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Devo andare in terapia? Quand’è che i consigli degli amici non bastano?

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Medernpepe CC

William McKenna, MS - pubblicato il 27/01/16

Chiedete all'IPS: consigli di esperti in psicologia che attingono alle fede cattolica e alla psicologia moderna

Ultimamente ho lottato con alcune scelte difficili e mi chiedevo se dovrei andare in terapia o cercare semplicemente il consiglio di una persona amica.

Risponde William McKenna, MS; Psicologo presso Catholic Charities:

Alla base di questa domanda – posta da molte persone – c’è il fatto di conoscere il valore e l’obiettivo della terapia e di sapere come la terapia differisca da una bella chiacchierata con la vostra famiglia o il vostro migliore amico.

Molte caricature dei terapeuti ritraggono questi ultimi mentre danno consigli e/o sono sono molto autoritari nelle loro interazioni con i pazienti. Con questa visione distorta della terapia, è facile capire perché la gente preferisce rimandare l’impegno di tempo e i problemi di assicurazione che accompagnano la terapia e limitarsi a una chiacchierata con un amico di fiducia.

Quando si ha una gran brutta giornata, può essere utile parlarne e condividere la cosa con un amico o un familiare. L’amico è lì per aiutarvi a sentirvi meglio, per darvi sostegno e scambiare idee sulla vostra esperienza. L’amicizia arricchisce la nostra vita ed è necessaria per aiutarci a guidare i nostri rapporti e capire come interagire con il mondo che ci circonda.

La terapia è per molti versi assai simile all’amicizia. Vi sedete e processate i vostri sentimenti – quelli belli, quelli brutti e quelli tremendi – con il vostro terapeuta. Nella terapia ricevete le stesse orecchie disposte ad ascoltare e lo stesso cuore bendisposto che trovate in un buon amico.

Ci sono tuttavia delle differenze fondamentali. È vero che ci sono alcuni terapeuti che si prestano alla caricatura del “consigliere”, ma la maggior parte di loro è più interessata a dare ai pazienti la capacità di prendere le proprie decisioni.

In genere i pazienti arrivano alla terapia sentendosi impotenti contro demoni come depressione, ansia, stress relazionali e/o problemi nel loro matrimonio. Molti credono che la soluzione ai propri problemi risieda o nella necessità che gli altri cambino (ad esempio nelle problematiche matrimoniali o relazionali) o nel ricevere saggi consigli dal proprio terapeuta, che li curerà magicamente. Entrambe le ipotesi sono fallaci. In questi casi, i pazienti sono aperti solo al fatto che le cose cambino per via di forze esterne piuttosto che come conseguenza delle proprie azioni. Dico sempre ai miei pazienti che non possiamo controllare come agiscono gli altri, ma solo come noi reagiamo agli altri.

I terapeuti cercano anche di aiutare i pazienti a capire le ragioni che stanno dietro i loro problemi. Aiutano i pazienti a guardarsi dentro e a capire che hanno la possibilità di cambiare il modo in cui affrontano le situazioni (sia con gli altri che con se stessi), e poi danno loro gli strumenti per prendere le decisioni appropriate. Nella mia esperienza, inquadrare la terapia in questo modo aiuta i pazienti a capire che anche se posso sforzarmi molto per aiutarli, posso lavorare solo se lo fanno anche loro. L’obiettivo del terapeuta è usare la formazione professionale e l’esperienza per aiutare i pazienti ad aiutare se stessi.

Tutto sommato, la terapia è un processo di scoperta con il vostro terapeuta che lavora per voi come una guida più che come un amico. Capire come operano le vostre sfide, i vostri ostacoli, le vostre emozioni e i vostri pensieri e come influiscono sul vostro rapporto con voi stessi e con gli altri è parte di tutto il processo di terapia. Le amicizie giocano un ruolo importante, ma hanno dei limiti per quanto riguarda la guida che possono offrire.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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