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La crisi del Governo Conte e l’opinione del mondo cattolico di fronte al voto

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Photo by Handout / Quirinale Press Office / AFP

Lucandrea Massaro - pubblicato il 26/01/21

I "si" e i "no" del mondo cattolico all'ipotesi di un ritorno alle urne oppure di un nuovo Governo senza Giuseppe Conte

Con la salita del presidente del Consiglio Conte al Quirinale per rassegnare le proprie dimissioni al Presidente Sergio Mattarella, si apre ufficialmente la crisi di governo partita una settimana fa con le richieste di un chiarimento politico nella maggioranza voluta da Matteo Renzi. Una rottura nei rapporti interni alla maggioranza che nell’agosto del 2019 aveva dato vita ad un Governo di segno opposto a quello nato dall’intesa tra i 5 Stelle e la Lega nel giugno del 2018, poche settimane dopo il voto. Fino a qui i fatti, ma cosa pensa il mondo dell’associazionismo cattolico di questa situazione?

«Folle andare al voto in piena pandemia».

I cattolici ci sono e chiedono un maggiore senso di responsabilità per non precipitare il Paese nel mezzo di una campagna elettorale con il virus ancora forte e i posti di lavoro minacciati dalla fine, a marzo, del blocco dei licenziamenti. Nel numero in edicola giovedì 28 gennaio, Famiglia Cristiana ha sentito alcuni tra i maggiori leader dell’associazionismo ecclesiale. Per superare la crisi di Governo chiedono ai Parlamentari di cercare una soluzione diversa dalle urne «per il bene del Paese». Matteo Truffelli, presidente dell’Azione cattolica, sprona i politici «a calcolare meno il proprio interesse e di più quello dell’Italia». Servono una riforma fiscale e una elettorale, «per ristabilire un patto tra società e istituzioni», gli fa eco il presidente delle Acli Roberto Rossini. «I cattolici, in politica, perseguono il bene comune con gli strumenti della solidarietà e della sussidiarietà», ricorda anche il Cif con la sua presidente Renata Natili Micheli, «e va allargata la base democratica e rafforzata la qualità della nostra democrazia», aggiunge Giuseppe Notarstefano, del comitato scientifico delle Settimane sociali. «Non dobbiamo guardare all’impegno dei cattolici in politica avendo in testa modelli anacronistici. C’è invece un processo di trasformazione in corso, un travaglio della democrazia in cui il vero nodo è se il mondo cattolico ha delle idee da proporre e se ha una capacità di incidere nella realtà», conclude Adriano Roccucci, responsabile per l’Italia di Sant’Egidio. Non è questo il momento per un nuovo partito dei cattolici, dicono quasi in coro, ma serve la tessitura di una rete che tenga insieme società civile, istituzioni e governo del Paese.




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La CEI chiede di operare per il “Bene Comune”

Il presidente dei vescovi italiani, Gualtiero Bassetti, durante l’incontro di oggi della CEI, ha ribadito che «Il nostro compito di pastori oggi si configura anzitutto come opera di riconciliazione. In primo luogo >fraterna, assumendo i panni della collaborazione e della solidarietà. Poi politica, ricucendo il tessuto sociale lacerato dalle fatiche economiche e sociali. E ancora con la scienza, nel senso di un’acquisizione responsabile delle conquiste come reale contributo al benessere di tutti». Per la Conferenza episcopale il ruolo super partes della Chiesa, Gualtieri ha aggiunto che “guardiamo con attenzione e preoccupazione alla verifica politica in corso, in uno scenario già reso precario dalla situazione che stiamo vivendo. Auspichiamo che la classe politica collabori al servizio dei cittadini, uomini e donne, che ogni giorno, in tutta Italia, lavorano in operoso silenzio e che si giunga a una soluzione che tenga conto delle tante criticità. Come pastori dobbiamo farci interpreti ed essere voce delle molteplici fragilità, perché nessuno sia lasciato solo. Inoltre i prossimi mesi – non dimentichiamolo – saranno cruciali per la ricostruzione del sistema-Paese. Un tema su cui intendiamo dare il nostro contributo progettuale” (Avvenire).

