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Quei dialoghi di pace del Cardinal Martini

carlo maria martini

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Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 18/05/15

Lontano dai riflettori il presule milanese ricuciva le ferite dell'Italia degli anni di Piombo

Su Repubblica del 15 di maggio è apparso un articolo molto interessante che getta ulteriore luce sul lavoro instancabile e la testimonianza cristiana del defunto Cardinale Carlo Maria Martini. Lo scritto era corredato da una foto, in cui il presule appare malato. Siamo a ridosso di quel 2012 in cui è tornato alla casa del Padre.

“Intorno a lui, a Viboldone, vicino Gallarate, […] sono riconoscibili alcune persone che in quest'Italia di divisioni e fazioni, di rancori e vendette, non ti aspetteresti mai di vedere insieme negli stessi pochi metri quadrati.

Il primo a sinistra, con la mano sul fianco, è Franco Bonisoli, ex brigatista rosso, direzione strategica, uno che nel 1978 partecipò alla strage di via Fani, in cui venne uccisa la scorta di Aldo Moro, e il presidente della Dc rapito. Vicino a Bonisoli, con la sciarpa bianca, c'è però Antonio Iosa, 82 anni, che dei brigatisti fu vittima: venne gambizzato, insieme ad altri tre, il martedì santo del 1980, e trentaquattro operazioni non gli tolgono ancora i dolori, quando cammina. Dietro i due, spunta Mario Ferrandi. È forse il principale protagonista di una giornata simbolo, il 14 maggio 1977, in cui venne scattata la foto del giovane mascherato che in via De Amicis a Milano spara ad altezza d'uomo. Morì l'agente Antonio Custra, e a sparargli, dopo aver dato l'ordine d'attacco "Romana fuori", fu proprio Ferrandi.

A destra nella fotografia con il cardinale malato, ma ben felice di essere là, perché anche quella era la sua vita, sono riconoscibili altri due uomini. Uno, più anziano, è un volto noto per ogni giornalista che abbia avuto a che fare con la stagione delle stragi e delle morti per terrorismo: Manlio Milani, sopravvissuto all'attentato fascista di piazza della Loggia a Brescia, 1974, in cui morì, tra gli altri, sua moglie Livia. Ultimo, invece, uno che non amava troppo mostrarsi in pubblico, Giorgio Semeria, ex capo brigatista, considerato il successore di Renato Curcio. Primo arresto nel 1972, passaggio alla clandestinità, omicidi, rivolte nelle carceri. Semeria è morto da poco, per un brutto tumore sbocciato nella stessa zona del corpo dove un detective gli sparò: «Mi hai sparato mentre ero ammanettato », gli gridò al processo. Chissà, ma Semeria era molto cambiato, faceva catechesi, e chi l'ha visto morire dice che «se n'è andato sereno».”

Questo insolito quadro è una testimonianza di dialogo e del tentativo di sanare le molte ferite degli anni di Piombo che affliggono ancora la nostra Penisola. Monsignore accoglieva tutti: uomini e donne, rossi e neri, credenti e atei, a Roma come a Milano e in giro per l'Italia, per sei, sette anni durante i quali questo insolito gruppo si è incontrano di nascosto sotto "l'ombrello" di Martini, il "cardinale del dialogo". E in questo caso i dialoghi sono quanto mai difficili, tra vittime e carnefici, ma necessari per ristabilire la pace, la verità e sedare l'odio. Una lezione cristiana da tenere a memoria.

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