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Eutanasia, contro l’offensiva mediatica il monito di Parolin e dei vescovi australiani

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© Pressmaster / SHUTTERSTOCK

Un médico

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 28/04/15

Miti sfatati e "grande ubris": così la Chiesa Cattolica allontana la "dolce morte"

Fioccano mediaticamente i supporter dell'eutanasia. E non manca occasione per metterli in evidenza come è avvenuto per lo scrittore scalatore Mauro Corona. «Su di me niente accanimenti, ho già scelto chi mi aiuterà e ho già fatto testamento dal notaio», ha dichiarato ai microfoni de La Zanzara su Radio2 (25 aprile). «Voglio l’eutanasia, chi di dovere sa che deve portarmi in Svizzera o darmi una pastiglietta. La vita è mia. Se dovessi perdere – aggiunge ancora – 20 chili in un mese, ti fanno gli esami e ti dicono che è finita, vuol dire che è l’ora di andare».

IL PENSIERO DEL MAKE UP ARTIST
Il make up artist delle più famose celebrità mondiali Diego Dalla Palma, scrive l'Huffington Post 20 aprile, ha lasciato un post sulla sua pagina Facebook, in cui dice di voler dare uno scopo alla propria vita, prima di morire. Potrebbe sembrare un annuncio macabro, sentenzia il quotidiano, potrebbe sembrare un ultimo saluto prima di spegnersi o un addio al mondo delle star, ma non è niente di tutto questo. Dalla Palma vuole semplicemente programmare modalità, ora e luogo della propria morte.

"NON VOGLIO SOFFRIRE COME I MIEI GENITORI"
Insomma, eutanasia senza "se" e senza "ma". «Qualcuno vuole chiamarlo suicidio? – domanda – E allora, accidenti!, chiamiamolo suicidio! Per me, ha un diverso significato. Per me è solo un pensiero luminoso, positivo e concreto per evitare, fra qualche anno, pietismi, dolori morali e fisici, umiliazioni, atroci torture e corse ad ostacoli continue». Dalla Palma, si legge ancora sull'Huffington Post, dice di aver vissuto la morte molto da vicino a sei anni, quando è andato in coma. Purtroppo ha ereditato dai genitori l'artrosi che ha causato molti problemi alla madre e al padre, per questo non vuole finire gli ultimi anni della propria vita umiliato e infelice come accadde ai genitori.

ISTIGAZIONE AL SUICIDIO?
Eppure come dimostra il caso di Angelo Tedde, la scelta dell'eutanasia oltre a rilevare una mole consistenti di dubbi etici, può procurare anche grattacapi legali. Tedde, originario di Castelsardo (Sassari) e residente a Chiavari (Genova), è il portiere d'albergo che secondo la procura di Vicenza potrebbe finire a processo per istigazione o aiuto al suicidio di Oriella Cazzanello, 85enne che nel gennaio 2014 aveva scelto l'eutanasia ed era stata accompagnata in Svizzera proprio da Tedde. I due erano partiti da Arzignano (Vicenza), dove l'anziana, erede di una dinastia di conciatori, viveva. Destinazione: Biel-Benken, vicino a Basilea, dove il suicidio assistito è stato compiuto alla clinica dell'associazione Life Circle il 30 gennaio dell'anno scorso. 

IL "NO" DI PAROLIN
Anche in questi giorni, intanto, la Santa Sede ha ribadito la sua linea intransigente per il "no" alla pratica. Lo ha fatto il segretario di Stato, monsignor Pietro Parolin in una lectio magistralis tenuta a Padova, alla Facolta' teologica del Triveneto (Agi, 24 aprile). 

RISPETTO PER I TEMPI DELLA VITA
Secondo Parolin, «su questa volontà della ragione umana di intervenire in uno dei processi fondamentali della vita, il rispetto dei tempi della vita e della morte» occorre «interrogarsi non solo con i principi e le argomentazioni della morale». «Che cosa è – si è chiesto Parolin – questa pretesa della ragione a voler controllare il flusso del tempo? Da dove nasce questa ubris così potente da fondarsi su se stessa e di disporre di un potere illimitato che giunge a rifiutare ogni apertura nei confronti di chi pone delle obiezioni?». 

