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Le 5 ricette più amate dai Papi e dai Santi (FOTO)

CREPES
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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 15/05/21
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Ci spiegano quali sono Andrea Ciucci e Paolo Sartor nel libro "Mangiare da Dio", un excursus storico nel meglio della "cucina cristiana"

Ecco le ricette preferite dai Papi e dai Santi. Dal pane di crusca mangiato dai primi eremiti del deserto al paté di aringhe preparato dai monaci dell’abbazia di Westminster, dal pasticcio di carne di Leone X fino alla bagna cauda prediletta da Papa Francesco. Tra le innumerevoli vicende e i grandi personaggi che hanno segnato la Chiesa, molti sono gli aneddoti e gli episodi legati a pietanze e cibi preferiti dai pontefici. 

Poiché la tavola è anche condivisione e fratellanza, don Andrea Ciucci e don Paolo Sartor, autori di "Mangiare da Dio" (edizioni San Paolo), ci spiegano quali sono le ricette che hanno accompagnato in duemila anni di storia il cammino del popolo in comunione con Cristo. Aleteia ne ha scelte 5 tra le più amate e apprezzate da Papi e Santi. 

Sulle ricette più antiche, a Papa Gelasio (400-496) si attribuisce l’invenzione delle crêpes, perché le fece offrire a un gruppo di pellegrini francesi venuti a Roma per la festa della Candelora (2 febbraio). Da allora questo divenne, almeno in Francia, un dolce tipico che nel tempo si arricchì di vari ingredienti divenendo sempre più completo e gustoso. Un dolce, che è gradualmente sbarcato in tutto il mondo. 

In una ciotola capiente mescolare la farina con il vino e l’acqua. Aggiungere un pizzico di sale e le quattro uova sbattute. Lavorare l’impasto fino a che diventi perfettamente liscio e omogeneo; lasciare riposare in frigorifero per circa un’ora. Ungere con una punta di burro una pentola rovente e cuocere le crêpes una per volta, utilizzando la quantità di impasto necessaria a coprire con uno strato leggero l’intera superficie della pentola.

Questa è la ricetta base che può essere farcita sia in versione salata (con formaggio, prosciutto, verdure cotte o uova), sia in quella dolce (con frutta o creme) dove è allora opportuno aggiungere un paio di cucchiai di zucchero a velo all’impasto.

Nei 14 anni in cui fu priore di Fonte Avellana (1043-1057), Pier Damiani scrisse una regola molto rigorosa, basata su silenzio, preghiera, carità fraterna, obbedienza e lavoro. 

Il cibo previsto era poco e lo stesso priore cercava di dare il buon esempio al riguardo. In particolare, era del tutto vietata la carne. Un giorno medici gli consigliarono di prenderne un po' perché era molto debilitato, ma Pier Damiani aveva preferito fidarsi della Provvidenza piuttosto che derogare alla regola. Ed ecco che in capo a qualche giorno era giunto del pesce in dono e aveva potuto cibarsene e riprendere le forze. 

Aveva voluto evitare la figuraccia di un certo monaco che, invitato a pranzo dal conte di Orvieto, si era lasciato fin troppo facilmente persuadere da questi a mangiar carne. Finché in tavola non era comparso un grande luccio, che il conte aveva celato in cucina per mettere alla prova la fedeltà del monaco alla regola. Fedeltà che era risultata ben incrinata.

La ricetta prevede di mettere a bagno nel brodo il pane fatto a pezzi, dopo averlo tostato per un minuto sulla brace o sotto il grill. Aggiungere il vino e il succo del limone diluito in una pari dose di acqua. Frullare il tutto fino a ottenere una crema vellutata da cuocere a fuoco lento per 15 minuti. Insaporire con lo zenzero e lo zafferano e regolare di sale.

Lavare il luccio e tagliarlo in tranci abbastanza grossi. Asciugarlo, salarlo e cuocerlo su una brace molto delicata, girando un paio di volte, fino a che la carne risulta dorata. Servire il pesce ricoperto della salsa tenuta in caldo fino al momento di portare in tavola.

Papa Martino (1368-1431), apparteneva a una delle più celebri famiglie romane ed era un amante della buona cucina. Di lui non si possiedono un episodio o una ricetta, bensì l’intero ricettario del suo cuoco di fiducia: Johannes Bockenheym, prete tedesco a servizio delle cucine pontificie finalmente ritornate a Roma, sin dall’elezione di Martino V, avvenuta nel dicembre del 1417. 

