Una origine misteriosa, che si perde nella notte dei tempi: è quella della Corona Angelica. Ne parlano Carmine Alvino e Don Marcello Stanzione nel libro “La vera storia della Corona Angelica” (edizioni Segno), in uscita ad agosto.
Il culto di san Michele arcangelo, infatti, conosce da diversi secoli uno strumento per lucrare indulgenze al Principe degli angeli, la cosiddetta “Corona angelica”. Si tratta di un piccolo Rosario formato da nove poste, ciascuna delle quali composta da tre grani per le Ave Maria, preceduti da un grano per il Padre Nostro. Quattro grani finali, che precedono la medaglia con l’effigie di san Michele arcangelo, richiedono la recita di quattro Padre Nostro in onore dei santi arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele e del santo angelo custode.
Questa preghiera ha origini antichissime. Si narra che la Corona sia stato donato, in passato, ad Antonia d’Astonaco, religiosa portoghese, per molti anni appartenente all’ordine del Carmelo di Vetralla, da san Michele “in persona”, e poi che sia giunto fino a noi, attraverso vie non ben precisate.
Secondo le fonti più accreditate, san Michele apparendole le avrebbe rivelato che se avesse recitato la preghiera nell’ordine carmelitano l’avrebbe colmata di benefici celesti. E poi avrebbe liberato i suoi parenti stretti dalle pene del Purgatorio e dopo la morte,, l’avrebbe addirittura accompagnata in Cielo assieme ad un angelo di ciascuno dei 9 Cori succitati.
Tuttavia, queste informazioni sono parziali e nulla di certo esiste su di lei, al di là di queste ricostruzioni. Quindi risulta difatti impossibile risalire concretamente anche alla più piccola informazione che possa riguardare questa devota.
È sempre opportuno, è la tesi nel libro di Stanzione e Alvino, «fare attento discernimento specie di quelle devozioni, oggi in netta preponderanza, che restano comunque ultronee rispetto alle preghiere rivelate da nostro Signore Gesù Cristo e da Sua Madre, nel Santo Evangelo».
La Corona angelica, non si sottrae a questa critica, insistono gli autori, «trattandosi di devozione emersa a seguito di rivelazione privata, e basando la sua intera struttura gerarchico-liturgica sul sistema dei 9 Cori di un autore, il cui nome dice già molto sulla derivazione esegetica prodromica di questo pio esercizio: tal pseudo-Dionigi».
Fu proprio lo pseudo Dionigi e non invece Antonia D’Astonaco, a cavallo tra IV-V secolo, a parlare di 9 Cori angelici a loro volta raggruppati in 3 Gerarchie:
Psuedo-Dionigi «pensò ad un sistema gerarchico rigido, in cui l’illuminazione divina scendeva, da Coro a Coro, filtrata mediante i vari ordini angelici, in modo sempre meno puro, nel mentre si approssimava alla sfera dell’uomo».
Così interpretati, gli ordini superiori possiedono la luce e la facoltà degli ordini inferiori senza che questi abbiano reciprocamente la loro perfezione.
Secondo Alvino e Stanzione nel libro “La vera storia della Corona Angelica”, «tale interpretazione vera e propria base esegetica della Corona angelica, è stata da noi criticata perché in estrema sintesi vi è un forte dubbio sul posizionamento degli arcangeli, collocati null’ultima gerarchia, un po’ più sopra dei semplici custodi!».