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Sveglia! Viviamo l’epoca più dura per la persecuzione anticristiana

George Weigel su violenza anticristiana

@DR

George Weigel - pubblicato il 31/10/13

Una consapevolezza che influisce raramente sull'autocoscienza della Chiesa comoda, la Chiesa tollerante o gentile

Ogni numero dell'ammirevole rivista ecumenica Touchstone include una sezione intitolata “La Chiesa che soffre”. È un titolo che i cattolici di una certa età associano al purgatorio, ma nel vocabolario di Touchstone “la Chiesa che soffre” è quella che viene purificata qui e ora dalla persecuzione. È un utile promemoria di una brutta vicenda.

Questa brutta vicenda, infatti, influisce troppo raramente sull'autocoscienza cristiana, e molto meno sulla coscienza cristiana, della Chiesa comoda, Chiesa tollerante o Chiesa gentile – anche se la commissione storica istituita da Giovanni Paolo II in preparazione al Grande Giubileo del 2000 ha mostrato chiaramente che i cristiani oggi vivono nel periodo di massima tribolazione della loro storia. La commissione ha affermato che sono stati di più i cristiani uccisi per la loro fedeltà a Cristo nel XX secolo che nei complessivi precedenti 19 di storia cristiana. Il “martirio” non è solo una questione relativa a Richard Burton e Jean Simmons che voltano le spalle al pazzo Caligola interpretato da Jay Robinson mentre Michael Rennie/San Pietro guarda benevolmente nel classico di Hollywood “La Tunica”; il “martirio” continua intorno a noi, sempre.

Una sola pagina di un numero recente di Touchstone ha sottolineato che circa 1.200 protestanti sono stati imprigionati in alcuni container nei campi del deserto eritreo in cui “la tortura è una routine”; che Mostafa Bordbar, un 27enne cristiano convertito è stato arrestato e accusato di “riunioni illegali e di aver partecipato a una chiesa domestica” in Iran (un promemoria che dovrebbe far riflettere quanti scorgono una nuova “moderazione” a Teheran in questi giorni); che i cristiani kazaki, molti dei quali convertiti dall'islam, sono “incoraggiati” dall'arresto dei loro pastori ad astenersi dall'evangelizzazione; che un leader musulmano della Nigeria centrale rapisce regolarmente ragazze e donne cristiane e le tiene prigioniere in casa sua per obbligarle a convertirsi o a tornare all'islam.

Nel frattempo, i cristiani temono quotidianamente per la propria vita in Siria e in Egitto, due società che stanno implodendo in cui può sembrare che le fazioni e sette musulmane maggioritarie siano d'accordo solo su una cosa: è aperta la caccia ai cristiani. In due decenni, forse meno, il cristianesimo potrebbe cessare di essere una realtà ecclesiale vivente in molti dei luoghi in cui è nato, per non parlare delle città in cui si è sviluppato il cristianesimo sub-apostolico e patristico; l'unica eccezione a questa tendenza in Medio Oriente e in Nordafrica è Israele.

Tom Holland, popolare storico e autore di “The Forge of Christendom” (un libro affascinante che esplora i modi in cui l'aspettativa della fine del primo millennio di un'imminente fine del mondo ha modellato il trionfo dell'Occidente nel secondo millennio), ha affermato di recente in un briefing con la stampa a Londra parlando dell'odio e delle rivalità settarie in Medio Oriente che “stiamo assistendo a qualcosa che a livello di orrore ricorda la guerra dei Trent'anni europea”.

Nella stessa conferenza, la mia vecchia amica e collega Nina Shea, direttrice del Centro per la Libertà Religiosa dell'Hudson Institute di Washington, ha sollevato alcune domande mirate sull'ignoranza dei media occidentali – o peggio – relativamente a questa persecuzione. La Shea ha notato che in Egitto è stata distrutta di recente una chiesa copta del IV secolo dedicata a Nostra Signora, anche se era nella lista per essere dichiarata patrimonio mondiale dell'UNESCO. La chiesa aveva 200 anni più dei Buddha di Bamiyan (Afghanistan) che figuravano nella lista dell'UNESCO e la cui distruzione da parte dei talebani nel 2001 è stata ampiamente commentata e universalmente condannata; i principali media, tuttavia, hanno trattato questo atto di vandalismo religioso e culturale anticristiano in Egitto come un non-evento.

Cosa bisogna fare allora? Sostenere quelle agenzie non governative che lavorano per sostenere la vita pastorale della cristianità nei luoghi in cui è nata, chiedere che la diplomazia statunitense prenda più seriamente la libertà religiosa in Medio Oriente, e far sì che la la causa di questi e di altri fratelli e sorelle in Cristo sia una parte regolare della preghiera liturgica, ricordando la Chiesa perseguitata nelle intenzioni generali di ogni Messa e pregando pubblicamente per la conversione dei persecutori.

Sì, per la loro conversione.

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