Pur nel mistero del dolore, del dolore innocente in particolare, questo sguardo di bene sulla realtà non ci deve mai mancare, se crediamo nella buona notizia: che la cosa più brutta che ci possa succedere, la morte, è stata sconfitta.
E invece farsi carico e non dare la colpa agli altri è difficile, per esempio nei miei figli maschi questo passaggio l’ho visto avvenire più tardi, non a dieci anni. Perché è faticoso, e i maschi di solito, esclusi i presenti, non hanno questo slancio zelante verso la fatica, e sottolineo di solito. Se la devono fare, la fanno, ma se la possono evitare, meglio (atteggiamento che peraltro spesso li rende più sani di mente di noi femmine, ma questo è ancora un altro argomento).
Insomma, in queste riflessioni in ordine sparso da madre che piega biancheria ed è in piedi da 18 ore, mi è venuto in mente un pensiero che trotterellava indietro, un po’ scostato dal gregge. Mi è venuto in mente che questo invece è per noi credenti, tutti, maschi e femmine, proprio il tempo della responsabilità. Siamo assediati da pressioni mediatiche (e politiche, e, al fondo, economiche) molto forti, tutte in direzione decisamente, ferocemente a volte, anticristiana. Ma anche nella Chiesa, inutile nasconderci dietro un dito, tanti di noi si sentono a volte un po’ lasciati soli da tanti pastori che invece che rafforzarci in questo assedio, tendono piuttosto ad andare incontro al mondo. Il rapporto col mondo è il nodo centrale della questione. Si può andare incontro al mondo senza dimenticare cosa gli si va a portare al mondo, cioè non il nostro povero e incostante amore, ma quello di Cristo? Si può uscire senza dimenticare di custodire i piccoli nella fede che hanno bisogno di pastori (nella fede siamo tutti piccoli, sennò non saremmo di fede, ma uomini di cultura innamorati di una civiltà cattolica dai bei principi, non mendicanti dello Spirito che cercano assetati un incontro col Signore)? Si può accogliere ogni volto, senza accogliere però insieme anche ogni eredità spirituale, ricordando ogni istante che essere cristiani è per forza andare contro corrente, rompere radicalmente con ogni altro modello culturale e interpretativo del mondo?
Questo per noi cristiani è il tempo della responsabilità personale. Custodire meglio che possiamo quello che ci è stato affidato in duemila anni di traditio, cioè di tesori tramandati e passati di mano in mano da generazioni di santi (cioè peccatori consegnati). Vagliare con cura decisioni e comportamenti. Difendere ciascuno, è un’immagine che usa sempre il mio amico Giampaolo, il proprio metro di trincea. Mettere intelligenza e forza e discernimento nella vita spirituale, viverla con più impegno e serietà.