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Guerre Stellari e l’isola che prende il nome da San Michele Arcangelo

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Philip Kosloski - pubblicato il 05/01/16

La Quaresima si avvicina, e il mondo conta su di noi

La scena finale di Guerre Stellari: Il Risveglio della Forza vi ha affascinati? Sorprendentemente, lo splendido panorama e le antiche rovine non facevano parte di un set allestito per il film, ma di un’isola reale di fronte all’Irlanda. Ancor più intrigante è il fatto che le antiche rovine che si vedono nel film sono i resti di un monastero cristiano del VI secolo. In questo contesto, il simbolismo della scena finale colpisce, non solo sottolineando temi spirituali fondamentali del film, ma offrendoci anche una preziosa meditazione sulla battaglia invisibile che scuote il nostro mondo.
Se la scelta di filmare sull’isola di Skellig Michael è stata motivata principalmente dai panorami mozzafiato, ha commentato J. J. Abrams, “siamo stati onorati per aver ottenuto il permesso di girare lì. Abbiamo rispettato il posto il più possibile perché sapevamo che era un luogo sacro”. I realizzatori del film hanno fatto un’ottima scelta decidendo di girare lì, e sono riusciti a trovare una location che ha implicazioni spirituali sia nella pellicola che nella vita reale.

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La trama de Il Risveglio della Forza ruota intorno alla ricerca di Luke Skywalker nella speranza che riesca a risollevare e a salvare la galassia. Si dice che nessuno sa dove sia andato, e i personaggi in genere ritengono che si sia ritirato in isolamento vergognandosi dei suoi fallimenti.

Una possibilità discussa dai personaggi è che Luke sia andato alla ricerca del primo tempio Jedi, e la mappa che trovano dà loro quella ubicazione. L’aspetto interessante è che il film sottolinea la necessità di una risposta “spirituale” al male nel mondo. I personaggi non cercano di reclutare più soldati o di costruire armi più grandi per la Resistenza, ma ripongono la propria speranza in un uomo anziano che crede che “La Forza” sia reale e abbia la chiave per superare il “Lato Oscuro”. È perfino possibile che Luke sia andato a cercare il primo tempio Jedi non per vergogna, ma perché aveva bisogno di rinnovare la sua “fede”.

Even Han Solo, che nella trilogia originale non credeva che le “religioni popolari” potessero vincere alcuna battaglia, ora proclama con audacia: “È vero. Tutto”.

Ciò che unifica tutto è la coincidenza per la quale l’isola sulla quale è stata girata la scena finale era dedicata più di mille anni fa a San Michele Arcangelo (da cui il nome Skellig Michael).

Il monastero sull’isola è stato fondato da uno dei più grandi santi irlandesi, San Finnian di Clonard, nel VI secolo. San Finnian era stato formato dai discepoli di San Patrizio, e divenne un maestro influente che nel corso dei secoli ha ispirato molti santi irlandesi. San Finnian e i monaci che hanno vissuto per secoli su Skellig Michael imitavano l’esempio dei Padri del Deserto, che si ritiravano dal mondo per dedicarsi alla preghiera, al digiuno e all’ascetismo. Cercavano di fermare l’ondata del male nel mondo seguendo le parole dette da Gesù ai suoi discepoli: “Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera” (Marco 9, 29).

Quello che significa per noi oggi è che se vogliamo davvero combattere le forze del male attuali dobbiamo tornare alle fonti e rinnovare la nostra dedizione alla preghiera e al digiuno. Abbiamo bisogno di una risposta spirituale all’oscurità che è scesa sul nostro mondo.

Purtroppo, molti dei nostri monasteri contemplativi sono stati abbandonati, e nel processo abbiamo perso una parte fondamentale del cristianesimo. Giovanni Paolo II ha cercato di rimediare alla situazione e ha istituito un convento claustrale nelle mura del Vaticano. Sapeva che erano le preghiere dei religiosi contemplativi a tenere a galla la Chiesa nei momenti di difficoltà.

Anche Benedetto XVI ha riconosciuto l’importanza fondamentale della preghiera contemplativa, trasformando quel convento nel proprio chiostro, da dove continua a pregare per noi e per il mondo. Ci sono perfino dei vescovi che istituiscono monasteri contemplativi in ogni diocesi alla quale sono assegnati perché sanno di non poter svolgere la propria missione senza quelle preghiere.

Se la maggior parte di noi non è chiamata a condurre una vita di preghiera di clausura, tutti noi possiamo fare la nostra parte nel dramma cosmico della salvezza. Facciamo quello che possiamo e rinnoviamo la nostra dedizione alla preghiera e al digiuno, soprattutto in vista della Quaresima.

Il mondo dipende da noi.

Philip Kosloskiè uno scrittore e un blogger. Si può leggere il suo blog su philipkosloski.com.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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