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“Anche se tutti, io no”

Anche se tutti, io no – cover

© Editori Laterza

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 03/04/15

La Chiesa e l'impegno per la giustizia a Reggio Calabria nel libro del gesuita Giovanni Ladiana

La frase "Anche se tutti, io no" è pronunciata dall'apostolo Pietro durante l'Ultima Cena per protestare il suo amore verso Gesù a dispetto di qualunque tradimento. Padre Giovanni Ladiana, superiore dei gesuiti di Reggio Calabria, riprende queste parole da un altro gesuita, il tedesco Alfred Delp, che le scelse come motto della resistenza nonviolenta sua e di altri confratelli al nazismo, pagata fino al sacrificio della vita. Tra gli animatori di ReggioNonTace, il movimeno di cittadini nato nel 2010 per contrastare la 'ndrangheta, Ladiana (in collaborazione con Vittoria Prisciandaro, Edizioni Laterza) racconta della necessità di fronte alle mafie di scegliere risolutamente tutti da che parte stare: "sia chi prende sul serio la propria Coscienza di credente in Gesù, sia coloro che, non credenti in lui, sceglieranno di rispettare la propria Coscienza di uomini e di donne. Ma non si può attendere che si sia tutti, prima di prendere decisioni".

Lei dice che parlando di 'ndrangheta e di mafie occorre recuperare le categorie di amico e nemico e qui siamo di fronte a un sistema assassino…

Ladiana: A volte pensiamo che le cose si appianano, ma non è così. Quando c'è una guerra non finisce da sola. Le mafie sono oggi la guerra peggiore che esista in tutto il mondo. Sta conquistando spazi perchè non non stiamo opponendo ciò che io chiamo "inimicizia", cioè la rottura. Però è necessaria, altrimenti inganniamo le vittime e troviamo giustificazioni per noi stessi.

E' vero che si tratta di una cultura pervasiva, alla quale non ci opponiamo nemmeno più? Si sta realizzando una forma di assimilazione culturale?

Ladiana: Qualche giorno fa è venuto uno dei tre vice presidenti della Confindustria italiana a Reggio Calabria e ha detto con molta chiarezza che la Confindustria di Reggio non può più dire che è oppressa dal sistema criminale, perchè in realtà fanno affari. Oggi l'Italia non si trova a livello della Grecia anche perchè la 'ndrangheta mette 43 miliardi di euro – a detta della Guardia di Finanza e della stessa Confindustria – nell'economia pulita. Dove si collocherebbe l'economia italiana senza questi soldi? Dove starebbero anche le industrie del Veneto?

Perchè ormai non si tratta più di un problema solo della Calabria o del sud: è così?

Ladiana: Lo dimostrano le indagini della polizia e gli arresti a Milano e in Liguria. La 'ndrangheta fa affari dappertutto. Bisogna non aspettare che la situazione si aggravi, come è accaduto a Reggio Calabria. Per troppo tempo c'è stato a causa dei legami familiari una specie di brodo di coltura, simile a quello che si verificava all'epoca delle Brigate Rosse nella sinistra per cui non si pensava ai terroristi come a degli assassini, ma come a dei "compagni che sbagliano". Questa confusione ci esime dalla lotta e rischia di far morire le coscienze. Si deve impedire prima che accada chiamando le cose con il loro nome.

Il papa denuncia la corruzione ma dice che non è solo questione delle grandi organizzazioni criminali, ma la corruzione tenta e tocca tutti noi. Questo è più evidente per la Calabria?

Ladiana: In Calabria non ci sono risorse. L'unica è rappresentata dagli investimenti pubblici. Basta come risposta? E' l'unico denaro che gira e gli unici soldi possibili.

E la Chiesa?

Ladiana: L'ultimo documento della chiesa calabrese è molto duro, ma poi bisognerà prendere delle decisioni concrete. La scomunica non è cosa nuova, adesso è stata detta con più decisione. Però il problema è come tradurla in termini pratici.

Cosa fonda oggi il suo impegno?

Ladiana: Io devo tutto, ma veramente tutto, alla Compagnia di Gesù. La formazione che ho ricevuto mi aiuta a cercare nelle situazioni non cosa "devo fare" ma cosa muove il mio cuore, cioè la fede in Gesù Cristo. E' questo fondamento che anche nel buio mi permette di non essere dominato dalla paura o dalla rabbia. Dopo l'assassinio in Salvador di padre Rutilio Grande – l'amico di mons. Oscar Romero che secondo lui l'aveva convertito ai poveri – anch'io come tanti chiesi di essere mandato in America latina. Padre Arrupe scrisse una lettera nella quale diceva che non tutti potevano essere mandati, ma anche a coloro che non partivano chiedeva di ricordare che si può dare la vita in un momento perchè è richiesto, ma, allo stesso modo, si può dare per tutta la vita la propria vita in ogni momento. Noi dobbiamo testimoniare Cristo agli uomini: l'importante è che decidiamo di seguirlo, anche se non sappiamo quali sacrifici ci chiederà.

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