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Archiviato il Porcellum: verso quale legge elettorale?

corte costituzionale italiana – it

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Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 14/01/14

I giudici della Corte Costituzionale hanno depositato le motivazioni della sentenza con la quale hanno dichiarato l'incostituzionalità dell'attuale legge elettorale

“Il Parlamento non è delegittimato” ma il meccanismo premiale a favore della maggioranza previsto dalla legge elettorale rappresenta “una grave alterazione della rappresentanza”: i giudici della Corte Costituzionale hanno depositato le motivazioni della sentenza con la quale lo scorso 4 dicembre hanno dichiarato l'incostituzionalità del c.d. Porcellum. Con quali conseguenze sull'attuale sistema elettorale e le prospettive della nuova legge sulla quale stanno ragionando i partiti?

Nelle 26 pagine di motivazioni alla sentenza – relatore Giuseppe Tesauro – i giudici della Consulta affermano che nella legge elettorale bocciata di incostituzionalità il premio di maggioranza “è foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione” e può produrre “una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica”, perché non impone “il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista”. “Manifestamente irragionevole” viene definito il meccanismo premiale perché “da un lato, incentivando il raggiungimento di accordi tra le liste al fine di accedere al premio, si porrebbe in contraddizione con l'esigenza di assicurare la governabilità, stante la possibilità che, anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del premio si sciolga o uno o più partiti che ne facevano parte ne escano; dall'altro, provocherebbe una alterazione degli equilibri istituzionali, tenuto conto che la maggioranza beneficiaria del premio sarebbe in grado di eleggere gli organi di garanzia che, tra l'altro, restano in carica per un tempo più lungo della legislatura” (La Repubblica.it 13 gennaio).

Altra censura deriva, secondo la Corte, deriva dal fatto che l'entità del premio a favore della lista o coalizione che ha ottenuto più voti, varia da Regione a Regione ed è maggiore in quelle più grandi e popolose: il peso del voto, quindi, che dovrebbe essere uguale e contare allo stesso modo ai fini della traduzione in seggi, risulta invece diverso a seconda della collocazione geografica degli elettori.

I giudici bocciano anche le liste bloccate così come previste dal Porcellum perché tali da alterare per l'intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza tra elettori ed eletti e coartano la libertà degli elettori nell'elezione dei propri rappresentanti in Parlamento: queste condizioni “rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l'effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l'effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)” (La Repubblica.it 13 gennaio).

Quali le conseguenze della sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale? Per prima cosa, essendo la sentenza non retroattiva, non esiste un problema di legittimità del Parlamento eletto come sostiene il Movimento 5 Stelle e nemmeno degli atti “posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto”.

Ma se si andasse a votare domani, con quale sistema si esprimerebbe la volontà degli elettori?Si voterebbe con la legge proporzionale pressoché pura e con la preferenza unica sia alla Camera sia al Senato, “sistemi costituzionali – commenta il costituzionalista Stefano Ceccanti su L'HuffingtonPost 13 gennaio -, ma disastrosi ai fini della governabilità (proporzionale quasi pura) e con enormi controindicazioni sui costi delle campagne e la coesione interna delle forze politiche (la preferenze in circoscrizioni enormi)”.

La sentenza della Consulta ha tuttavia anche un effetto indiretto, molto importante nell'attuale momento politico. “Escludendo solo quel tipo di premi e quel tipo di liste – aggiunge Ceccanti -, si salvano nel dibattito politico già entrato nel vivo tutti e tre i sistemi indicati da Renzi, oltre a molti altri possibili”. Inoltre “restano in piedi tutte le leggi elettorali regionali perché si tratta di livelli di rappresentanza non comparabili, dai premi senza soglia in unico turno alle liste bloccate corte della Toscana” e “dalla critica ai premi regionali per il Senato si ricava che, a Costituzione invariata, essendo quella Camera una assemblea che dà la fiducia a un Governo sarebbe ammissibile anche lì, volendo un premio nazionale”. Secondo Ceccanti, quindi “c'è ampia materia per muoversi nella direzione indicata dal presidente Napolitano già nello scorso dicembre, ossia nel solco della scelta maggioritaria del referendum del 1993, con i vincoli non invasivi ora precisati dalla Corte” (L'HuffingtonPost 13 gennaio).

(Per chi non resiste alla spiegazione delle motivazioni della Consulta per più di 140 caratteri per volta, può consultare i tweet di Ceccanti e del costituzionalista Francesco Clementi raccolti da Squer.it 13 gennaio).

La Corte Costituzionale si è quindi pronunciata cassando i profili abnormi del sistema elettorale attuale che hanno inciso sul principio stesso di democrazia nel nostro Paese e indicando i confini entro i quali potrà muoversi la futura legge elettorale. La parola passa adesso di nuovo al Parlamento e ai partiti. “Nelle pagine delle motivazioni – sottolinea Giovanni Grasso su Avvenire (14 gennaio) – non c’è, come qualcuno sperava o paventava, la bocciatura dei sistemi plurinominali (tipo modello spagnolo) purché la lista dei candidati sia breve e non sterminata. Cadono dunque tutti gli alibi per l’intera classe politica, che dovranno pensare responsabilmente al Paese e smettere di utilizzare la riforma elettorale – una delle leggi più importanti per una democrazia, perché decidono del rapporto tra eletti ed elettori – per interessi di bottega o di piccolo cabotaggio”. Qualora non si raggiungesse un accordo tra i partiti, ammonisce Grasso, “è quello di tornare a votare con una legge largamente proporzionale che renderebbe, in un contesto frammentato come quello italiano, praticamente eterno il ricorso alle larghe intese e alle pratiche trasformistiche del recente passato”.

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