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Papa Francesco, “in famiglia” con i ragazzi delle scuole dei gesuiti

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ANDREAS SOLARO

Chiara Santomiero - pubblicato il 07/06/13

Padre Denora: “oggi la nostra missione è essere al servizio del futuro”

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“Volevi fare il papa?”, “Come hai fatto a decidere di fare il prete?”, “Sei mai stato in Sicilia? Se vieni ti accogliamo volentieri”. Gli allievi delle scuole dei gesuiti di Italia e di Albania – in 9 mila sono arrivati venerdì mattina nell’aula Aula Paolo VI in Vaticano per incontrare il primo papa gesuita della storia – si sono rivolti senza timori a Francesco dandogli del “tu” ed esprimendo le domande grandi e piccole che la loro età e la vicinanza che avvertono con il pontefice gli ha suggerito. D’altra parte è stato lo stesso papa ad incoraggiarli affermando che “con tutti voi mi sento in famiglia” e accorciando il discorso ufficiale per ascoltarli il più possibile.

E di domande da parte dei ragazzi ne erano arrivate tante come racconta ad Aleteiapadre Vitangelo Denora, delegato per i collegi della Provincia d’Italia e di Albania e direttamente responsabile per le scuole di Torino, Milano e Napoli.

Denora: Era desiderio del Papa che ci fosse spazio per dialogare con i ragazzi e così abbiamo “inventato” un concorso chiedendo a tutte le scuole di proporre agli studenti più piccoli di scrivere una lettera con l’incipit “caro Papa” mentre per i più grandi la formula era “Al Papa vorrei dire…”. Abbiamo ricevuto tantissime risposte da parte dei ragazzi che nel proporre domande hanno raccontato molto di sè, dei loro valori, sogni, paure. I ragazzi del liceo hanno raccontato il timore e il dolore di perdersi, quelli delle scuole medie hanno scritto a Francesco: “ti sentiamo un papa rivoluzionario perchè ascolti i nostri desideri senza strumentalizzarli come fa la società di oggi”. Non so cosa succeda esattamente, ma in questa relazione con Bergoglio i giovani si sentono liberi di esprimersi e si sentono ascoltati. E nell’incontro nell’aula Paolo VI è stato molto evidente.

Cosa rappresenta oggi in Italia la realtà dei collegi dei gesuiti?

Denora: In Italia ci sono 5 mila alunni tra scuole dell’infanzia, primaria, secondaria e licei classico e scientifico. Altri 700 studenti sono nel collegio di Scutari in Albania che fa parte della provincia italiana. Io credo che la missione delle nostre scuole oggi in Italia sia quella di essere un servizio nei confronti del futuro. Le scuole dei gesuiti sono nate come opera di carità perchè si pensava che la carità più grande da fare a una società fosse offrire una buona formazione a persone che crescessero avendo fiducia nei propri talenti e mettendo questi talenti a servizio degli altri. Papa Francesco ha invitato ripetutamente i giovani – lo ha fatto anche oggi – ad avere grandi sogni, ad avere fiducia nei doni che il Signore ha fatto a ciascuno e a metterli al servizio degli altri. Questo è il cuore della nostra missione educativa e pensiamo che in Italia oggi ce ne sia tanto bisogno in un contesto in cui la scuola cattolica è in difficoltà, ma lo è tutto il mondo della scuola perchè non sono in molti a ritenerlo un campo prioritario nel quale una società gioca il suo futuro e dove si può aiutare i giovani a traghettare questo periodo così difficile.

Scuola paritaria e scuola statale: un rapporto difficile?

Denora: Oggi in Italia bisogna impostare in modo nuovo questo dibattito tra scuola paritaria e scuola statale proprio perché tutti abbiamo davanti la stessa sfida educativa e non serve continuare a litigare sui soldi come se ognuno li togliesse all’altro. Dobbiamo aiutarci. Anche le scuole paritarie hanno il desiderio di essere scuole aperte a tutti – non si vogliono fare scuole per elite – e sono preoccupate per il disinvestimento che c’è nel nostro Paese nei confronti della scuola. Bisogna pensare tutti insieme ai giovani e proporre livelli educative di qualità altrimenti la scuola ma anche la società e la nostra Chiesa non hanno futuro.

Come affrontare le sfide che avete davanti, compresa una fase di ristrutturazione?

Denora: Innanzitutto credendo nel nostro progetto educativo. Credo che dall’incontro con il Papa venga fuori un’energia nuova, sia per gli educatori che per I giovani. Sono profondamente convinto che uno dei luoghi dove ancora oggi avviene qualcosa di sacro – anche se non tutti lo chiamiamo così – è il luogo in cui si vive l’esperienza spirituale della relazione educativa con I ragazzi. Lì c’è qualcosa che si avvicina molto al mistero della vita, della persona, ed è da lì che nasce la speranza e la fiducia nel futuro.

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