Si occupava della tavola pontificia ma anche di quella degli ospiti e degli impiegati della curia. Per questo ogni sua ricetta è dedicata particolarmente a una categoria/provenienza geografica di commensali. Uno dei piatti più noti era la torta di erbe, che secondo Bockenheym, era «ottima per i cortigiani e le loro mogli». La torta veniva fatta con pinoli, uva passa, maggiorana, salvia, zafferano, zenzero.  

Impastare la farina e un pizzico di sale su una spianatoia con 125 g di burro fatto a tocchetti, aggiungendo, se necessario, poca acqua fredda. Lasciare riposare l’impasto in frigorifero per un’ora, avvolto nella pellicola trasparente. Tritare (o pestare in un mortaio) le erbe aromatiche fresche (un ciuffo abbondante rispettivamente di prezzemolo, maggiorana, ruta e salvia).

In una bacinella rompere la ricotta, aggiungere le uova sbattute, l’uva lasciata a mollo nell’acqua tiepida, le erbe profumate, una bustina di zafferano e mezzo cucchiaino di zenzero in polvere; lavorare il composto finché diventa omogeneo. Stendere la pasta, foderare con essa una teglia ben imburrata e infarinata, bucherellarla e farcirla con l’impasto di formaggio. Cospargere con qualche fiocchetto di burro e cuocere in forno a 180° per 40 minuti. A fine cottura cospargere la torta con lo zucchero e i pinoli e passare 2 minuti al grill.

Tra i Papi che amavano la buone ricette a base di carne c'era Leone X (1475-1521). Questo Papa fu un vero principe rinascimentale. Amava le cerimonie, andava a caccia, presiedeva banchetti. E stipendiava una serie di cuochi di fiducia, alcuni dei quali lasciarono annotazioni preziose sulle abitudini del loro signore.

Del papa appartenente ai Medici conosciamo perciò gli ingredienti preferiti, l’attenzione richiesta nelle preparazioni e il successo che riscuotevano alcune ricette, come il celebre Pasticcio. Una ricetta a base di carne di manzo.

Disporre la farina a fontana su una spianatoia, aggiungere un pizzico di sale, il burro tagliato a tocchetti e impastare velocemente, aiutandosi eventualmente con un poco di acqua fredda. Lasciare riposare in frigorifero per un’ora. Nel frattempo, sbucciare e tagliare a dadini le patate e scottarle in acqua salata per 2 minuti. Soffriggere la cipolla tritata grossolanamente in poco olio, aggiungere la carne e le patate scolate e cuocere per un paio di minuti.

Spegnere il fuoco e insaporire con la mostarda e il concentrato di pomodoro. Quando il composto è freddo, salare, pepare, aggiungere il prezzemolo tritato e unire il tutto con un uovo intero. Dividere la pasta in due parti leggermente diverse per dimensioni. Stendere la maggiore non troppo finemente e foderare una teglia, bucherellare la pasta e farcirla con il ripieno di carne, poi ricoprire la torta con un secondo disco di pasta più sottile. Chiudere i bordi e cuocere in forno per 35 minuti a 180°.

Francesco è il Papa del mate, la bevanda argentina per eccellenza, che talvolta gli viene offerta dai connazionali in visita. Ma insieme è anche l’uomo che sa gustare una ricetta dell’Italia del nord, legato alla sua giovinezza.  

Una volta raccontò scherzosamente di essersi recato da arcivescovo di Buenos Aires in un convento italiano per godersi una porzione di pane inzuppato nella bagna cauda, tipica delle mense del Piemonte. Si tratta della zuppa fatta con acciughe, aglio, e pane casereccio.  

BAGNA CAUDA

Mettere qualche ora prima gli spicchi d’aglio sbucciati e privati dell’eventuale anima verde in acqua fredda. Poi dissalare appena le acciughe e sciacquarle in acqua e vino rosso. In un pentolino, mettere metà dell’olio e il burro con l’aglio e fare cuocere lentamente fino a ottenere una purea bianca. Quindi aggiungere l’olio avanzato, i filetti di acciughe e cuocere fino a quando anche quest’ultime si sono disfatte. Tagliare il pane a fette, tostarlo leggermente e servirlo con la salsa che deve essere consumata molto calda.