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Papa Francesco resta alla Residenza Santa Marta

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Jeffrey Bruno

Roberta Sciamplicotti - pubblicato il 27/03/13

Ha scelto di voler vivere in modo normale

La stanza 201 della Casa di Santa Marta, la suite della residenza in cui hanno soggiornato i cardinali presenti al Conclave e che viene riservata al pontefice eletto in attesa che entri nell'appartamento papale, continuerà ad essere almeno per un certo periodo l'alloggio di papa Francesco, come ha annunciato egli stesso nella Messa mattutina celebrata il 26 marzo (Corriere della Sera, 26 marzo).

Papa Bergoglio non si trasferirà dunque almeno per ora nell'appartamento riservatogli in quanto Vicario di Cristo nel Palazzo apostolico vaticano, convivendo invece con i residenti fissi della residenza – sacerdoti, vescovi, persone in servizio presso la Santa Sede, ospiti temporanei -, con i quali condividerà pranzo e cena. Per le udienze, usa invece l'appartamento papale, dal cui studio si affaccia anche per gli Angelus domenicali.

“Papa Francesco pensa di voler vivere in modo normale”, ha spiegato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, commentando la decisione del pontefice di restare a Santa Marta. L'appartamento papale è “pronto”, ma il papa preferisce sperimentare “questa sistemazione semplice e in comunione con gli altri sacerdoti e vescovi” (Il Sole 24 ore, 26 marzo). “Siamo in una situazione di inserimento e sperimentazione, per così dire. Rispettiamo la sua scelta”, ha aggiunto (La Repubblica, 26 marzo).

Papa Francesco si è trasferito alla suite 201 dalla stanza 207, dove aveva alloggiato durante il Conclave e dove era rimasto anche nei primissimi giorni dopo l'elezione rifiutando la camera più grande, di 90 metri quadri – contro i 300 dell'appartamento papale –, che dispone anche di alcuni salottini di ricevimento (Famiglia Cristiana, 26 marzo).


Il pontefice aveva giudicato fin da subito l'appartamento papale troppo grande per le sue esigenze, e preferisce la soluzione di Santa Marta anche perché lo inserisce in un contesto sociale sottraendolo a quell'isolamento che è già costato ad alcuni suoi predecessori. Giovanni Paolo II, ad esempio, aveva risolto il problema invitando alla Messa della mattina e alla colazione, a pranzo e a volte anche a cena molte persone, tanto che i critici affermavano che aveva trasformato l’appartamento papale in una locanda. Giovanni XXIII commentò invece a don Gino Belleri, che era andato a portargli un libro: “Io qui sono solo, sono un prigioniero” (La Stampa, 27 marzo).

Quella di Bergoglio è dunque una scelta di quella normalità che ha particolarmente colpito nei giorni scorsi i delegati delle altre confessioni cristiane, soprattutto le delegazioni ortodosse dei patriarcati di Costantinopoli e di Mosca, contente per aver potuto condividere la tavola con il papa (Vatican Insider, 26 marzo).

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