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La fede cattolica non trascura il corpo, lo esalta

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Roberta Sciamplicotti - pubblicato il 03/05/13

La spiritualità del T'ai Chi Ch'üan, uno stile delle arti marziali cinesi, vista in chiave interreligiosa

Il corpo è un elemento fondamentale nella fede cattolica, e lo può ricordare anche una pratica come il T'ai Chi Ch'üan, come spiega un libro di Roberto Fassi,Ignazio Cuturello, padre Davide Magni e Francesco Tomatis,Corpo e preghiera. La via del T'ai Chi Ch'üan” (Città Nuova).

Il T'ai Chi Ch'üan, destrezza o pugilato della suprema polarità, quella fra i principi Yin e Yang, esemplificabili in ombra e luce, femminile e maschile, recettività e attività, terra e cielo, è il principale degli stili cosiddetti interni del Kung Fu, l'insieme delle arti marziali tradizionali cinesi, origine della gran parte delle discipline da combattimento dell'Estremo Oriente.

Ginnastica salutare basata sui principi della medicina tradizionale cinese, tecnica di respirazione in movimento e di difesa non violenta, ha come scopo supremo la meditazione dinamica e una continua preghiera di ricongiungimento tra cielo e terra attraverso il corpo dell'uomo e la sua sensibilizzazione ad ogni energia naturale e sovranannaturale, svolta in una danza rituale in comunione fra più persone.

Un nuovo libro analizza questa arte. Attraverso una ricca serie fotografica, avente come soggetto principale il maestro Ignazio Cuturello, allievo del maestro di Kung Fu Chang Dsu Yao e del maestro Roberto Fassi, vengono presentate alcune posture caratteristiche del T'ai Chi Ch'üan secondo lo stile Yang. Oltre a un colloquio tra i due maestri citati in cui si tratteggiano la storia e i significati del T'ai Chi Ch'üan e a due approfondimenti filosofici e metafisici dei principi classici di quest'arte, figura un approfondimento di padre Davide Magni S.I., teologo che elabora da un punto di vista teologico e antropologico un confronto in chiave interreligiosa della spiritualità del T'ai Chi Ch'üan, prevalentemente taoista, con cristianesimo e buddismo, soffermandosi sulla preghiera.

Il sacerdote gesuita sottolinea che “non viviamo a prescindere dalla nostra fisicità”, e il corpo ha dunque un'importanza essenziale nell'atto del pregare. Il corpo è del resto “il nostro modo di essere nel mondo, di prendervi parte, di rispondere ai suoi molteplici richiami e alle sue sollecitazioni di gioia o di dolore”.

La salvezza cristiana, ricorda, “passa attraverso il corpo, e mai a prescindere da esso”. L'itinerario di apertura al trascendente, infatti, avviene proprio attraverso il corpo, “non abbandonandolo in virtù di una valorizzazione di una parte spirituale più 'nobile'”.

“Con l'Incarnazione diventa evidente che il corpo è la via bidirezionale: di Dio verso l'uomo e dell'uomo verso Dio”. La corporeità costituisce dunque l'esperienza religiosa primaria, ovvero “l'esperienza della vita come dono ricevuto e relazione assegnata”.

Più di ogni altra religione, inoltre, il cattolicesimo pone nell'atto corporeo più importante, il mangiare, l'evento sommo dell'incontro con Dio, l'Eucaristia. Per questo, è “indispensabile” “fare attenzione a sé, per fare attenzione a Dio”.

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