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Quattro nuovi segnali nella “rivoluzione Francesco”

Pope Francis salutes the crowd – it

AFP PHOTO / VINCENZO PINTO

CITE DU VATICAN, Vatican City : Pope Francis salutes the crowd as he arrives for his weekly general audience in St Peter's square at the Vatican on January 15, 2014. AFP PHOTO / VINCENZO PINTO

Finesettimana.org - pubblicato il 15/01/14

Una chiesa finalizzata più alla misericordia che al giudizio, una posizione politica più vicina al centro, ed una enfasi pastorale sulle periferie e sui poveri
di John L. Allen
Ormai, la “rivoluzione di Francesco” sembra, a grandi linee, sufficientemente chiara – una chiesa finalizzata più alla misericordia che al giudizio, una posizione politica più vicina al centro, ed una enfasi pastorale sulle periferie e sui poveri. Durante il secondo fine settimana di gennaio, si sono visti a Roma quattro nuovi segnali di questa rivoluzione. Considerati insieme, tali sviluppi suggeriscono non solo che Francesco sta procedendo sulla sua strada, ma anche che il suo esempio sta incoraggiando altri.

Nuovi cardinali

Francesco ha annunciato 19 nuovi cardinali domenica, compresi 16 al di sotto degli 80 anni, e quindi con diritto di voto per l’elezione di un nuovo papa. Ciò che ha immediatamente colpito è l’ampia distribuzione globale del gruppo con, tra gli elettori, solo quattro nuovi cardinali vaticani e solo altri due dall’Europa. Gli altri cardinali in età di voto comprendono quattro latinoamericani, due asiatici, due africani ed uno caraibico. Dopo un attento esame, appare nelle scelte di Francesco anche una chiara opzione a favore della periferia. Ad esempio, il vescovo Chibly Langlois sarà il primo cardinale di Haiti, sotto molti aspetti uno dei paesi più poveri al mondo. La nomina deroga ad una regola vaticana non scritta secondo la quale, se era opportuno che i Caraibi avessero un cardinale, il berretto rosso avrebbe dovuto andare ad una delle tre centrali cattoliche della regione – Cuba, Porto Rico o la Repubblica Dominicana. Inoltre, la diocesi di Langlois di Les Cayes non è una delle due arcidiocesi di Haiti, per questo Langlois rappresenta un’opzione a favore della periferia perfino all’interno del suo paese. Inoltre, uno dei tre cardinali “onorari” nominati da Francesco, persone significative al di sopra degli 80 anni, è un altro vescovo caraibico, l’arcivescovo emerito di Castries, Kevin Edward Felix. La stessa cosa si può applicare al nuovo cardinale delle Filippine, l’arcivescovo Orlando B. Quevedo, la cui diocesi di Cotabato tradizionalmente non era considerata una diocesi importante allo stesso livello di Manila o Cebu. In Italia, Francesco ha evitato le tradizionali diocesi da berretto rosso di Venezia e Torino per elevare a cardinale l’arcivescovo Gualtiero Bassetti di Perugia. (Tale scelta è stata presa non solo come un’opzione a favore di zone tradizionalmente trascurate, ma anche a favore dei politicamente moderati, dato che gli attuali arcivescovi sia di Venezia che di Torino sono generalmente visti come membri dell’ala conservatrice della Chiesa italiana). L’evento del 22 febbraio in cui Francesco crea questi nuovi cardinali si presenta quindi come il “Concistoro della Periferia”.

Battesimi

Lo stesso giorno in cui ha annunciato i nuovi principi della Chiesa, Francesco ha anche battezzato 32 bambini nella Cappella Sistina. Il papa ha suscitato titoli da prima pagina dicendo alle madri presenti che non dovevano sentirsi in imbarazzo se avevano bisogno di allattare al seno i loro bambini, ma il flash d’agenzia più importante è stato che tra quelli battezzati da Francesco c’era una bimba, Giulia, i cui genitori erano sposati solo civilmente e finora non in chiesa. Secondo La Stampa, era la prima volta che un bambino nato in un matrimonio “irregolare” veniva battezzato in una messa papale pubblica. I genitori, Ivan Scardia e Nicoletta Franco, hanno detto ai giornalisti di essere stati presenti ad una udienza generale il 25 settembre scorso e di aver chiesto al papa se volesse battezzare la loro seconda figlia, ed egli aveva accettato. Certo, non ci sono impedimenti a battezzare tali bambini. Il canone 868 stabilisce soltanto che, perché un battesimo sia compiuto lecitamente, deve esserci una fondata speranza che il bambino sarà educato nella religione cattolica. Più in generale, la norma canonica stabilisce che i fedeli hanno diritto ai sacramenti e che ci vuole una buona ragione per rifiutarli loro. Ciò detto, è facile immaginare che in altre circostanze ci sarebbero state resistenze all’idea che fosse proprio il papa ad amministrare un tale battesimo in una cerimonia pubblica, per la preoccupazione che potrebbe offuscare l’insegnamento della chiesa sul matrimonio. La scelta di Francesco di continuare su quella linea è in totale coerenza con il suo modo di comportarsi quando era arcivescovo di Buenos Aires in Argentina. L’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio nel 2012 criticava i preti che si rifiutavano di battezzare i bambini di madri nubili. “Quelli sono gli ipocriti di oggi”, diceva Bergoglio, “quelli che clericalizzano la chiesa, che tengono il popolo di Dio lontano dalla salvezza”. A tutti gli effetti, il battesimo celebrato domenica dal papa si delinea come un altro gesto inteso a sottolineare la priorità della misericordia.

