La parola greca “daimon” (singolare di daimones) deriva da “daiomai”, che significa “dividere”, distribuire, assegnare, cedere.Zeus, nei poemi di Omero, definisce Hermes come Angelo degli Dei, ma in un significato assai diverso dal quello che attribuiamo oggi alla parola Angelo.
In origine il termine “angelo” indica l’uomo incaricato di annunciare qualcosa, poi assume una valenza tecnica per indicare chi deve recapitare un messaggio ufficiale: oggi lo definiremmo “ambasciatore”. I greci conoscono un’altra categoria di esseri intermedi tra Dei e uomini, a cui danno grande importanza: i “demoni” (daimones). La parola greca “daimon” (singolare di daimones) deriva da “daiomai”, che significa “dividere”, distribuire, assegnare, cedere.
Il “Daimon” greco: causa di felicità o infelicità
L’idea che Demone sia la causa della felicità o dell’infelicità di una persona ha nel III secolo a.C. una diffusione molto ampia: i Greci, fin dal IV secolo a.C. fanno sacrifici a un demone “buono” (agatos), considerato lo spirito della casa.
Platone usa la parola “daimon” con qualche ambiguità; in genere è sinonimo di Dio ma talvolta con la sfumatura di un essere quasi umano. In seguito i Greci elaborano una maggiore differenza fra gli Dei e i Demoni: i primi sono le forti potenze dell’universo al di sopra delle sofferenze e delle posizioni dell’umanità, mentre i secondi, i Demoni, abitano il regno intermedio.
Gli spiriti della natura
Olimpo e il genere umano, e si uniscono agli spiriti della natura. Secondo questa concezione, lo spirito dell’uomo, il suo “genio” e il suo “spirito buono”, sono anch’essi Demoni come gli altri spiriti che abitano l’aria. Plutarco, vissuto tra il I e il II secolo a. C, così descrive l’ordine del mondo: in cima ci sono gli Dei invisibili, i cui corpi celesti appartengono all’elemento del fuoco; sotto di loro i Demoni che appartengono all’aria; ancora più in basso gli spiriti degli eroi defunti che appartengono all’acqua e infine gli esseri umani, gli animali e le piante con la loro natura di terra. Secondo Plutarco, i Demoni non sono immortali, ma possono vivere migliaia di anni: quando muoiono, spesso si scatenano temporali o epidemie di peste.
I romani e gli Dei della casa
Presso gli antichi Romani i “geni” erano in origine gli Dei della casa. L’etimologia di questo nome è in riferimento a “gegnere” (procreare o generare), il genio rappresenta innanzitutto il potere riproduttivo del padre di famiglia. Ma il genio significa molto di più del solo aspetto sessuale: per gli antichi Romani anche i campi, i boschi e i luoghi di passaggio hanno il loro genio il “genius loci”.
La protezione di Vesta e dei Penati
Così come le abitazioni: Vesta protegge il focolare, i “Penati” proteggono gli approvvigionamenti alimentari, il “Lar” assicura la fortezza e poi ci sono i membri defunti della famiglia che continuano a vivere nella casa con i viventi. I pagani credono che il genio nasca con la specifica persona e che sia l’arbitro della sua sorte. Il poeta Orazio descrive il genio come il compagno che governa la stella di nascita, dio della natura umana, mortale in ogni uomo, d’aspetto mutevole, bianco e nero.
Dal III secolo a.C., quando la cultura romana incontra quella greca, s’incomincia a credere che il genio sia immortale e il “genius loci” diviene il genio della città, della scuola e del senato.
Sogno o segno
Ma dobbiamo anche tenere conto che il pensiero pagano è intriso di astralismo: non si può conoscere in profondità il pensiero antico se non si conosce l’astrologia; l’idea del genio si associa ben presto con l’idea astrologica di un fato personale, generato dalla data di nascita, ed è per questo che vengono offerti sacrifici al proprio genio personale nel giorno del compleanno.
Secondo il filosofo Apuleio, il genio può intervenire “ora attraverso un sogno, ora con un segno, o può anche farlo apparendo di persona per allontanare il male, rafforzare il bene, sollevare l’anima sconfitta, dare equilibrio alla nostra incostanza, illuminare l’oscurità, dirigere verso di noi ciò che è favorevole e modificare il male”.
Il Cristianesimo e la nuova concezione di angeli e demoni
Con l’avvento del Cristianesimo, l’aspetto di messaggero degli Dei, insieme agli aspetti positivi del genio, vengono assimilati all’idea degli Angeli come vengono presentati dall’Antico e dal Nuovo Testamento; gli altri aspetti negativi del genio pagano – la sensualità e le facoltà parapsicologiche occulte – diventano attributi degli spiriti maligni, i Diavoli.
Tutto quello che l’angelologia cristiana rifiuta come non illuminato dallo Spirito Santo confluisce nello gnosticismo e nelle varie sette esoteriche e massoniche, per arrivare ad avere la sua massima diffusione oggi, duemila anni dopo la nascita di Cristo, proprio grazie alla corrente della New Age. Però è vero che in tutte le religioni appaiono degli esseri invisibili diversi e inferiori da Dio ma superiori agli uomini.
Messaggero
Angelo come sappiamo viene dal latino “angelus”, che ricalca il greco “anghelos”, che significa inviato, messaggero, emissario. Questo termine viene utilizzato per tradurre l’ebraico “mal’ak”, messaggero o ambasciatore, impiegato in senso figurato per designare l’“Angelo di Yahvé” o tutti quegli esseri che fanno parte della corte di Yahvé.
Un Dio circondato da Angeli ricalca l’immagine di un re contornato da delegati, da ambasciatori che egli invia per compiere le sue volontà. E sono delegati che hanno funzioni e poteri diversi: è proprio da questa constatazione che parte la riflessione dello Pseudo-Dionigi sui nove cori degli Angeli (VI secolo) o il trattato di Tommaso d’Aquino sugli Angeli (XIII secolo).
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