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Laici del Pime: “missione possibile”

ALP – Roma 30.04-03.05.2015- 079 © Associazione laici Pime – it

© Associazione laici Pime

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 09/06/15

Da 25 anni volontari giovani, adulti e famiglie offrono un periodo della propria vita per testimoniare la fede nei paesi di missione

"Solo" venticinque anni o "già" venticinque anni: la prospettiva cambia a seconda se si guarda al punto di inizio o al cammino che si ha davanti, ma in ogni caso resta chiaro l'obiettivo che è quello di condividere la fede nei paesi di missione, portando la propria testimonianza tra culture e religioni diverse. L'Associazione dei laici del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) festeggia i 25 anni dalla nascita, con poche celebrazioni ad hoc secondo lo stile di sobrietà che si impara vivendo di essenziale come fanno i missionari. Ad aprile c'è stata una festa a Milano dove l'associazione ha sede nel Centro Missionario con una mostra fotografica che segue il filo di questa storia iniziata nel 1990 per offrire a giovani e adulti, come singoli o come famiglie, l'opportunità di condividere un tratto di vita, insieme ai religiosi, nelle 15 missioni del Pime. Negli anni oltre 70 volontari laici – compresi 12 nuclei familiari – si sono passati il testimone di una presenza in vari paesi di Asia, Africa e America latina. Attualmente sono sei i laici dell'Alp che si trovano in missione: Rosangela in Thailandia, Simonetta in Camerun, Monica, Priya e la coppia Monica e Giandomenico in Guinea Bissau. Lo racconta ad Aleteia Valeria Carbone, membro del direttivo dell'Alp.

Da dove si comincia a diventare missionari laici per il Pime?

Carbone: Dalla formazione. Partire per la missione non si improvvisa. A cominciare dalla motivazione: volontà di testimoniare il Vangelo o desiderio di fuga? E' ciò che viene approfondito nella formazione di base, un percorso che dura due anni, scandito da un week end residenziale al mese, e nel corso del quale vengono affrontati temi diversi, dagli aspetti pratici legati alla salute, allo studio delle religioni praticate nei paesi in cui si va. Al termine di questa fase, se si accerta che è stata maturata in modo adeguato la decisione di partire, il volontario andrà a visitare per un mese la missione dove dovrebbe inserirsi e se anche i missionari sul posto danno una valutazione positiva di questa presenza, inizierà la formazione specifica con lo studio della lingua europea – inglese, francese, portoghese, spagnolo – comunemente parlata in quel luogo.

A questo punto, ormai, si è pronti a partire e a iniziare ad operare…

Carbone: Si è pronti a passare il primo anno, anno e mezzo, ad imparare sul posto la lingua locale. Ci sono Paesi come la Cambogia, il Bangladesh o la Thailandia dove non basta parlare l'inglese o il francese, ma bisogna imparare la lingua khmer o thai o il bengalese. Da questa necessità deriva la differenza tra gli archi di tempo nei quali si può stare in missione: 3 anni, nei paesi nei quali è sufficiente una lingua europea; 5 anni negli altri. Il periodo di permanenza può essere rinnovato una volta sola e sempre per soli 3 anni.

Si tratta di un percorso impegnativo: qual è la parte più difficile?

Carbone: In realtà la parte più difficile è rientrare in Italia. E' davvero complicato reinserirsi in una società che, ovviamente, in tua assenza è andata avanti. Soprattutto per un laico che deve anche reinserirsi nel mondo del lavoro e ritrovare i legami familiari. L'Associazione ne è ben consapevole e per questo accompagna bene il momento del rientro così come la formazione: se la scelta di partire è più difficile, deve essere anche valutata e motivata meglio. Il volontario laico non deve partire per se stesso nè per l'Associazione, ma per la Chiesa e quindi con il sostegno di una parrocchia – dove è sempre auspicabile che sia inserito attivamente – e degli amici.

Cosa insegna soprattutto l'esperienza in missione?

Carbone: L'essenziale della vita. Il valore dell'acqua che quando manca è un problema serio. Le cose che non pensavi normale fare, come lavare i vestiti a mano perchè non c'è la lavatrice o inventarti una pizza, come facevo io in Costa d'Avorio, con il pane fatto da me, qualche pomodoro e un formaggio improbabile al posto della mozzarella. La mancanza di alternative rende tutto più semplice e ti insegna a riconoscere come la Provvidenza operi, sempre.

Sembra una scelta "eroica"…

Carbone: E' solo un tipo di scelta. La Chiesa è grande e i laici hanno un ruolo importante, sia che vadano in missione sia che rimangano a Milano in parrocchia e nel volontariato. La nostra esperienza di 25 anni dice soprattutto che la missione, anche per i laici, è possibile.

http://www.pimemilano.com/Pagine/pagina-demo-alp.html

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