La possessione demoniaca viene affrontata in modo totalmente diverso rispetto ai cristiani. E c’è un solo giorno all’anno in cui il diavolo non può attaccare nessuno
Gli ebrei ritengono che sia le persone che i luoghi possano essere attaccati da spiriti e demoni, che vanno ben identificati per poter essere scacciati.
Lo spiega nel libro “Il ritorno dell’esorcismo” (edizioni San Paolo), l’autore Fabrizio Penna.
Nel Pirqei de-Rabbi Eliezer, opera midrashica dell’VIII secolo, si afferma l’esistenza di ruhot (spiriti) e di mazzikim (spiriti distruttivi), originati dalle anime dell’umanità perita in seguito al diluvio. Questi due termini, accanto a quello di shedim (demoni), venivano usati in maniera intercambiabile nella letteratura ebraica dell’epoca rabbinica della prima età moderna.
Da ciò probabilmente deriva una certa confusione nell’attribuire l’agente della possessione.
Gli esorcismi per liberare i luoghi infestati
Per quanto riguarda l’esorcismo dei luoghi infestati esistono varie tecniche, tra le quali salmodiare il salmo 91 ed effettuare la benedizione sacerdotale, quindi girare attorno a un edificio con un Sefer Torah, versare dell’acqua sui gradini della porta, provocare forti rumori per spaventare il demone, recitare formule che impediscono ai demoni di restare in un posto e appendere una Mezuzah (oggetto rituale ebraico, consistente in una pergamena su cui sono stilati i passi della Torah) su uno stipite.
Gli esorcismi per liberare le persone
Il rituale esorcistico sulle persone invece prevede il suono dello Shofar, il corno di montone rituale, unito alla recita di preghiere e all’unzione del posseduto con olio e acqua sui quali siano stati recitati dei salmi.
Il potere esorcistico del suono dello Shofar si ricava indirettamente dal Talmud, dove si spiega che l’espressione ha-stn (il satana) ha come valore numerico 364, a testimonianza che satana può interferire tutti i giorni dell’anno, tranne uno, lo yom Kippùr, giorno nel quale si suona il corno di montone. Rosh ha-Shanà (il capodanno ebraico) invita a pronunciare la frase “Qera’ Satan” (fai a brandelli satana) e dice anche di aggiungere il nome divino per ottenere più efficacia.
Il dibbuk, l’anima vagante
Però nella cultura Yiddish è presente anche una particolare entità spirituale, il dibbuk, che è l’anima disincarnata di una persona a cui non è stato permesso l’ingresso nello Sheol, il mondo dei morti, perché non è riuscita a portare a termine la propria missione terrena visto che si è macchiata di gravi peccati e trasgressioni alla legge divina.
Il posseduto dal dibbuk
A quest’anima vagante che non trova pace, detta “anima nuda”, verrebbe offerta una seconda opportunità, quella di attaccarsi a un essere vivente reso vulnerabile dal peccato per prenderne possesso, in modo da poter agire attraverso di lui.
La persona posseduta dal dibbuk si trova nella spiacevole condizione di perdere parzialmente o totalmente la libertà e di essere usata perdendo la propria identità. Ne consegue che chi è posseduto non riesce a sua volta a compiere il proprio destino con il rischio, dopo la morte, di diventare anch’essa un dibbuk per adempiere a ciò che non è riuscita a realizzare nella vita terrena.
Esorcismo dal mignolo del piede
Il dibbuk, una volta individuato, può essere scacciato per mezzo di un esorcismo che lo fa uscire dal dito mignolo del piede, ma prima occorre scoprire il peccato che ha portato l’anima ad attaccarsi a un corpo e poi eseguire un Tikkun, cioè un’opera di riparazione e rettificazione in modo che l’anima trovi pace e non si attacchi a qualcun altro una volta uscita.
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