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Che ricordo ho conservato di don Luigi Giussani? Di un santo prete e un eccezionale animatore di giovani nella fede in Cristo. La nascita e la diffusione consistente ed immediata di Cl negli ann
i Settanta era un fenomeno straordinario che suscitava opposizioni e consensi, ma anche dibattiti sul perché così tanti giovani andavano, rischiando, così numerosi contro corrente. Nel salone del teatro e nella sottostante “Sala rossa” del Centro missionario Pime, a partire dal 1974 al sabato si teneva la “Scuola di comunità”, mattino e pomeriggio, per gli studenti delle medie e poi delle superiori. L’afflusso esauriva spesso la capienza delle due strutture (circa 1.000 posti a sedere). Ricordo bene che quando parlava don Giussani, noi giovani preti del Pime a volte andavamo a condividere la passione di quella folla di ragazzi e ragazze, seduti anche per terra sul palco e sui gradini dello scalone d’ingresso. Don Gius parlava animato come sempre, anche citando passi del Vangelo ed esprimeva concetti teologico-culturali non sempre di facile comprensione. Eppure, quei giovani ciellini, attenti e concentrati, scrivevano sui loro quadernetti quel che il grande Gius diceva.
A me sarebbe piaciuto andare a leggere quelle loro note (per vedere cosa capivano e cosa scrivevano), ma insomma, quella partecipazione di massa, che si apriva e si chiudeva con la preghiera, era un “segno dei tempi” inequivocabile. Nella confusione di idee, di voci, di proposte e ipotesi di quel tempo, i giovani volevano riscoprire le certezze della fede, per dare un orientamento sicuro alla loro vita. E Giussani era l’uomo giusto per questo. Quando scandiva solennemente: “Ricordatevi, Gesù Cristo è l’unica ricchezza che abbiamo e Gesù lo incontriamo solo nella Chiesa cattolica, nel Papa e nei vescovi a lui uniti!”, qualche volta scoppiavano spontanei gli applausi.
Posso testimoniare, con molta sincerità, che dopo il “Sessantotto” ero invitato in diocesi e parrocchie per conferenze, congressi, giornate e veglie missionarie. Mentre all’inizio degli anni Settanta le opinioni su CL erano in grande maggioranza negative, in seguito ho sentito non pochi vescovi e parroci che dicevano: “Nella mia diocesi (o parrocchia), se non ci fosse CL ci sarebbe poco o nulla d’altro”. Certo, i cattolici erano sempre tanti, ma non visibili nella società, nelle scuole, nei giornali. Ho avuto anche molti contatti con redazioni di giornali e settimanali laici, radio, televisioni e case editrici. Se chiedevo com’era la presenza dei cattolici in quell’ambiente, quasi sempre rispondevano: “Sì, c’è il gruppo di CL”.
Ho già scritto che nelle prime catechesi ai giovani di Gs nel 1958-1959 alle quali assistevo, don Giussani centrava i suoi discorsi su Gesù Cristo, la fede e l’amore a Cristo, l’essere innamorati di Gesù. Ma negli anni Settanta, le ideologie del Sessantotto non se la prendevano più tanto con Gesù Cristo, che era considerato “il primo socialista”, una sorta di capo rivoluzionario che condannava i capitalisti del tempo, predicava la liberazione degli oppressi e dei poveri e fustigava i venditori nel Tempio. Invece i contestatori attaccavano la Chiesa, la presenza fisica di Cristo nella storia, che Giussani difendeva con tutte le sue forze. Per me che appartengo a un istituto pontificio, l’attaccamento del don Gius al Papa me lo rese ancora più caro.
Tanto più che in quegli anni Settanta, il mio superiore generale mons. Aristide Pirovano (1915-1997), consacrato vescovo di Macapà da mons. G.B. Montini nel 1955, era personalmente amico di Paolo VI e raccomandava sempre la devozione e l’obbedienza al Papa.