"GRANDE UBRIS"
Di fronte a questo «vuoto esistenziale», di fronte a questa «grande ubris», ha concluso il segretario di Stato, «manchiamo forse anche della più piccola speranza che vada oltre la ragione per aprirci alla relazione, alla solidarietà, all'amore invece di rinchiuderci nella morte».

I MITI SFATATI DAI VESCOVI AUSTRALIANI
Una dura presa di posizione è arrivata anche con il documento “Attenzione, amore e compassione – l’alternativa all’eutanasia" della Conferenza episcopale australiana (Acbc) pubblicato per sfatare alcuni miti sull'eutanasia, in relazione ad una sua eventuale legalizzazione nel Paese (Radio Vaticana, 22 aprile). In particolare, scrive monsignor. Peter Comensoli, delegato episcopale per la questione eutanasia, «il documento della Chiesa vuole aiutare le persone a capire perché la difesa della vita è sempre la scelta migliore».

1) PRATICA INSICURA
In quest’ottica, la Chiesa australiana sfata sei “miti” sull’eutanasia: il primo riguarda la possibilità che tale pratica possa essere applicata in sicurezza, secondo precise norme giuridiche. Ma, sottolineano i vescovi, "l’eutanasia ed il suicidio assistito non possono mai essere sicuri, perché i malati terminali sono persone vulnerabili, in preda a paura, depressione, solitudine, ed anche pressioni da parte dei familiari". Quindi, "nessuna legge potrà mai proteggerli dal soccombere all’eutanasia, se essa divenisse legale". 

2) FALSA IDEA DI DIGNITA'
Il secondo mito riguarda il “morire con dignità”. Anche in questo caso, spiegano i presuli, si tratta di un falso mito, poiché “la dignità umana non dipende dalla salute, ma semplicemente dall’umanità”. Inoltre, l’Acbc sottolinea la preoccupazione della società australiana per l’alto tasso di suicidi nel Paese e gli innumerevoli sforzi in atto per ridurre tale percentuale. Di fronte a tale contesto, allora, legalizzare l’eutanasia o il suicidio assistito “vorrebbe dire creare un pericoloso doppio standard e promuovere una falsa idea di dignità”. Dovere del medico è curare e assistere il paziente.

3) NON E' UNA LIBERTA' DI SCELTA
Il terzo mito da sfatare, aggiunge ancora la Conferenza episcopale australiana, riguarda il concetto di eutanasia come “libertà e scelta personale”. Ma ciò è errato, poiché essa “coinvolge sempre una seconda persona”, finendo per cambiare “per sempre la natura del rapporto che il medico ha con il paziente, trasformandolo dal dovere di cura ed assistenza a quello di potere di vita o di morte”. 

4) DERIVE LEGISLATIVE
E ancora: la Chiesa australiana sfata il mito che la legge sull’eutanasia sia stata sperimentata positivamente in altri Paesi, come il Belgio e l’Olanda, e ricorda le derive che tali legislazioni hanno fatto registrare, come la possibilità eutanasia per i bambini o per i disabili mentali.

5) NESSUN VOLERE DELL'OPINIONE PUBBLICA  
​Gli ultimi due punti che i vescovi australiani contrastano riguardano la legalizzazione dell’eutanasia come risultato del volere dell’opinione pubblica e la necessità di tale pratica per alleviare le sofferenze dei malati. Riguardo al primo aspetto, i presuli ricordano che “il Parlamento non legifera solo in base all’opinione pubblica, ma in favore del bene comune e per tutelare i più vulnerabili, dando voce a chi non ne ha”. 

6) L'IMPORTANZA DELLE CURE PALLIATIVE
Riguardo al secondo aspetto, invece, la Chiesa australiana ribadisce che “le cure palliative, e non l’omicidio, sono la risposta per alleviare le sofferenze di chi è in fin di vita”. Purtroppo, “tali cure non vengono offerte a molti malati in Australia”. Quindi, “nessuno dovrebbe parlare di eutanasia nel Paese” finché verrà risolto il problema dell’accesso, per tutti, alle cure palliative.

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