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Uma Thurman contro la legge del Texas, ma quell’aborto a 15 anni “mi rattrista anche adesso”

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Shutterstock|Di Featureflash Photo Agency

Giovanna Binci - pubblicato il 23/09/21

Uma Thurman si schiera contro la legge del Texas raccontando il suo aborto a 15 anni e difendendo la libertà di scelta delle donne. Eppure, il dolore che ancora la insegue, ci ricorda che essere libere non coincide sempre con quel "rimuovere" il "problema".

Lo scrive tra parentesi, Uma Thurman, di quella sofferenza che le ha spezzato il cuore, ma come chiarisce più avanti nell’editoriale pubblicato dal Washington Post:

“L’aborto è stata la decisione più difficile della mia vita, mi ha causato talmente tanta angoscia che mi rattrista ancora adesso”.

(Fonte Vanity Fair)

Parentesi aperte come ferite

Quindi, nella realtà, quella parentesi non si è mai chiusa e mai si chiuderà. 

Che le vite, indipendentemente che noi le riconosciamo o meno, non sono faldoni di documenti che puoi dimenticare in soffitta così facilmente. 

“Rimasi incinta di un uomo molto più grande, abortire era la scelta giusta (ma il mio cuore era spezzato)”.

L’attrice rivela il suo “oscuro segreto” schierandosi contro la legge “heartbeat bill” approvata in Texas, che vieta l’aborto quando sia riscontrato battito dell’embrione (di solito intorno alla sesta settimana di gestazione). Non sono ammesse eccezioni nemmeno per casi di incesto o stupro, quelli (molto più rari nella realtà dei fatti rispetto agli “errori” commessi sovrappensiero sotto le coperte) usati spesso come giustificazione o ratio che legittimi l’aborto.

Anche Uma ha incassato l’esperienza dicendo che “mi ha permesso però di crescere e diventare la madre che volevo essere“. Eppure eccola a raccontare un dolore che non riesce a cancellare.

Esiste un raschiamento per il cuore?

Mi chiedo solo se aggiungere a una sofferenza, come uno stupro, una violenza, una storia senza futuro, altra sofferenza sia una soluzione valida per eliminare la prima. La risposta è nella confessione a cuore aperto dell’attrice. 

“Sostengo le donne che fanno questa scelta perché conosco il dolore che si prova”

(Fonte Vanity Fair)

Uma è preoccupata per quelle donne di categorie economicamente deboli cui sarà tolta la libertà di scegliere. Ma chi, dopo aver vissuto sulla propria pelle quel trauma che ancora non si rimargina, augurerebbe lo stesso a qualcun altro? 

Attenzione poi a parlare di dolori che ci rendono migliori a tutti i costi: non dimentichiamoci che il dolore può farci rabbiosi, cinici, aridi, insoddisfatti. Solo l’amore che riusciamo a trarre da quel male può farci “migliori”, non come madri, ma come esseri umani. Un meglio che non è assoluto, ma è tutto nella capacità di scoprirsi deboli, vulnerabili e capaci di riversare quello stesso sguardo sugli altri. Uno sguardo che meritiamo tutti. Anche i bambini non nati o frutto di “errori”.

Il dolore non migliora a prescindere

Senza quel passaggio, il dolore può distruggerci, può inseguirci tutta la vita ed è per questo che anche chi sceglie l’aborto, non va lasciato solo con tutto quel non detto di cui oggi nessuno si fa carico. In fondo: tua scelta, tuo problema.

Vale prima e anche dopo quell’interruzione che doveva essere la soluzione al “problema” e invece, come Uma, siamo ancora qui, decenni dopo, a fare i conti col passato. 

“All’epoca mia mamma era gravemente malata, discussi con mio papà delle difficoltà di crescere da sola un figlio, oltretutto da adolescente. Così, insieme alla mia famiglia, ho deciso che non potevo portare avanti la gravidanza e mi resi conto che abortire era la scelta giusta”,

continua l’attrice.

Il problema vero non è portare avanti una gravidanza, ma quell’angoscia tutta umana del dopo.

Mi spiace che per quella quindicenne non ci sia stato nessuno a prospettare un futuro diverso. Nessuno a ricordarle che non doveva per forza accettare la vergogna e la sofferenza dell’aborto come l’ha raccontata:

“Avevo dentro di me tanta vergogna, ricordo che il giorno dell’operazione tenevo le dita strette, bloccate sopra il petto. Tanto che il dottore mi ha guardato e mi ha detto che avevo delle mani bellissime e che le ricordavo sua figlia”.

Nessuno a dirle che non sarebbe stata sola a crescere quel figlio o che poteva anche non crescerlo, ma almeno non vivere per sempre col peso di un “poteva essere”. 

Anche i bambini non nati hanno dei diritti

Parlando della legge che entrerà in vigore tra tre settimane la Thurman afferma:

“Sono addolorata che uno Stato metta i suoi cittadini contro altri cittadini, negando libertà”.

Proprio dal suo vissuto, che ancora la insegue dopo anni, si capisce pero’ quanto libertà spesso non coincida con quel “rimuovere” il “problema”, come vogliono farci credere. 

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