La palla passa a Mattarella

Secondo gli osservatori quelle delle prossime ore saranno delle “consultazioni lampo”, per cercare di chiudere la questione rapidamente e senza ulteriori scossoni. Si attende che in Parlamento si formi un gruppo parlamentare capace si sostenere il Governo – in questo caso un Conte Ter – e insieme sostituire il gruppo di Italia Viva o comunque di marginalizzarne l’efficacia. In queste settimane alcune vecchie glorie della DC – partito da cui proviene anche Sergio Mattarella – come Paolo Cirino Pomicino e soprattutto Clemente Mastella si erano adoperati per creare una forza “centrista” che evitasse il ritorno prematuro alle urne. Il motivo è duplice: da un lato la gestione della pandemia e dei fondi europei, dall’altra evitare quella di cambiare gli equilibri del Parlamento visto che nel 2022 bisognerà votare il successore di Mattarella al Quirinale.

Da Prodi alla Binetti ad Adinolfi

Tra i politici cattolici sono a loro volta diverse e sfumate le posizioni, su HuffPost troviamo il “si” dell’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi, il “nì” della senatrice Paola Binetti:

Prodi: “Serve Governo per un programma nuovo”. “L’Italia non può permettersi di perdere altri mesi per una campagna elettorale. Nessuno ce lo perdonerebbe e l’Europa non capirebbe”, spiega Romano Prodi a Repubblica. “C’è la necessità assoluta di un Governo che prepari un programma nuovo come richiedono l’Europa e la situazione in cui siamo”. Il Recovery Plan ”è un treno che l’Italia non può permettersi di perdere perché non ne passeranno altri”.
Binetti: “Sostegno a un Conte Ter solo è diverso dal Bis”. “Esplicitamente io parlo di larghe intese: i due governi precedenti, a trazione Lega-M5S e a trazione Pd-M5S, si sono rivelati inadeguati, e non solo a livello numerico, ma anche nell’affrontare salute e lavoro, in una condizione che è drammatica”. Così Paola Binetti, intervenendo allo speciale del Tg1 sulla crisi di governo. “Se il Conte ter è la clonazione del Conte bis con qualche piccolo maquillage, non terrà – ha sottolineato -. E’ necessario che il Conte ter, se Conte ter sarà, mostri una mutazione molto forte”.

Invece sulla sua pagina social il giornalista e leader del Popolo della Famiglia Mario Adinolfi che grida il suo “niet”, il suo “no” ad un Conte Ter avverte: «Nel massimo rispetto delle prerogative del presidente della Repubblica, ritengo politicamente chiusa la stagione di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, aperta il 1 giugno 2018 accanto a Salvini e riaperta nell’agosto 2019 accanto a Zingaretti. Attendere la nascita di un gruppo parlamentare di “responsabili” (cioè di transfughi dalle attuali opposizioni motivati da necessità di sopravvivenza non solo politica) per far partire un Conte ter è un atto di eversione costituzionale»

E alla Binetti – in odore di Ministero della Famiglia in caso di accordo – dice in una intervista al Giornale:

Paola è convinta di poter fare il ministro della famiglia in un governo che però è completamente inadatto alle sue idee – continua Adinolfi -. La famiglia nella quale crede questo governo è assolutamente diversa da quella in cui crede la senatrice Binetti. Paola ha le mie stesse posizioni, ha le stesse posizioni del Popolo della famiglia, è totalmente incompatibile con l’attuale maggioranza. Paola ha la sensazione di poter arricchire con una posizione diversa l’offerta politica dell’attuale maggioranza. Questo è un errore che io addebito alla sua ingenuità perché tutto sommato Paola Binetti è una persona politicamente ingenua e si troverà a trovarsi in posizione molto scomoda”. Ingenuità che si accompagna certo all’ambizione di ricoprire un ruolo governativo, tassello che manca nella sua seppur brillante carriera professionale e politica. “Paola ha un po’ d’ambizione, sicuramente è una a cui la politica è piaciuta. Nel corso della nostra prima intervista le dissi che sarebbe rimasta molto delusa dall’ambiente politico – continua a raccontarci Adinolfi -. Invece ci ha preso gusto, diciamo così. Leggo un elemento di ambizione che lei ha sempre avuto per arrivare a rivestire un ruolo di governo per il quale è tagliata, in quanto donna molto concreta, un medico, una persona di enorme spessore professionale e quindi in questa fase pandemica un medico come ministro della famiglia non dispiacerebbe quindi sarebbe nelle sue corde”.

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