati all’interno di una determinata comunità. Vedovi o sposati con figli adulti, in grado di provvedere autonomamente al proprio mantenimento, potrebbero essere “ordinati preti” in tempi relativamente brevi. Per gli sposati, poi, il consenso della moglie sarebbe un’altra conditio sine qua non. I “viri probati”, riporta Terre d’America, verrebbero dapprima chiamati ad un ministero circoscritto, pastori di piccole porzioni di comunità, ma in un futuro, se l’esperienza si rivelasse all’altezza delle necessità come sperano i suoi propugnatori, il campo d’azione potrebbe estendersi come le loro stesse responsabilità.
ACCESSO AI SACRAMENTI
Un cavallo di troia verso l’abolizione del celibato? No, una sollecitudine pastorale nei confronti di popolazioni distribuite in vasti territori che non hanno praticamente accesso ai sacramenti della Chiesa o possono riceverli occasionalmente nell’arco della loro esistenza.
LA REGOLA DELLE CHIESE ORIENTALI
Don Basilio Petrà, ordinario di teologia morale presso la Facoltà teologica dell’Italia centrale, ad Aleteia (27 febbraio 2015) aveva spiegato che la presenza di preti sposati nella Chiesa Cattolica non è del tutto un novità: «Tutte le Chiese orientali cattoliche ammettono uomini sposati al presbiterato ad eccezione delle Chiese siro-malabarese e siro-malankarese in India». La regola fondamentale, spiega il teologo, è che «nelle Chiese orientali vengono ordinati uomini sposati ma non è previsto che uno già prete possa sposarsi. Questa è una distinzione molto importante. Inoltre, se coloro che dopo il matrimonio sono diventati preti rimangono vedovi non possono più risposarsi. Ancora, i preti sposati non diventano vescovi e sono per lo più impegnati come parroci».
VITA ESEMPLARE
La pratica dei preti uxorati, prosegue Petrà, «ha radici antiche e si ispira alle lettere pastorali di Paolo. Essi sono chiamati ad essere esemplari sia nella vita sacerdotale che nella vita genitoriale e coniugale. Inoltre è prevista la castità coniugale, come per i laici sposati: castità coniugale non significa astinenza coniugale ma vivere la sessualità coniugale in modo degno e rispettoso della legge morale. Prima delle celebrazioni c’è un tempo di astinenza sessuale, un giorno o due secondo ciò che prevede la disciplina della chiesa di riferimento».
DA PROTESTANTI A CATTOLICI
Anche nella Chiesa cattolica di rito latino ci sono già esempi di preti sposati. «In Germania ad esempio, c’è la presenza di pastori protestanti diventati preti cattolici rimanendo sposati, così come altrove ci sono ministri anglicani diventati preti cattolici. Sottolineo: essi rimangono sposati anche se vengono ordinati come preti cattolici». Infine, ricorda il teologo, «in America Latina molti anni fa c’è stato almeno un caso eccezionale di “vir probatus” ordinato prete».
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DAGLI EX PRETI SPOSATI
Che il Papa sia molto sensibile alla questione del celibato sacerdotale, lo dimostra anche l’iniziativa del novembre scorso, quando a Roma è andato ad incontrare sette famiglie, tutte formate da giovani che hanno lasciato, nel corso di questi ultimi anni, il sacerdozio. Papa Bergoglio, fa sapere la Sala stampa vaticana, ha inteso offrire un segno di vicinanza e di affetto a questi ragazzi che hanno compiuto una scelta spesso non condivisa dai loro confratelli sacerdoti e familiari (Vatican Insider, 11 novembre 2016).
LA DECISIONE DI LASCIARE IL PRESBITERATO
Dopo diversi anni dedicati al ministero sacerdotale svolto nelle parrocchie – riferisce sempre la Sala stampa – è accaduto che la solitudine, l’incomprensione, la stanchezza per il grande impegno di responsabilità pastorale hanno messo in crisi la scelta iniziale del sacerdozio. Sono quindi subentrati mesi e anni di incertezza e dubbi che hanno portato spesso a ritenere di avere compiuto, con il sacerdozio, la scelta sbagliata. Da qui, la decisione di lasciare il presbiterato e formare una famiglia.