Un arcivescovo dietro le sbarre?

Verso la fine della scorsa settimana, delle agenzie di stampa in vari paesi del mondo riferivano una notizia secondo cui il Vaticano aveva rifiutato una richiesta polacca di estradizione riguardante l’arcivescovo Jozef Wesolowski, ex ambasciatore papale nella Repubblica Dominicana, rimosso in agosto in seguito ad accuse di abusi sessuali sia là che in Polonia. La notizia ha avuto una smentita da parte del portavoce del Vaticano, il gesuita padre Federico Lombardi, che ha dichiarato sabato che non c’era stata alcuna richiesta di estradizione e che il Vaticano è pronto a collaborare con le inchieste sia in Polonia che nella Repubblica Dominicana. Lombardi ha aggiunto che il sessantacinquenne Wesolowski è oggetto di un’inchiesta canonica da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, che potrebbe portare ad una sua riduzione allo stato laicale, sia come prete che come vescovo. Rivoluzionario è stato l’ulteriore elemento comunicato da padre che Lombardi: che Wesolowski è anche oggetto di un’indagine penale da parte del tribunale penale del Vaticano. Nel luglio scorso, Francesco aveva emesso una disposizione che estendeva la giurisdizione del tribunale penale vaticano in casi di abusi sessuali a diplomatici papali, e Wesolowski quindi si presenta come il primo reale test di tale disposizione. In teoria, Wesolowski potrebbe seguire la via tracciata da Paolo Gabriele, il primo maggiordomo papale che è stato accusato di essere la talpa al centro dello scandalo Vatileaks sotto Benedetto XVI. Gabriele è stato sottoposto ad un processo penale vaticano, trovato colpevole e condannato alla prigione. La differenza maggiore è che mentre Benedetto perdonò a Gabriele, è improbabile che Francesco faccia lo stesso nei confronti di Wesolowski, nel caso in cui quest’ultimo sia ritenuto colpevole. Mentre è troppo presto per dire come questo processo possa concludersi, se dovesse finire con Francesco che mette un arcivescovo dietro le sbarre, la cosa sarebbe vista da molti osservatori come un chiaro segnale che questo papa fa sul serio sul fronte degli abusi sessuali.

Il funerale di un barbone

Verso la fine di dicembre, un barbone di 63 anni chiamato Alessandro morì durante una notte particolarmente fredda a Roma, in una strada vicina al Vaticano. Questo non era di per sé qualcosa di insolito, dato che le vie attorno al Vaticano attirano una numerosa popolazione di senzatetto e ogni anno molti muoiono nel periodo del freddo invernale. Ciò che è successo dopo può tuttavia essere considerato un altro indice dell’ “effetto Francesco”. Degli studenti dell’Università Urbaniana, la cui residenza per seminaristi da paesi in via di sviluppo si trova sulla collina del Gianicolo di fronte al Vaticano (e vicina alla residenza per seminaristi provenienti dagli Stati Uniti), sentita la notizia della morte di Alessandro decisero di far qualcosa. Chiesero alle autorità dell’università il permesso di celebrare il funerale, e la loro idea giunse alla scrivania del Cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, il dipartimento vaticano missionario, che sovrintende alla residenza dell’Urbaniana. Filoni diede il consenso e il responsabile ufficiale per i progetti di carità personali del papa, l’arcivescovo polacco Konrad Krajewski, accettò di celebrare la messa del funerale.

Articolo originale apparso su i“ncronline.org” del 13 gennaio 2014. Traduzione a cura di www.finesettimana.org

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