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Il divorzio, passaporto per la povertà

Woman at work

© KieferPix/SHUTTERSTOCK

Forum Libertas - pubblicato il 03/07/14

Senza famiglia non c'è crescita economica sostenibile

Agli allievi del primo anno di economia viene mostrato in genere un diagramma chiamato “flusso circolare del reddito” per spiegare come si organizza l’economia. In questo schema, le imprese comprano fattori di produzione e vendono beni e servizi sul mercato. Dall’altro lato, le famiglie comprano i beni e servizi prodotti dalle imprese e venderanno a queste lavoro, terra e capitale. In base a questo modello, ci sono tre attori chiave: le imprese, le famiglie e i mercati misteriosi ed eterei.

Dal 26 al 30 giugno si è svolto nella sede di e-Cristians di Barcellona (Spagna) un seminario organizzato dal think tank FundSocial. I corsi si sono concentrati sul ruolo di uno dei tre attori determinanti nell’economia: la famiglia.

"La teoriaeconomica neoclassica dominante teorizza solo il mercato”, ha affermato Josep Miró i Ardèvol, membro di FundSocial, che ha presentato i frutti del suo lavoro sulla funzione economica della famiglia per aprire il dibattito.

Anche se esiste tutta una scienza dedicata all’impresa, è stato necessario attendere fino all’ultimo terzo del XX secolo perché sorgesse una prospettiva che la includesse nel modello economico: il paradigma istituzionale.

Malgrado questo, oggi manca ancora da includere uno dei tre attori del diagramma del flusso del reddito: la famiglia.

Il punto di partenza del seminario è stato proprio il fatto che si sta ignorando uno dei tre attori negli schemi economici che si studiano per cercare di scoprire “cosa non ha funzionato” e perché è scoppiata la crisi economica del 2008.

L’economia, una scienza umana

L’economia è un’antropologia”, ha ricordato Miró i Ardèvol, cosa che in genere non viene approfondita nelle facoltà di Economia.

L’esperto ha aggiunto che oggi si sa per certo che un fattore chiave della crescita economica è il capitale umano, ovvero l’insieme delle capacità, conoscenze e competenze delle persone, ma per generare capitale umano serve capitale sociale.

Quest’ultimo è dato dalle reti intessute da una società, dalle famiglie alle associazioni. Si basa, inoltre, sulla fiducia e sulle norme condivise che favoriscono la cooperazione. E qui entra in gioco la famiglia, che educa, offre anni di studio, trasmette valori e promuove le abitudini salutari dei figli, generando così capitale sociale. Un capitale sociale che si traduce in capitale umano quando si tratta di economia.

Miró i Ardèvol ha dimostrato in questo modo l’importanza della famiglia per assicurare lo sviluppo economico.

I costi economici di una società senza famiglie

“Il PIL di un paese calcola quello che la sua società valorizza maggiormente”, di modo che tutto si può esprimere in costi economici. In questo senso, il lavoro svolto da una madre in casa prendendosi cura dei propri figli non viene tenuto in conto per misurare la crescita economica, mentre questo potrebbe avvenire per la droga o la prostituzione, a giudicare dalle ultime novità politiche.

Miró i Ardèvol ha sottolineato che è un fatto totalmente contraddittorio, perché non si calcola il lavoro della madre, che fa incrementare il capitale sociale e umano, mentre si tiene conto di elementi che lo distruggono.

Cosa accadrebbe se non ci fossero famiglie?

Manel Silva, avvocato dello Stato e membro del Consiglio di Stato, ha ricordato nel seminario alcuni dati poco diffusi nel dibattito pubblico, come il fatto che il divorzio è la via più rapida per cadere in povertà, che aumenta la delinquenza dei figli e il fatto che possano fare ricorso a droghe o che moltiplica per sei la possibilità che un figlio subisca abusi sessuali da parte dei genitori o del patrigno/matrigna.

Silva ha anche segnalato che, in base alle ricerche del Centro di Ricerche Sociologiche (CIS), meno del 50% della popolazione spagnola valuta positivamente la diffusione delle coppie di fatto rispetto ai matrimoni. La percentuale scende al 17% quando si tratta di valutare i divorzi e arriva al 13% quando si parla della decisione di una coppia di non avere figli.

Si è quindi chiesto perché lo Stato non fa nulla quando la maggior parte degli spagnoli scommette su valori familiari concreti, e ha affermato che “se la base della società è un contratto [il matrimonio] che deve durare tre mesi, non è una base molto solida”.

Allo stesso modo, ha proposto che lo Stato promuova una mediazione nei casi di divorzio volta a evitare questa rottura dalle conseguenze tanto nefaste per i figli e la società.

La famiglia come centro dell’economia

Raúl Sánchez, direttore esecutivo dell’Associazione delle Famiglie Numerose della Catalogna (FANOC), ha esposto invece la problematica di intendere il progresso economico come un fine in sé.

“All’economia interesserà avere famiglie deboli, che lascino tutte le proprie funzioni, come l’educazione, al mercato”, ha indicato. Sono le conseguenze della società dei consumi portata all’estremo.

Sánchez ha dichiarato che se non si invertirà questa situazione si produrrà un “crack del sistema”, visto che si ignorerebbe un fattore chiave per la crescita economica sostenibile.

Il direttore della FANOC ha paragonato l’abbandono familiare al deterioramento dell’ambiente provocato dalla diffusione dell’industria: quello che a breve termine può produrre benefici economici finisce per essere un disastro a lungo termine.

“Serve un modello economico che metta al centro la famiglia”, ha concluso.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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