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Padre Gumpel: “La mia famiglia, perseguitata dai nazisti”

Papa Pio XII, Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli (1876-1958) – it

©CATHOLICPRESSPHOTO

Emanuele D'Onofrio - Aleteia Team - pubblicato il 30/01/14

Il relatore della causa di beatificazione di Pio XII racconta alcune storie inedite della sua famiglia negli anni della guerra.

Siamo alla terza parte (le altre sono qui e qui) della preziosissima testimonianza che Padre Gumpel ha regalato a noi di Aleteia. Nel proseguire la ricostruzione degli anni della guerra e del contributo che Papa Pio XII offrì alla salvezza di migliaia di ebrei, il gesuita tedesco si addentra nella storia della propria famiglia, rivelando alcune storie di sofferenza causate dall’aperta opposizione dimostrata ad Hitler e al suo regime. Nella prossima ed ultima parte, emergeranno ulteriori dettagli circa le prove che esistono sul sostegno di Papa Pacelli alla comunità ebraica.

Cosa succede dopo che Padre Alois Hudal, su richiesta di Pio XII, scrive a Berlino per protestare contro gli arresti indiscriminati di ebrei?

Gumpel: Come dicevamo, quella lettera non aveva sortito alcun effetto. Eppure, succede qualcosa di imprevisto. Improvvisamente – e qui posso parlare da persona veramente informata dei fatti – alle ore 14 del 16 ottobre, appena finita la razzia, arriva un ordine tassativo di Himmler, il capo massimo delle SS, che chiede di fermare tutto, di non arrestare più alcun ebreo. Io mi sono sempre domandato come mai questo fosse accaduto, e nonostante avessi dedicato molto tempo a queste ricerche tra gli atti dell’Archivio segreto non ho trovato niente relativamente a questo. Allora mi sono chiesto come muovermi. Fosse successo prima, avrei potuto prendere contatti con Kesserling, perché attraverso le mie relazioni familiari avevo avuto contatti con parecchi generali.

Che tipo di contatti?

Gumpel: Certo non eravamo nazisti. Tutt’altro, mio nonno è stato ucciso dai nazisti, perché si era opposto. Lui era amico personale e consigliere del Presidente della Repubblica, il Maresciallo Von Hindenburg, e aveva fatto di tutto per impedire che Hitler fosse nominato Cancelliere del Reich. Lo so con certezza perché quando questo successe, il 30 gennaio 1933, ero con lui perché lui dedicava molto tempo alla mia educazione. Avevo 9 anni, ma ero già destinato a diventare suo successore: lui aveva preso per questo in mano la mia formazione culturale. Per vendetta a quell’opposizione, tuttavia, mia madre fu imprigionata, mentre dopo la morte di Hindenburg mio nonno fu ucciso ed io fui mandato in vari paesi, in Francia, in Olanda. In pratica ho trascorso tutta la mia gioventù all’estero, per non cadere nelle mani dei nazisti.

Quindi durante la guerra lei non si trovava in Germania?

Gumpel: No, certamente no. Sono stato in Olanda, per due anni sono stato in Francia in una scuola francese. Non conoscevo una parola di francese, ma quando uno è giovane e ha un minimo di talento per le lingue impara rapidamente. Sarei potuto tornare a Berlino, perché Hitler aveva promesso di non toccarmi, ma delle parole di Hitler non ci si poteva mai fidare. Quando fu arrestata mia madre, all’inizio del 1939, per ordine del Papa fui direttamente inviato in Olanda, con un passaporto falso. Mia madre successivamente è stata liberata, in seguito ad un mio incontro con uno dei più alti generali dell’esercito tedesco che si è svolto una notte, dopo la mezzanotte, in una strada oscura di Berlino. L’ho affrontato direttamente, l’ho guardato dritto negli occhi e gli ho detto: “Signor Colonnello Generale – aveva quattro stelle, anche se era venuto in borghese, naturalmente – lei è stato un amico della nostra famiglia, veniva nella nostra tenuta per fare la caccia, era sempre il benvenuto in casa nostra. Lei sa che domani mattina mia madre deve essere fucilata senza processo; allora la mia richiesta è, generale, cosa fate per questo voi, Lei e i suoi colleghi amici della nostra casa?”. A quel punto, lui si è tolto gli occhiali scuri, mi ha fissato dritto negli occhi e ha detto: “Nella sua faccia parla la coscienza della Germania. Io questa notte stessa andrò da Hitler, ancora una volta.” Alle tre di notte arrivò a casa nostra una telefonata e un alto ufficiale delle SS, che aveva dato l’ordine ai suoi di partire subito con un aereo verso la città dove mia madre era imprigionata e di portarla indietro. Quando mia madre tornò, la prima cosa che mi disse fu di partire subito, ancora una volta per l’estero, di lasciare la Germania.

Sua madre era stata imprigionata per opposizione al regime?

Gumpel: Si certo, con una scusa che era tutta una montatura. Quello che volevano era punirla.

Invece suo padre si trovava in Germania in quei difficili anni?

Gumpel: No, lui era all’estero, in missione diplomatica, e una volta che Hitler è andato al potere non più tornato. Io non l’ho mai più visto. Ad ogni modo, le mie cose personali magari possono non interessare, ma io gliele racconto solo per evitare che alcuni pensino che io sia un nazista. Mi è capitato anche questo. Il redattore capo di un grande giornale americano una volta mi telefonò e mi chiese: “E’ vero che lei è stato membro della Gioventù Hitleriana, che è stato un membro delle SS?”. Dopo un momento di perplessità, gli ho risposto: “Caro signore, per me è molto interessante venire a sapere da un giornalista cose delle quali non ho mai saputo nulla!”. Lui mi ha detto: “Dunque non sono cose vere?”. Ed io: “Le ho già risposto”. Allora lui mi ha confessato: “Vede, io non ci creduto. Ma sono stato messo sotto pressione per pubblicare queste informazioni, che lei è stato membro delle SS. Se faccio questo lei mi denuncerà?” “Certo, lei può contarci. Lei faccia quello che vuole, ma io le dico fin da ora che ci sarà un processo per calunnia, perché lei non è in grado di provare niente. Anzi, può essere provato il contrario”. È andata a finire che questo giornalista non ha pubblicato nulla, si è scusato e la cosa è finita così. Dunque, non sono mai stato nazista; tutt’altro, si può tranquillamente affermare che sono una vittima del nazismo. 

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